Luis Figo: l’artista del dribbling che incantò e tradì Barcellona

Luis Figo: l’artista del dribbling che incantò e tradì Barcellona

Il calciatore lusitano, uno dei più grandi di sempre – nato il 4 novembre 1972 – nel 2000 fu protagonista di un clamoroso cambio maglia, passando ai rivali del Real Madrid

Alessio Abbruzzese/Edipress

04.11.2022 ( Aggiornata il 04.11.2022 12:25 )

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Si può separare l’artista dalla sua opera? Si può giudicare solamente la sua arte rimanendo il più possibile distaccati dalla sua storia? A questa domanda molti, seppure dopo ampio dibattimento, non riescono a dare risposta. Dovremmo forse rivalutare negativamente la produzione letteraria di Pasolini, alla luce delle turbolente vicende della sua vita privata? Oppure un film di Polanski, una tela di Caravaggio? Se c’è qualcosa di certo è che il tempo, giudice massimo delle vicende umane, ci dice che alla fine uomo e arte si scindono, lasciando posto quasi solamente a quest’ultima, a patto ovviamente che si tratti di arte vera, con la A maiuscola. Siete a conoscenza, per esempio, del fatto che Michelangelo Merisi fosse un vero balordo? Passava le sue notti romane, quando non era in cella a Tor di Nona, tra bettole, vino e risse, che spesso finivano a colpi di coltello. Ha ucciso anche un uomo, in un alterco dovuto ad un fallo durante una partita di pallacorda in Campo Marzio, o forse per questioni legate a una donna. Fatto sta che se pensiamo a Caravaggio abbiamo bene in mente la Vocazione di San Matteo, il Narciso o lo Scudo con testa di Medusa, non le peripezie notturne del controverso pittore. Con le dovute differenze, neanche troppo dovute a dirla tutta, per noi calciofili l’artista è rappresentato dal campione, dal fuoriclasse, e le gesta sul rettangolo verde invece simboleggiano la sua arte. Trovandoci oggi su queste pagine a ripercorrere la storia di uno dei più grandi artisti del pallone di sempre, nella ricorrenza dei suoi 50 anni, ci imbattiamo dinanzi allo stesso dilemma. Dobbiamo giudicare Luis Figo esclusivamente per le sue magie in campo? O il nostro giudizio sarà irrimediabilmente condizionato da quanto successo nell’estate del 2000, quando il lusitano si rese protagonista del più grande caso mediatico di calciomercato della storia, passando dal Barcellona al Real Madrid?

Per noi la risposta è abbastanza semplice, Luis Figo è stata una delle stelle più brillanti di quella galassia di campioni degli anni ’90 e 2000, e non ce ne vogliano i supporters blaugrana, in tal guisa lo ricorderemo.

I primi anni, il mancato arrivo in Serie A e il Barça

A dirla tutta, qualche turbolenta storia extracalcistica accompagna il campione lusitano sin dagli albori della sua carriera: nella stagione 1994/95, ancora in forze allo Sporting Lisbona, firma prima un contratto con la Juve, in un secondo tempo decide unilateralmente che non è più valido e ne firma un altro con il Parma. La Lega alla fine giudica irregolari entrambi gli accordi, così Figo e la Serie A sono costretti a dirsi addio, almeno per un po’. Nonostante la giovane età l’esterno di Setubal è uno dei calciatori più desiderati d’Europa: con le Nazionali giovanili ha già vinto sia l’Europeo che il Mondiale, scatta, dribbla e tira come un veterano, è evidente a tutti che si tratti di un campione. Dopo il superato impasse delle questioni di mercato, è il Barcellona a vincere ogni concorrenza e ad aggiudicarsi le prestazioni del giovane talento. Figo arriva in Catalogna alla corte di Johan Cruijff e ben presto diventa l’idolo dei culés. Un giocatore così forse non si è mai visto: Luis calcia con entrambi i piedi, è veloce e salta l’uomo con una facilità imbarazzante. Durante quegli anni tutti i ragazzini d’Europa imparano a dire “dribbli come Figo”, quando vogliono indicare qualcuno particolarmente bravo. Il legame tra il calciatore lusitano e Barcellona però va oltre le questioni di campo: Figo diventa l’idolo di una tifoseria intera, si immerge totalmente nella cultura catalana, abbraccia a 360 gradi tutto quello che rappresenta il Barça, che come molti sanno, è “mes que un club”. Qui continua a fare gol, a far sognare i tifosi e trova anche l’amore: si lega sentimentalmente alla modella svedese Helen Svedin nel 1996, tre anni dopo nasce la loro prima figlia. Il filo rosso che unisce Figo e Barcellona sembra davvero indistruttibile, è il leader tecnico della squadra, la trascina alla vittoria di due campionati, due Coppe del Re, una Coppa delle Coppe, una Supercoppa spagnola e una europea. Si guadagna nel tempo i gradi di vicecapitano alle spalle di Pep Guardiola, suo grande amico. Nessuno potrebbe mai immaginare quello che sarebbe successo nell’estate del 2000.

La gran traicion e gli anni madrileni

A Madrid, durante la campagna elettorale per eleggere il nuovo presidente del Real, il rampante e semi-sconosciuto ingegnere civile Florentino Perez deve battere la concorrenza di Lorenzo Sanz, fresco vincitore di due Champions League in tre anni. Per batterlo fa un annuncio sensazionale: promette che in caso di vittoria porterà Luis Figo tra le fila dei Blancos. Inizialmente non molti gli credono, ma poi iniziano a trapelare diverse notizie di incontri tra lui e José Veiga, agente del calciatore lusitano. Per quanto sembrasse davvero impossibile agli occhi di qualsiasi appassionato di calcio dell’epoca, alla fine succede: Florentino vince le elezioni, versa circa 140 miliardi delle vecchie lire al Barcellona e acquista Luis Figo. Lo shock che questa notizia provoca nel mondo del Barça e non solo è epocale: è più o meno come se Giulio Cesare nel bel mezzo della campagna di Gallia avesse scelto di schierarsi con Vercingetorige e compagni. A dicembre di quello stesso anno il fenomeno lusitano viene insignito, a buon diritto, del più prestigioso trofeo individuale mondiale: il Pallone d’Oro. Con il suo arrivo a Madrid inizia ufficialmente l’era dei Galacticos, con l’impronta fortemente voluta da Florentino Perez e la sua voglia di farla diventare una squadra piena zeppa di campioni. Nel 2002 vince la Champions League, che aggiunge al suo palmarès stellare. Rimane per 5 stagioni a Madrid, trovandosi così a giocare molto spesso il Clasico, questa volta con la maglia bianca. In tutte queste occasioni i supporters blaugrana non mancheranno mai di ricordargli il loro amore tradito, bersagliandolo di insulti e lanci di oggetti contundenti fino ad arrivare, il 23 novembre del 2002, alla celeberrima testa di maiale lanciatagli al Camp Nou. Figo non chiarirà mai totalmente come andò la trattativa in quell’estate del 2000, ma risulta abbastanza ovvio che nessuno lo abbia costretto a trasferirsi a Madrid contro la sua volontà.

Gli ultimi anni

Nel 2005, dopo una carriera piena zeppa di successi e di titoli, si trasferisce all’Inter, ritrovando quella Serie A a cui era stato così vicino 10 anni prima. Nonostante l’età avanzata il suo apporto alla causa nerazzurra è fondamentale: con la Beneamata vince quattro scudetti, una Coppa Italia e tre Supercoppe italiane, prima di dire addio al calcio il 31 maggio del 2009, dopo ben 20 anni da professionista. La sua storia, costellata di grandi traguardi e di giocate fantasmagoriche, lo eleva senza nessun dubbio nell’Olimpo dei più grandi di sempre: idolo della successiva generazione di calciatori, ha contribuito a scrivere la storia del calcio, assurgendo al livello di arte quello che molti, sbagliando, definiscono un semplice gioco. Ed è per questo, e per nient’altro, che per sempre lo ricorderemo.

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