Uli Hoeness, di corsa nella leggenda del Bayern Monaco

Uli Hoeness, di corsa nella leggenda del Bayern Monaco

Nelle otto stagioni in Baviera conquistò tre Coppe Campioni di fila. Ala velocissima, è stato il partner ideale di Gerd Müller, fondamentale anche per i successi della Germania Ovest. Si ritirò giovanissimo, a soli 27 anni

Alessandro Ruta/Edipress

05.01.2022 09:48

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Quando giocava era il più veloce calciatore d’Europa: poteva correre i 100 metri in 11 secondi, roba alla Bale dei bei tempi o alla Mbappé. Uli Hoeness è sempre andato di fretta: a 22 anni aveva già vinto una Coppa Campioni con il Bayern Monaco e l’accoppiata Europeo-Mondiale con la Germania Ovest. E a 27 si è dovuto ritirare dopo un fastidioso infortunio al ginocchio dopo che nel frattempo erano arrivate altre due Coppe dei Campioni. Un vincente, insomma, anche se non concreto come Gerd Muller o dalla personalità debordante come Franz Beckenbauer, gli altri componenti della spina dorsale sia del Bayern che della Nazionale tedesca. Uno che, comunque, nel pantheon dei grandi tedeschi ci sta alla grande. 

Mezzo secolo di Bayern

Dal 1970 Ulrich “Uli” Hoeness gravita intorno al mondo Bayern Monaco, nessuno come lui nemmeno lontanamente. Arriva in Baviera appena maggiorenne dall’Ulm. Lo scova Udo Lattek, tecnico in pectore del Bayern, che in quell’ala dai lunghi capelli biondi vede qualcosa di speciale. È il periodo della costruzione della squadra che di lì a pochi anni dominerà in Europa: in quello stesso anno assieme a Hoeness arriva Paul Breitner, il maoista che va in giro con il Libretto Rosso in tasca. Uli, figlio di un macellaio, non ha tempo per questi dettagli, scende in campo e corre: segna gol e scodella assist per lo sgraziato ma micidiale Gerd Muller e nel giro di due anni ecco il primo titolo in Bundesliga. È un’ascesa continua, quella del Bayern. In Coppa Campioni arrivano tre vittorie consecutive, dal 1974 al 1976. La prima, la più avvincente, contro l’Atletico Madrid, l’unica finale rigiocata dopo un pareggio visto che all’epoca non c’erano i rigori dopo i tempi supplementari e la monetina veniva considerata troppo crudele: 1-1 contro gli spagnoli e due giorni dopo la replica, con dominio assoluto dei bavaresi. Hoeness, con la sua bella maglia bianca numero 10, segna due dei quattro gol con cui gli spagnoli vengono annientati allo stadio Heysel. Il primo è un marchio di fabbrica, fuga in velocità lanciato da Breitner e rasoterra tra le gambe del portiere Reina (il papà dell’attuale estremo difensore della Lazio): il secondo, quello del 4-0, è simile, visto che parte da centrocampo dopo un rinvio e dribbla in velocità due avversari più il povero Reina prima di depositare nella rete sguarnita.

L'infortunio e il prematuro ritiro

Nelle successive due finali lascia poco il segno: anzi, contro il Leeds nel 1975 subisce un brutto colpo al ginocchio che lo porterà al prematuro ritiro. Viene sostituito da Klaus Wunder dopo 38 minuti e vede dagli spogliatoi i gol di Roth e Muller. È titolare anche l’anno successivo contro il Saint Etienne, sconfitto 1-0: in quello stesso 1976 battendo il Cruzeiro arriva anche l’Intercontinentale, ultimo titolo internazionale conquistato da Uli col Bayern. Nel 1978 le conseguenze di quell’infortunio al ginocchio patito contro il Leeds sono diventate insopportabili: per recuperare in parte la forma viene ceduto in prestito al Norimberga, ma combina poco. Così, a soli 27 anni, è costretto a ritirarsi. Gli si aprono, comunque, le porte della dirigenza del Bayern. 

Quel rigore in finale

L’ossatura bavarese è anche quella della Germania Ovest che nel biennio 1972-74 conquista l’Europeo e, soprattutto, il Mondiale in casa. Qui Hoeness gioca un po’ più indietro che con il Bayern, ed è titolare in tutte le partite tranne quella contro la Jugoslavia. Segna su rigore contro la Svezia e in finale è lui a stendere sulla linea dell’area Johann Cruijff dopo nemmeno un minuto: troppo veloce l’olandese anche per uno come Uli. Ma dopo il rigore di Neeskens le reti di Breitner e Gerd Muller, sempre lui, daranno il trionfo ai tedeschi. Un altro rigore, nella finale dell’Europeo 1976 in Jugoslavia, stavolta calciato alle stelle, sarà decisivo per la sconfitta della Germania contro la Cecoslovacchia di Panenka, che inventa in quell’incontro il tiro “a cucchiaio”. Ma Hoeness troverà il tempo di scherzarci su: “Forse il pallone è sul balcone di qualche casa a Belgrado”.

Da dirigente del Bayern

Hoeness calciatore, un grande: Hoeness dirigente, un fuoriclasse. Subito dopo aver smesso di giocare comincia a collaborare col Bayern diventandone nel corso degli anni general manager e presidente. Il club sotto la sua gestione passa da 10 a oltre 1000 dipendenti e nel 1982 per miracolo scampa a un incidente in elicottero dove muoiono 3 persone. Un’unica macchia, la condanna per un’evasione fiscale da 27.2 milioni di euro del 2014, che Uli sconta in carcere per 21 mesi. Il suo motto: “Il Bayern è il lavoro della mia vita e gli rimarrò fedele finché vivrò”.

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