Enzo Francescoli, il Principe uruguagio di River Plate e Cagliari

Enzo Francescoli, il Principe uruguagio di River Plate e Cagliari

Idolo di Zidane che lo ha ammirato a Marsiglia, ha vinto tutto con i Millonarios e fatto innamorare i tifosi rossoblù. Un campione di fama mondiale nato a Montevideo il 12 novembre di 60 anni fa

Jacopo Pascone/Edipress

12.11.2021 08:49

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Enzo Francescoli, da tutti conosciuto con l’appellativo di Principe, soprannome affibbiatogli dal giornalista e scrittore uruguagio Victor Hugo Morales. Prima di diventare Principe, il ragazzo di Montevideo veniva sopranominato El Flaco, per via della gracile struttura fisica. In Italia abbiamo poi avuto un altro Principe, Diego Milito. I più giovani forse non sanno che lo pseudonimo dell’attaccante argentino deriva proprio dall'imbarazzante somiglianza con il fuoriclasse uruguaiano. Per rendere l’idea della grandezza di Francescoli, basta ricordare che una divinità calcistica come Zinedine Zidane ha voluto omaggiare il primogenito con il nome del suo idolo, Enzo. A Zizou, marsigliese classe ‘72, è bastato ammirare per una sola stagione le danze e le veroniche di Francescoli, che ha vestito la maglia dell’OM nel 1989-90. A Marsiglia ha conquistato il titolo e sfiorato la finale di Coppa dei Campioni, arrendendosi solo in semifinale al Benfica di Eriksson, poi sconfitto dal Milan di Sacchi. 

Il Mondiale di Italia ’90 e l’inimmaginabile approdo al Cagliari

Le giocate illuminanti sfoggiate nella sua prima stagione europea, unite a quelle con cui ha ammaliato i tifosi del River negli anni precedenti, lo accompagnano a Italia ’90 con l’aura di stella assoluta della Celeste. Una Nazionale che delude le aspettative, vincendo una sola partita nel girone e sbattendo sul muro degli azzurri negli ottavi. Per portarlo a Cagliari è fondamentale il ruolo del procuratore Paco Casal, presenza fissa all’interno del ritiro della nazionale sudamericana durante il Mondiale. L’agente, curatore degli interessi di gran parte della rosa, viene accusato dalla stampa di aver distratto i suoi assistiti, al fine di trovar loro sistemazione nel campionato più ambito al mondo. In passato Francescoli era già stato vicino all’approdo nello Stivale: ci avevano provato senza successo il Milan, la Roma, l'Inter e, soprattuto, la Juventus. Impensabile che una squadra reduce da una doppia promozione dalla C alla A potesse acquisatre un campione di tale fama. Il presidente sardo Antonino Orrù si trova a Veronello (sede del ritiro della Celeste) per ultimare l’acquisto del jolly Pepe Herrera e del giovane talentuoso attaccante Daniel Fonseca. Parte proprio da Casal la pazza idea di portare Francescoli a Cagliari. La trattiva con l’OM è serrata: decisiva risulterà poi la volontà del giocatore, attratto dalla Serie A e spinto da una voglia di cambiamento e rivalsa. I tifosi sardi sognano: Francescoli è già osannato come una divinità ancor prima di scendere in campo

Il curriculum di un campione 

Calciatore dalla classe sopraffina in grado di svariare su tutto il fronte d’attacco. È un 9, è un 10, è la rappresentazione della bellezza sul rettangolo verde. Fino all’arrivo nel nostro campionato gioca da attaccante puro, segnando valanghe di gol con la maglia del River Plate. Con i Millonarios milita per tre stagioni, vincendo un campionato e due titoli di capocannoniere. Per molti è ancora inspiegabile il trascorso nel triennio successivo al Racing Club di Parigi, club decaduto e che il magnate Jean-Luc Lagardere, proprietario del colosso Matra, voleva portare al top del calcio francese. Con l'Uruguay si è già aggiudicato due edizioni della Copa America (‘83 e ‘87). Doveroso raccontare ciò che accade nell’edizione del 1983, quando El Flaco viene premiato come miglior giocatore del torneo. Nella bolgia del Centenario di Montevideo – dove va in scena la finale d’andata tra Uruguay e Brasile – gioca una partita leggendaria, impreziosita da un episodio particolare. Al 41° chiude l’uno due con un compagno e segna. L’arbitro, però, inspiegabilmente fischia un fallo della difesa e annulla. Nel chiudere il triangolo con Francescoli, Acosta era stato travolto al limite dell’area. Sulla mattonella si presenta Enzo: la sua punizione è un capolavoro che rende giustizia alla Celeste. "Il soprannome nasce perché io canticchiavo sempre il 'tango Principe'. Una volta Enzo segnò una rete e io ripetei una parte: 'Prìncipe soy, tengo un amor y es el goal'. Quel soprannome gli calzava alla perfezione, perché aveva un’aria malinconica ma un portamento davvero principesco". Quando sette anni più tardi approda a Cagliari, El Flaco è diventato Principe. Giunge in Sardegna dopo una stagione da 11 reti col Marsiglia che fruttano un titolo e, a livello personale, il premio come miglior giocatore della Ligue 1

Francescoli a Cagliari, un fenomeno al Sant’Elia

La prima perla con la nuova maglia è una classica punizione a scavalcare la barriera, segnata alla terza giornata nella sconfitta sul campo dell’Atalanta. Eppure, nonostante le esaltanti premesse, il Cagliari di Ranieri non decolla. Il talento di Francescoli non luccica e la squadra termina il girone d’andata relegata ai margini della classifica. “Quando sono arrivato non riposavo da quattro anni, ero stanco. Sono arrivato anche a dubitare di me stesso, perché la palla mi passava sotto al piede, oppure se provavo a dribblare da un lato il difensore capiva sempre in anticipo le mie intenzioni”, inoltre, il Principe aveva saltato gran parte della preparazione: si verrà poi a sapere che stava giocando con una tibia incrinata. I sardi riescono comunque a salvarsi grazie a un grandissimo girone di ritorno. La stella uruguagia comincia a riacquisire luce, segna tre gol, tra cui uno splendido tiro al volo acrobatico sul campo del Toro. Nella gara d’esordio del campionato successivo si rivede, finalmente, il vero Francescoli. Al Sant’Elia arriva la Samp scudettata: il Principe pareggia dal dischetto il vantaggio firmato Silas e, prima del 3-2 del connazionale Herrera, regala un capolavoro. Partendo da sinistra supera con un tunnel Mannini e fa girare la sfera sul palo lungo: qui c’è tutto Francescoli. I rossoblù, nel frattempo passati nelle mani di Mazzone, chiudono la stagione al 13° posto. L’uruguagio entra definitivamente nel cuore dei tifosi. A referto ci sono altri quattro gol – due magistrali punizioni e due spunti da campione – oltre alle decine di giocate illuminanti e di corridoi geniali offerti ai compagni. Tutto questo a conferma di quanto in Italia Francescoli abbia arretrato la sua posizione, trasformandosi più in una mezzapunta, in un trequartista d’eccellenza. La terza annata è indimenticabile, la migliore dal punto di vista delle marcature (7) e dei risultati: il Cagliari di Mazzone centra una storica qualificazione Uefa. Il Principe regala un finale di campionato da fenomeno (5 reti nelle ultime 4). “Se il livello che ho avuto l’ultima stagione di Cagliari, e di Marsiglia, lo avessi dimostrato con la Juve o il Milan, oggi sarei in Italia quello che sono per i tifosi del River”, sì perché, dopo una stagione passata al Torino – in cui non brilla come a Cagliari – torna in Argentina per scrivere la storia.

Il sogno di ogni sudamericano 

Se nel ‘95 alla conquista del torneo di Apertura e della terza Copa America con l’Uruguay fa da contraltare la cocente sconfitta nella semifinale Libertadores, nel ‘96 corona il sogno di ogni calciatore sudamericano. In campionato è per la terza volta in carriera re dei marcatori, ma l’apoteosi è la Copa Libertadores. Il 26 giugno 1996, tra fumogeni, coriandoli e fuochi d’artificio, in un’atmosfera da brividi che solo l’incandescente pubblico argentino sa offrire, guida da capitano il River alla vittoria. L’andata contro l’América de Cali termina 1-0. Al ritorno il Monumental è una bolgia insormontabile per i colombiani: una doppietta del giovane Hernan Crespo regala al River Plate la seconda Libertadores della sua storia, a Francescoli la gloria eterna. Il Principe, nato a Montevideo il 12 novembre di 60 anni fa, risulta essere uno dei calciatori più amati di sempre dai tifosi Millonarios. Oggi ricopre il ruolo ds del club. Una leggenda senza tempo per il River, che ha legato il suo nome a una società italiana come il Cagliari, issandosi per classe e fascino tra i più rappresentativi anche della squadra sarda, forse secondo solo all’inarrivabile Gigi Riva.

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