Inter sul tetto d'Europa: battuto 3-1 il Real Madrid

Inter sul tetto d'Europa: battuto 3-1 il Real Madrid

Il 27 maggio 1964 i nerazzurri di Helenio Herrera piegavano i Blancos di Miguel Muñoz grazie alla doppietta di Mazzola e al gol di Milani. Inutile per gli spagnoli la rete di Felo

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Il 27 maggio 1964 l’Italia calcistica ha l’opportunità di salire nuovamente sul tetto d’Europa. A distanza di un anno, dal trionfo del Milan di Nereo Rocco a Wembley contro il Benfica di Eusebio, è infatti l’altra squadra di Milano, l’Inter, a raggiungere la finale di Vienna. Il capoluogo lombardo, pur non essendo ancora la “Milano da bere” degli Anni Ottanta, è ormai la capitale economica ed industriale di una nazione che dal finire degli Anni Cinquanta si sta sviluppando rapidamente con tassi di crescita mai conosciuti in precedenza. L’avversario dei nerazzurri è la squadra più classica e tradizionalista d’Europa, ovvero il Real Madrid, vincitore delle prime cinque edizioni consecutive della “coppa dalle grandi orecchie”. Questo è scontro tra il vecchio ed il nuovo, tra una squadra che rappresenta l’austera Madrid franchista e una compagine che, invece, simboleggia una città dove il dinamismo della nuova civiltà dei consumi ha messo in soffitta la vecchia Italia contadina. Anche dal punto di vista dell’ideologia calcistica le squadre rappresentano due modi di concepire il gioco più popolare al mondo, letteralmente agli antipodi. Le merengues sono infatti la squadra che maggiormente rappresenta il vecchio calcio “senza tattica” della decade precedente, mentre la Beneamata è l’undici che maggiormente incarna il pragmatismo e l’organizzazione difensivista tipica degli Anni Sessanta, decennio in cui per la prima volta le difese iniziano ad essere considerate più importanti degli attacchi. Le due finaliste sono arrivate all’appuntamento di Vienna con due tipi di cammini differenti: l’Inter ha infatti avuto un percorso europeo assai difficile, dovendo superare gli insidiosi campioni inglesi dell’Everton al primo turno, i campioni francesi del Monaco agli ottavi di finale, i campioni jugoslavi del Partizan Belgrado ai quarti ed infine l’ostico Borussia Dortmund, campione di Germania, in semifinale. Il Real, invece, ha avuto dalla sorte una strada più in discesa, incontrando solamente una squadra fortissima, anche se i detentori del Milan, ai quarti di finale, per il resto Glasgow Rangers, Dinamo Bucarest e Zurigo sono stati avversari facilmente superati. La squadra nerazzurra, che in campionato, quando manca una giornata alla fine, è prima a pari punti con il Bologna, si è trincerata in un austero ritiro di un grigio motel a cinquanta chilometri dalla capitale austriaca. L’allenatore Helenio Herrera, per tenere alta la concentrazione, ha sottoposto ai suoi giocatori sedute di allenamento intense anche durante la vigilia del grande appuntamento. Più rilassata, invece, l’atmosfera in casa Real Madrid: il tecnico Miguel Muñoz ha infatti impiegato in allenamento solamente le riserve tenendo a riposo i titolari. L’età dell’undici blanco, non è verdissima e il sodalizio fatica a liberarsi dalle sue vecchie glorie, che pur hanno dato tanto alla squadra nel decennio precedente. Il Real Madrid ha infatti un’età media altissima (29,63 anni) con ben cinque giocatori sulla trentina: l’ala sinistra Francisco “Paco” Gento (trenta esatti), il portiere José Vicente Train (trentadue), lo stopper uruguaiano José Santamaria (34 primavere) ed infine i due dioscuri Alfredo Di Stéfano e Ferenc Puskás che assieme assommano 74 anni (37 a testa). Gli unici giocatori giovani della formazione campione di Spagna sono i simboli della “Generazione Ye-yé” (in quanto nella Spagna franchista questi giovani fusti venivano assimilati ai Beatles), ovvero il galiziano Amaro Amancio ed il navarro Ignacio Zoco, entrambi di 24 anni. Per Helenio Herrera ci sono pochi dubbi di formazione: l’unica incertezza riguarda la maglia numero uno: il portiere titolare Giuliano Sarti è stato recentemente vittima di un subdolo virus intestinale che lo ha messo fuorigioco, tra i pali sarebbe comunque pronto un portiere di grandissima esperienza come Ottavio Bugatti, trentacinquenne ex portiere del Napoli e anche della Nazionale. Nell’immediata vigilia della sfida Vittorio Pozzo, ex pluridecorato C.T. azzurro, sulle colonne de “La Stampa” si sbilancia per un probabile successo interista in quanto il Real ha sì più esperienza, ma un’inferiore tenuta atletica. L’unico dubbio potrebbe essere rappresentato dalla tenuta dei nervi: gli spagnoli partono più rilassati per aver già conquistato il titolo di campione di Spagna (nel paese iberico il campionato è finito da un mese), mentre l’Inter è ancora severamente impegnata in un appassionante, quanto snervante, testa a testa contro il Bologna.

Inter-Real Madrid: gli schieramenti

Alle 19.30 di mercoledì 27 maggio 1964, lo storico Stadio Prater di Vienna è tutto esaurito con ben venticinquemila tifosi nerazzurri al seguito, solo mille invece gli aficionados madrileni, molto sobri e quasi invisibili nella folta macchia di pubblico dell’impianto viennese. La finalissima inizia subito con un piccolo giallo: il portiere nerazzurro Sarti, che si era nel frattempo ristabilito dall’influenza intestinale, nel riscaldamento pre-gara viene colpito da una pallonata e rischia seriamente di saltare l’appuntamento tanto che Herrera annuncia alla stampa che giocherà Bugatti (che compare nella formazione proiettata sul canale R.A.I.). Invece, dagli spogliatoi, dietro capitan Picchi si vede proprio la sagoma di Sarti che quindi si è ristabilito. Il resto della formazione nerazzurra è riconducibile alla seguente cantilena: Burgnich e Facchetti; Tagnin, Guarneri e Picchi; Jair, Mazzola, Milani, Suárez, Corso. Il Real Madrid di Muñoz risponde invece con questo undici: Vicente; Isidro, Pachín; Muller, Santamaria, Zoco; Amancio, Felo, Di Stéfano, Puskás, Gento. Due gli stranieri nella formazione interista (Jair e Suárez), ben quattro in quella madrilena di cui tre naturalizzati (l’ungherese Puskás, l’uruguaiano Santamaria e l’argentino Di Stéfano) con il francese d’Alsazia Muller unico straniero a tutti gli effetti. Nel sofisticato piano tattico escogitato da Helenio Herrera il primo assioma è quello di non dare punti di riferimento sulla fascia sinistra, dove Mariolino Corso gioca come finta ala, svariando in realtà su tutto il fronte offensivo e permettendo al terzino sinistro Facchetti di spingersi in avanti o al centravanti Milani di spostarsi sulla fascia mancina; in questo modo la superiorità numerica sulla difesa avversaria viene sempre garantita. Il secondo punto chiave del piano del Mago riguarda la marcatura ad personam di Di Stéfano, il faro del Real, che viene affidato in custodia al volitivo Tagnin. Siccome il biondo mediano ex Torino avrà il compito di seguire la Saeta Rubia in ogni zona del campo, Suárez dovrà sganciarsi meno frequentemente in avanti, occupandosi di coprire il “buco” creatosi prima dei difensori, come una sorta di moderno play-basso. Per il resto gli accoppiamenti studiati da Herrera sono i seguenti: Burgnich-Gento, Guarneri-Puskás, Facchetti-Amancio con Picchi che chiude la retroguardia da libero staccato in un modulo totalmente asimmetrico in cui Milani è l’unica punta in quanto sia la seconda punta Mazzola che l’ala Jair, partendo molto arretrati, creano spazi negli ultimi trenta metri. Il Real Madrid dal punto di vista tattico, è rimasto fermo al vecchio WM con Santamaria unico stopper, Isidro e Pachín terzini larghi, Muller e Zoco mediani bassi. L’unica variabile nel sistema di gioco madrileno è rappresentata dalla posizione di Di Stéfano che di fatto si muove a tuttocampo, come una mina vagante, con Amancio, Puskás e Gento che formano un tridente classico supportato alle spalle dall’altra mezzala Felo. Le tipiche marcature sistemiste del Real (Isidro-Corso, Santamaria-Milani, Pachín-Jair, Zoco-Mazzola-Muller-Suárez) sono in realtà solo teoriche perché in casa Real nessuno marca nessuno, con i giocatori madrileni che non tengono la zona, ma nemmeno marcano severamente ad uomo, sarà questa la grande differenza tra le due squadre che al termine dei novanta minuti pagherà in favore dei nerazzurri…

27 maggio 1964, Inter-Real Madrid: Mazzola porta avanti Herrera

Al fischio d’avvio dell’arbitro di casa (perché austriaco) Josef Stoll, l’Inter si getta subito all’attacco. La prima (doppia) occasione per la squadra di Herrera arriva al 4’: Corso su una punizione dalla lunga distanza, calcia una botta tesa di sinistro (e non la sua classica “foglia morta”) con Vicente, uno dei portieri meno forti nella storia del Real, che respinge goffamente in corner. Dal calcio d’angolo susseguente, Suárez, in area piccola, tocca d’esterno un pallone insidioso che Santamaria respinge quasi sulla linea, anticipando il proprio portiere. Il Real reagisce un minuto dopo con un tiraccio di Amancio, che termina fuori di svariati metri dalla porta di Sarti. Al settimo minuto Guarneri si sgancia dalla difesa e il suo tiro viene bloccato da Vicente. Al 9’ Stoll ferma il gioco per osservare un minuto di silenzio in onore della tragedia dell'Estadio Nacional di Lima, avvenuta appena tre giorni prima, il 24 maggio, nella quale sono perite ben 328 persone. In realtà il direttore di gara austriaco ferma il gioco per appena trenta secondi. All’11’ si rivede il Real con un tiro di Puskás da lontano, deviato: Sarti para in presa. Due minuti più tardi Milani, imbeccato da Mazzola, entra in area e tira un bolide sul primo palo: Vicente stavolta è attento e para in presa. Trenta secondi dopo Jair recupera un pallone sulla trequarti, converge sul sinistro, ma calcia alto sulla traversa. Al 14’ il Real avrebbe un’occasione potenzialmente ghiotta: su un cross di Amancio, Felo, tutto solo in area, invece che colpire a rete effettua un’inutile sponda di testa che finisce ai difensori dell’Inter. Al 20’ su un lungo lancio di Picchi, la difesa del Real libera, la sfera viene raccolta da Mazzola e il tiro del numero otto termina fuori. Continua il botta e risposta tra le due squadre, due minuti dopo è il Madrid a rendersi pericoloso con Gento: il tiro dell’estrema sinistra viene parato in presa da Sarti. A metà del primo tempo la gara si spegne, con entrambe le squadre che sembrano avere quasi paura di sbilanciarsi troppo. Al 29’ l’impasse viene rotto da Tagnin (che per una volta non sta incollato a Di Stéfano): il biondo mediano calcia un pallone parabolico che Vicente, però, para in comodità. Al 32’ si mette in moto la “catena” di sinistra dell’Inter: Corso si accentra e fa partire un assist sulla sinistra per la sovrapposizione di Facchetti, il tiro-cross del terzino nerazzurro è forte e teso, ma Vicente blocca in tuffo. Sono le prove generali per il gol, che arriva quasi dieci minuti dopo al 43’: è ancora il settore sinistro dell’attacco nerazzurro a dare noie all’impreparata difesa madridista; questa volta è Mazzola a spostarsi in quella zona e, dopo aver ricevuto il pallone dal solito Facchetti, il figlio di Valentino controlla la sfera e poi fa patire un tiro secco ed angolato che lascia di sale Vicente, 1 a 0 Inter! Nei successivi due minuti il Real, colpito dal vantaggio interista, non riesce ad elaborare una reazione convincente ed i primi quarantacinque minuti si chiudono così con il vantaggio nerazzurro.

Milani e ancora Mazzola: al Real Madrid non basta Felo

Nel secondo atto della partita si vede già da subito un altro Real Madrid: passano appena centoventi secondi e la squadra di Muñoz colleziona la sua più grande occasione. Da Felo a Di Stefano, che smarca con un passaggio Gento, l’ala sinistra entra in area e calcia un tiro in diagonale fortissimo che si stampa sul palo; sulla respinta del montante, Puskás non riesce a fare il classico tap-in e la difesa nerazzurra può liberare, tirando un sospiro di sollievo. Al 51’ ancora il Real con Zoco, che raccoglie una respinta della retroguardia avversaria, calciando però il pallone a lato. Passano solo due minuti e Di Stefano su punizione obbliga Sarti ad una deviazione difficoltosa in corner. L’Inter non esce più dalla sua metà campo, sebbene gli attacchi del Real siano abbastanza prevedibili quasi sempre con tiri dalla lunga distanza, al 57’ ci prova Felo sempre da lontano, ma Sarti para in due tempi. Al 60’ il Real costruisce una bella trama offensiva con Muller, Felo e Di Stefano che palleggiano bene il pallone per poi smistarlo su Gento, l’ala però chiude troppo l’angolo del tiro calciando fuori sul primo palo di Sarti. Sul ribaltamento di fronte l’Inter non perdona: Mazzola riceve un lungo spiovente da Suárez, protegge bene la palla e la serve a Milani, il tiro del centravanti è secco e potente e rimbalza davanti a Vicente prima di finire la sua corsa in fondo al sacco, 2-0. Il Real, colpito al cuore per la seconda volta, aspetta otto minuti per reagire e al 68’ Gento calcia l’ennesimo tiro fuori. Al venticinquesimo giro di lancette della ripresa la squadra in maglia bianca segna il suo (meritato) primo gol: Felo raccoglie un corner dalla destra di Puskás e, profittando della prima sbavatura difensiva nerazzurra, con una bella girata batte Sarti, 2 a 1. L’Inter però reagisce positivamente al gol madridista e un minuto più tardi Mazzola scocca un tiro dalla media distanza che Vicente para. Al 75’ il Real colleziona un’altra grande occasione per pareggiare i conti: su un cross di Amancio Sarti smanaccia la palla in uscita, la sfera viene raccolta da Felo che la indirizza in porta, sulla linea però si materializza il piede di capitan Picchi, che salva il risultato respingendo il pallone. Dal possibile 2 a 2 si arriva invece al gol che chiude l’incontro: passano sessanta secondi e Santamaria pasticcia in difesa sbagliando il rinvio del pallone, Mazzola gli ruba la sfera e con l’opportunismo del fuoriclasse anticipa anche il portiere Vicente, siglando la rete del definitivo 3 a 1. Poi, nei restanti quattordici minuti, non succede più nulla con la squadra di Herrera che amministra senza patemi il punteggio fino al triplice fischio dell’arbitro Stoll, che sancisce così un altro trionfo per la città di Milano e l’Italia calcistica.

Il post-partita di Inter-Real Madrid

Al triplice fischio dell’arbitro austriaco Sandrino Mazzola, il protagonista assoluto della sfida, ha ancora benzina nel corpo per dirigersi a tutta velocità verso Di Stefano, il suo idolo d’infanzia che fino a pochi anni prima poteva solamente ammirare in televisione o nei cinegiornali. Sandrino viene però bloccato da un giocatore madrileno basso e tarchiato che gli dice in italiano: "Ho giocato contro tuo papà, era un grande giocatore e tu questa sera sei stato degno del suo nome", poi si toglie la sua maglia, la numero dieci, e gliela regala. Quel giocatore è Ferenc Puskás che in un lontano 11 maggio 1947 aveva sfidato suo padre Valentino in un Italia-Ungheria (3-2) in cui gli azzurri erano composti da dieci giocatori del Grande Torino, mentre i magiari avevano nove elementi dell’Újpest e come unici "intrusi" proprio il giovane fenomeno Puskás che militava nella Honved e il difensore Rudas del Ferencvaros. Per l’Inter non c’è neanche il tempo di festeggiare, perché la domenica seguente la formazione di Herrera dovrà vedersela contro l’Atalanta per l’ultimo turno del campionato e così la squadra meneghina celebrerà il suo primo trionfo internazionale in ritiro sul Lago di Como, con la testa rivolta al campionato e il cuore rimasto al Prater di Vienna, dove si è consumata la prima notte magica della Grande Inter.

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