Euro 2004: quell’impresa impossibile della Grecia in Portogallo

Euro 2004: quell’impresa impossibile della Grecia in Portogallo

Il 4 luglio di 17 anni fa la formazione ellenica, contro ogni pronostico, alzò al cielo la Coppa Henri Delaunay 

Paolo Marcacci/Edipress

04.07.2021 ( Aggiornata il 04.07.2021 13:50 )

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Non avevano nulla di apollineo, tantomeno di dionisiaco; per di più, con un tedesco al timone, Otto Rehhagel. La nazionale greca che si era presentata a Euro 2004 con l’unico obiettivo di evitare qualche imbarcata epocale quanto a sconfitte, non si prestava in nulla e per nulla alla benché minima similitudine con la civiltà gloriosa dalla quale discendeva. E i pronostici più severi erano proprio quelli dei suoi sostenitori, ovvero i connazionali di onesti mestieranti del pallone come Dellas, Fyssas, Charisteas. Padrone di casa e favorito in virtù dei tanti fuoriclasse che componevano la rosa, a cominciare da Luis Figo e da un imberbe Cristiano Ronaldo, il Portogallo che proprio contro gli ellenici aprì il suo europeo. Quel giorno la Grecia iniziò a sorprendersi di se stessa, grazie all’1-2 finale con cui lasciò ammutolito il “do Dragao” di Oporto. 

Gli inizi e l’approdo in semifinale 

Eppure, nessuno ancora ci credeva. Il pareggio contro la Spagna diede un sussulto agli scettici, che pensarono di ritrovare qualche conferma quando arrivò la sconfitta per 2-1 contro la Russia, nella terza gara di un Girone A che gli uomini di Rehhagel riuscirono comunque a superare come secondi classificati grazie alla differenza reti nei confronti della Spagna. Oltre ogni più rosea aspettativa, ma con la convinzione che il quarto di finale contro la Francia sarebbe equivalso al check out dal Portogallo. Se non fosse arrivato il gol di Charisteas rivelatosi alla fine impossibile da rimontare per Zidane e compagni. 

L’atto finale ed il miracolo

Grecia in semifinale: nessuno avrebbe osato nemmeno sperarlo; più di qualcuno comincia a chiedersi se non sia possibile che il miracolo si possa compiere davvero fino all’atto finale. Anche la Repubblica Ceca, alla vigilia indicata come probabile sorpresa e zeppa di individualità di rilievo, cade sotto il gol di Dellas al minuto 105 dei supplementari. Finale: una parola la cui sola pronuncia sarebbe costata a chi l’avesse proferita un TSO obbligatorio. L’ultima partita, così come la prima, contro il Portogallo. Sembra essere la vendetta perfetta apparecchiata dal destino, per i lusitani di “Felipao” Scolari. Ne sono convinti un po’ tutti ancora al termine del primo tempo di Lisbona, il 4 luglio del 2004, nella cornice monumentale del “da Luz”. Al minuto 57, quando Charisteas brucia tutti sul tempo di testa, leggendo alla perfezione la traiettoria del calcio d’angolo dalla lunetta di destra, l’incredulità delle giornate precedenti è nulla al confronto. Il risultato non cambierà più: la Grecia è campione d’Europa. Con poche doti singole, grazie a un collettivo il cui principale merito è stato innanzitutto quello di conoscere i propri limiti. 

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