Bohemian Rhapsody o del calcio anni Settanta

Bohemian Rhapsody o del calcio anni Settanta

Il 21 novembre 1975 usciva A Night at the Opera, uno degli album più importanti degli anni Settanta, con all'interno l'iconico brano Bohemian Rhapsody. Ecco come il calcio del tempo giocava la sua rapsodia
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“Siamo sempre stati bravi a pensare velocemente” ha spiegato Brian May a chi gli chiedeva come fossero riusciti a creare un album come A Night at the Opera in soli quattro mesi. Dentro c'è l'hard rock, il vaudeville, il sound apocalittico, il pop e, soprattutto, Bohemian Rhapsody. Un trionfo musicale tra  lirica, ballata, rock 'n roll e assoli di chitarra. L'anno è il 1975 e l'album dei Queen esce il 21 novembre, lo stesso giorno in cui in Spagna muore il caudillo Francisco Franco mettendo fine a un regime autoritario durato trentasei anni. Sembra un segno di un mondo vecchio, quello delle Guerre mondiali, che si congeda nel silenzio mentre tutti intorno fanno rumore. Ci sono l'autunno caldo, gli scioperi,  la contestazione. Il conservatore Nixon è stato cacciato dopo lo scandalo Watergate a gennaio, ad aprile è finita la guerra in Vietnam e Bill Gates ha fondato Microsoft. Tutto è novità, eclettismo. Amici Miei debutta al cinema il 15 agosto, guarda caso parlando di genio e improvvisazione, e nel calcio comincia il 5 ottobre la grande stagione scudetto del Torino di Pulici e Graziani, che con Sala e Zaccarelli formavano un quartetto degno dei Queen, almeno da punto di vista calcistico.

 

 

 

 

Sarà l'ultima grande gioia del tremendismo granata, la squadra che non ti annoia mai. “Veniamo sempre paragonati ad altra gente, ma è ridicolo” disse Mercury a Brian May prima di suonare per la prima volta in via ufficiale Bohemian Rhapsody ai Roundhouse Studios di Londra. Ma se il capolavoro dei Queen è qualcosa di mai visto prima, gli anni Settanta sono stati l'epoca per antonomasia delle novità, della rottura degli schemi, dello sguardo rivolto a un futuro migliore, più libero, più prospero e felice. Per tutti.

 

 

 

 

Un calcio nuovo 

Gli anni in cui l'utopia sembra realizzabile. Il calciatore che più di tutti rappresenta l'estetica del gruppo e di quel periodo storico sarebbe George Best. Ma nel 1974 l'alcool se lo sta già portando sott'acqua, così è un altro britannico che si deve guardare per innamorarsi del calcio: Kevin Keegan, che con il Liverpool vince nel 1975-76 campionato e coppa Uefa. Le movenze eleganti, la sua capacità di gestire i tempi di gioco con strappi improvvisi e decelerazioni come giri di basso, i suoi capelli lunghi alla John Deacon. Keegan è il canto a cappella con cui Freddy Mercury e compagni aprono il brano. Un'onda sonora avvolgente che si fa azione in campo: “I'm easy come, easy go. Little high, little low”. Un volteggio elegante che fa da anticamera alla grande novità di quegli anni: il Totaalvoetbal dell'Ajax di Cruijff e Rinus Michels. La mescolanza di stili, idee e ispirazioni che dà a Bohemian Rhapsody la sua unicità rendendola un perfetto melting pot.

 

 

 

 

Calvio totale o musica totale? Queen o Cruijff?

Partita negli anni Sessanta, la rivoluzione Orange fatta di ruoli fluidi ed identità tattiche mobili ha avuto il suo momento di massimo splendore nei primi Settanta, con le tre vittorie consecutive dell'Ajax in Coppa dei Campioni e il secondo posto al Mondiale 1974. Mercury inizia il brano con una frase epocale: “Mama, just killed a man”. Il calcio totale è la morte del calcio statico e posizionale, da qui in poi sarà il movimento senza respiro di ogni giocatore in campo a dare un senso nuovo a questo sport. Forse... Anche se l'idea vive, il ciclo olandese si chiude proprio nei Mondiali e dal 1975, in concomitanza con la vittoria tedesca nella finale dell'Olympiastadion di Monaco di Baviera, ha inizio una controriforma.

 

 

 

 

In opposizione ai ritmi tambureggianti e dissonanti del Totaalvoetbal si ritorna alla musica classica con il Bayern di Kaiser Franz Beckenbauer. È la restaurazione dell'impero, in cui “il calcio è quello sport in cui ventidue uomini rincorrono un pallone per 90 minuti, e alla fine la Germania vince”, come ha detto Gary Lineker, un altro inglese dalla bella parlantina. Con le parate di Sepp Maier, la straordinaria autorevolezza del suo capitano in difesa, vero e proprio direttore d'orchestra, e le punture da zanzara di Der bomber Gerd Müller – che segna con la stessa leggiadria con cui Mercury pigia i tasti del suo pianoforte – il Bayern è un ritorno alla tradizione: “Carry on, carry on. As if nothing really matters”. Va' avanti come se non fosse successo nulla. Ma ecco che arriva la chitarra, l'assolo di Brian May che fa esplodere gli stadi, che produce endorfine, brividi lungo la schiena ed esalta masse in estasi. È il trasferimento del comunista Paul Breitner al Real Madrid, con annesse polemiche con il calcio tedesco e la Germania. Di cui diceva di non sentirsi parte.

 

 

 

 

Rombo di tuono... o di chitarra?

È una bomba di Gigi Riva su punizione, come quella che proprio ai primi di novembre 1975 supera il portiere napoletano Carmignani e lo riporta al gol dopo mesi. È dalla quarta giornata del 1974-75 che Rombo di tuono non riusciva a segnare, e quella rete lo riporta per una giornata ai fasti di Messico 1970, prima della mesta retrocessione in B a fine anno che di fatto sarà la fine della sua carriera. “Sometimes I wish I'd never been born at all” grida Mercury appena prima che May cominci il suo miracolo con la chitarra elettrica, una frase che sembra uscita direttamente dagli occhi malinconici di Riva. Comincia a quel punto la fase più strana della canzone, quella operettistica che ha in Roger Taylor che dice “Galileooo” in falsetto, ribattuto da Mercury con un tono più gutturale, il suo apice comico. È il Perugia dei Miracoli, è l'azione che porta al gol Bettega ai Mondiali 1978 contro l'Argentina, di fronte ai generali, è la fine degli anni di Piombo e padre Eligio, il consigliere spirituale del Milan perennemente in occhiali da sole e basette rockabilly, che scrive il suo libro di memorie Le vacche di padre Eligio, e poi viene arrestato per truffa. È l'uscita dalla cupezza con il sorriso, un gol di Altafini alzandosi dalla panchina (pure se a Napoli la vedono in modo diverso), Bearzot che si fuma una sigaretta e alza lo sguardo sornione. L'attesa del Mundial 1982 e i New York Cosmos di Pelé e Chinaglia. “Spare him his life from this mostruosity.” Ed ecco finalmente l'hard rock vero e proprio. La festa dello Scudetto al Filadelfia, la chitarra che pulsa, il basso e la batteria che alzano i ritmi e il rumore. L'esordio di Tardelli alla Juve, proprio nel 1975 e poi il suo urlo a Madrid: “Nothing really matters!”. E il piano, dolcemente, ci saluta. Strano ripensare agli anni Settanta, ai Queen, a come il mondo e la musica si siano gettati con fiducia negli Ottanta e poi siano stati triturati nei Novanta, Mercury incluso. Sino alle Norvegie di oggi e alla faccia stralunata di Gattuso sotto la pioggia di Milano che con A Night at the Opera, pur nella ormai prossima alla demolizione Scala del calcio, non c'entrano nulla.

 

 

 

 

 

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