Il bacio mancato di Laurent Blanc a Francia 98

Il bacio mancato di Laurent Blanc a Francia 98

L’assenza per squalifica nella finale mondiale gli impedì di effettuare quel rito propiziatorio nel prepartita con Barthez. In Italia giocò con Napoli e Inter, senza troppa fortuna
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La sera del 12 luglio 1998 i francesi sono in strada a festeggiare: la Nazionale di Aimé Jacquet ha vinto il titolo di campione del mondo contro il Brasile del fenomeno Ronaldo, di Cafu, Aldair, Roberto Carlos, Rivaldo e Bebeto. Un successo arrivato al termine di una finale che, come spesso accade ai Mondiali, si racconta raccogliendo le storie di tanti protagonisti. Come quella misteriosa di Ronaldo, inspiegabilmente assente nelle formazioni ufficiali consegnate in sala stampa ai giornalisti e poi sceso in campo in condizioni impresentabili; o come quella di colore di Michel Platini, che partecipa alle celebrazioni indossando una maglia dei Bleus sotto la giacca.

 

 

 

 

Una storia di assenza

Anche Laurent Blanc, difensore di quella squadra che per prima seppe portare la Coppa del mondo oltralpe, ebbe modo di scrivere la sua. Una storia di assenza: lui, che era stato decisivo una manciata di giorni prima contro il Paraguay realizzando il golden gol che aveva permesso ai francesi di superare la coriacea resistenza dei sudamericani, la sera del 12 luglio 1998 non era in campo, fermato dalla squalifica rimediata in semifinale per un veniale scatto di nervi punito con una severa espulsione che gli inflisse un castigo irrimediabile. Un dolore per lui, un elemento di preoccupazione per i milioni di francesi che quella sera si sarebbero appostati davanti alle televisioni a tifare per i Bleus. Il motivo? Più d’uno. Il primo di carattere squisitamente tecnico: sostituire Blanc non era semplicissimo. Difensore centrale del reparto arretrato che Jacquet aveva disegnato con Thuram sulla fascia destra e Lizarazu a sinistra, Laurent faceva coppia con Desailly, milanista in procinto di trasferirsi al Chelsea. Una coppia ottimamente assortita, che al dominio aereo che garantivano entrambi i suoi componenti, abbinava eccellenza nei contrasti per parte di Desailly e pulizia d’impostazione grazie ai piedi di Blanc. Una caratteristica che il pur valido Lebœuf non riusciva a pareggiare. Ma per molti, l’assenza di Laurent avrebbe potuto essere oltremodo sinistra per motivi scaramantici: in quel mondiale, infatti, era diventato una sorta di portafortuna il bacio che Blanc, prima di ogni partita, elargiva alla testa ben rasata del portiere Barthez, che si prestava a questo rituale docile come un agnello. La squalifica rendeva impossibile il reiterarsi di quel gesto, quanto meno agli occhi del pubblico. Per fortuna di tutta la Francia, fu una mancanza che non ostacolò il cammino verso la vittoria di una squadra che il Presidente Chirac celebrò proprio baciando il capo di Barthez. Un ciclo si era aperto: due anni più tardi, i transalpini si ritrovarono a giocare un’altra finale, quella del campionato europeo, che vinsero contro l’Italia. In quella formazione, Blanc riprese il suo posto, nonostante l’età piuttosto avanzata (35 anni), potendo gustare da protagonista sul campo una doppietta di successi storica.

 

 

 

 

L’esperienza al Napoli

Già, l’Italia. Un Paese con il quale Laurent aveva una frequentazione ormai collaudata. In quell’estate del 2000, infatti, era un giocatore dell’Inter che cullava l’ambizione di interrompere il duopolio del potere calcistico che Milan e Juventus avevano instaurato negli anni Novanta. Ma già nel 1991 aveva avuto modo di confrontarsi con il nostro campionato, disputando la prima stagione del dopo Maradona a Napoli. Fu un’annata in chiaroscuro per il ragazzo di Alès che, nonostante le 6 marcature realizzate in campionato, subì diverse critiche per il suo modo di interpretare la fase difensiva, troppo disinvolto per un giocatore che amava le proiezioni offensive e non aveva nella velocità dei recuperi un punto di forza. Non fu un caso che la sua prima avventura italiana si chiuse al termine di quell’annata, quando tornò in Francia per proseguire la carriera con il Nimes.

 

 

 

 

1999, spazio all’Inter

Arrivarono poi Saint-Étienne, Auxerre, Barcellona e Olympique Marsiglia prima che, nell’estate del 1999, l’Inter di Moratti decise di acquistarlo in una sontuosa campagna trasferimenti che vide arrivare a Milano Vieri, Panucci, Peruzzi e Jugovic. Una vera dichiarazione di guerra al campionato quella dei nerazzurri, nella quale il compito che Marcelli Lippi chiede a Blanc è quello di dare alla squadra un’impostazione ragionata che parta già dalla propria area di rigore, con licenza di avanzare in relazione alle opportunità che lo svolgimento delle gare riesce a proporre. Del resto, i numeri della sua carriera sono espliciti: i gol che ha consuntivato al termine di ogni campionato sono molto più vicini a quelli di un centrocampista che di un difensore. Non è un caso, perché il suo percorso era iniziato negli anni Ottanta nel Montpellier come centrocampista avanzato. Nel 1986-87, in seconda divisione francese, aveva segnato addirittura 18 gol.

 

 

 

 

Dal centrocampo alla difesa

Fu nel 1990 che cambiò ruolo per un’intuizione dell’allora tecnico Michel Mézy, che gli chiese di posizionarsi alle spalle del marcatore centrale. Davanti alle resistenze di Laurent a retrocedere la sua posizione in campo, quella richiesta divenne un’imposizione che, inizialmente accettata in un mare di dubbi, si rivelò decisiva nel decretarne i seguenti successi. Ad ogni modo, le due stagioni vissute a Milano non riuscirono a rispettare le attese della proprietà e della tifoseria, dal momento che l’Inter non aggiunse trofei alla sua bacheca. Blanc riuscì a fare il suo, senza punte di eccellenza da ricordare. Nel 2001 si trasferì al Manchester United di Sir Alex Ferguson, che lo volle in squadra soprattutto per il contributo di esperienza e professionalità che poteva trasferire ai più giovani. Con i Red Devils riuscì a vincere la Premier League nel 2003 prima di ritirarsi e diventare, negli anni a seguire, un apprezzato allenatore.

 

 

 

 

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