Angloma, terzino moderno (forse troppo)

Angloma, terzino moderno (forse troppo)

Il francese interpretava il ruolo con una prestanza fisica che andrebbe bene ancora oggi. Campione d'Europa con il Marsiglia, disputò tre ottimi anni in Serie A tra Torino e Inter
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Quando le italiane potevano permettersi di prendere un terzino destro campione d'Europa: Jocelyn Angloma, tre anni in Serie A tra Torino e Inter, non è mai stato uno di quei giocatori appariscenti. Concreto, quello sì, grande rendimento e grande gamba.

 

 

Campione con il Marsiglia

Jocelyn, con quel nome quasi pacioso, da presentatore televisivo di trasmissioni leggere: in campo, però, una furia. Nasce in Guadalupa e ci vuole uno dei migliori settori giovanili di Francia, quello del Rennes, per portarlo in Europa. Angloma non sente il salto, continua a correre sulla fascia destra dimostrando anche una buona propensione al gol. Passa al Lille e realizza 13 reti in 3 campionati. E nel frattempo vince anche l'Europeo Under 21, naturalmente da protagonista. Siamo alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso e in Francia comandano sostanzialmente due club: il Paris Saint-Germain e l'Olympique Marsiglia. Angloma nel dubbio passa da entrambe, diventando il terzino destro indiscutibile dell'OM ambiziosissimo del patron Bernard Tapie. Scudetti, grandi serate di Champions League fino all'apogeo del 26 maggio 1993, quando il Marsiglia sale sul tetto d'Europa superando l'invincibile Milan di Fabio Capello. Maglia numero 2, Angloma gioca sulla stessa fascia di Paolo Maldini e non sfigura affatto. Non gioca tutta la partita, perché viene sostituito da Durand al 62', ma cambia poco. Poi pazienza se su quella vittoria pioveranno sospetti di ogni genere, la squalifica dell'OM dalle coppe europee per aver "ammorbidito" il Valenciennes in campionato prima delle finale e addirittura la retrocessione in Serie B come sigillo negativo. Jocelyn, come tanti giocatori di quell'Olympique Marsiglia, diventa un uomo-mercato. Molto presto infatti se ne andranno praticamente tutti, Angloma compreso, che per 600 milioni di lire finisce al Torino assieme ad Abedi Pelé.

 

 

Granata e nerazzurro

Il Torino di quel periodo, il 1994, è una buona squadra della parte sinistra della classifica di Serie A. Certo, l'impatto è uno choc, con Rampanti esonerato e Nedo Sonetti scelto come allenatore dopo l'interregno di Lido Vieri. Di spettacolo non se ne parla, meglio una difesa compatta e pochi fronzoli, un po' il contrario dello stile di Angloma che però non smette di trovare la via del gol: 4 il primo anno incluso uno decisivo nel derby contro la Juventus, 3 il secondo che però si conclude con una disastrosa retrocessione.

 

 

A quel punto in B Jocelyn non ci può stare e a bussare alla porta dei granata arriva l'Inter. Anche qua in Europa meglio che in patria, con la finale di Coppa Uefa raggiunta, contro lo Schalke 04. Tuttavia in un San Siro stracolmo ecco la delusione atroce, la sconfitta ai calci di rigore. Angloma entra nel secondo tempo al posto di Bergomi, quando c'è da raddrizzare il risultato negativo all'andata. Finisce lì l'esperienza del francese in Italia. Jocelyn troverà ancora gloria, ma in Spagna, in un Valencia che per due anni consecutivi raggiungerà, perdendola, la finale di Champions League, con Hector Cuper in panchina. Sempre lì, a remare sulla fascia destra, terzino moderno e forse troppo esuberante per un calcio che curava di più la fase difensiva. Oggi probabilmente nell'Inter farebbe "il Dumfries". Anche per questo motivo non viene convocato dalla Francia per il Mondiale del 1998, perché in quel ruolo il ct Jacquet preferisce un certo Lilian Thuram.

 

 

 

 

 

 

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