Mundialito per club, agli albori del calcio globalizzato

Mundialito per club, agli albori del calcio globalizzato

Nel 1981 Canale 5 organizzò la prima edizione di un torneo internazionale a inviti che faceva da preludio allo sviluppo del calcio in termini di show business

  • Link copiato

Milano, 16 giugno 1981. Sul calare della sera, allo stadio Giuseppe Meazza, scendevano in campo Milan e Feyenoord. Non era la finale di una qualsivoglia coppa europea che, notoriamente, veniva calendarizzata nel mese di maggio. Né una di quelle amichevoli di fine stagione che, all’epoca, venivano disputate per giustificare lo stipendio che i giocatori percepivano anche nel mese di giugno. Si trattava, piuttosto, della partita inaugurale di un nuovo torneo organizzato da Canale 5, emergente televisione privata guidata da Silvio Berlusconi, che si chiamava "Coppa Supermondiale Clubs" (che, più agevolmente, venne ribattezzata Mundialito per club), una competizione a inviti che prevedeva la partecipazione di squadre che avevano vinto la Coppa Intercontinentale.

 

 

Mundialito per Club, una novità assoluta 

Si trattava di una novità assoluta nel panorama di quegli anni, per capire il quale bisogna uscire dalla modalità bulimica del calcio di oggi, sempre più assetato di visibilità e partecipazioni allargate che garantiscono un maggior numero di partite e di denaro. Il campionato di serie A aveva solo sedici squadre, che comprimevano la stagione in trenta giornate. Anche la Nazionale aveva un calendario ridotto rispetto a quello attuale, nel quale le sole competizioni ufficiali erano costituite da mondiali ed europei con relativi gironi di qualificazione, molto meno affollati di quelli odierni dal momento che tanti Stati non esistevano, inglobati nell’Unione Sovietica e nella Jugoslavia. Mentre le coppe europee, nelle quali era sconosciuto il ricorso ai gironi, si articolavano in tabelloni a eliminazione diretta con sole partite di andata e ritorno.

 

 

Quell’anno al Liverpool, per vincere la Coppa dei Campioni, furono sufficienti nove partite, due in meno di quelle che servirono all’Ipswich Town per conquistare la Coppa Uefa. Insomma, le agende erano molto meno impegnate e negli anni dispari, in assenza delle grandi competizioni per le nazionali, il mese di giugno viveva della lunga bonaccia che precedeva il periodo dell’inizio dei ritiri estivi.

 

 

Mediaset e la spallata alla Rai con il Mundialito per Club

Il Mundialito per club fu il primo passo che il calcio mosse in Italia verso la sua globalizzazione, fatta di sponsor, diritti televisivi e partite trasmesse sui media tutti i giorni da ogni angolo del pianeta. Come anticipato, si trattò di un’intuizione di Silvio Berlusconi, all’epoca imprenditore emergente nel settore edilizio e dell’editoria, che aveva tratto spunto da un’analoga iniziativa che era stata realizzata all’inizio di quell’anno in Uruguay per celebrare il cinquantenario del primo campionato del mondo. In quel mundialito, anch’esso a inviti, avevano preso parte cinque squadre che avevano vinto almeno una volta i mondiali oltre all’Olanda, finalista delle ultime due edizioni.

 


A Milano, dal 16 al 28 giugno, vennero chiamate a giocare Inter, Milan, Santos, Feyenoord e Peñarol in un girone all’Italiana che avrebbe decretato il vincitore. Per il già Cavaliere (l’onorificenza gli era stata conferita dal Presidente Leone nel 1977), quell’iniziativa mirava a dare una spallata al monopolio televisivo della Rai, soprattutto in ambito sportivo. Le partite venivano trasmesse in diretta in Liguria mentre sul resto del territorio nazionale andavano in differita.

 

 

Al contrario di quello che accade in questi giorni con la Coppa del Mondo per club voluta a tutti i costi da Gianni Infantino, che non interessa nessuno se non i suoi promotori (la Fifa, gli Stati Uniti e il fondo Pif), quel Mundialito solleticava l’interesse dei calciofili per diversi motivi. Innanzitutto, perché il loro bisogno di calcio risultava ancora ampiamente insoddisfatto da competizioni che non imponevano calendari che, oggi, somigliano a marce forzate. La suggestione di vedere squadre gloriose sfidarsi alla scala del calcio incuriosiva e permetteva di “consumare” partite fino alla fine di giugno, quando mancavano pochi giorni all’inizio dei raduni estivi. Inoltre, qualche licenza del regolamento consentiva di schierare anche giocatori che non erano sotto contratto con le squadre partecipanti. Come fu il caso di Johann Cruijff, che il Milan schierò nel match contro il Feyenoord nei primi quarantacinque minuti. L’allora vicepresidente dei rossoneri Gianni Rivera l’aveva accolto con tutti gli onori ma in realtà il suo rendimento in campo lasciò molto a desiderare, tanto da spingere il Guerin Sportivo a definire la sua prestazione “patetica e sbiadita”.

 

 

Ma l’idea di quel torneo funzionava: originalità, spettacolo (quand’anche fosse stato solo promesso), riempimento dei palinsesti e raccolta pubblicitaria iniziarono a scuotere un mondo del calcio che, fino a quel momento, conosceva solo l’ortodossia della serie A a sedici squadre, trasmessa esclusivamente dalla Rai con Novantesimo Minuto, un tempo di una partita la domenica alle 19 e la Domenica Sportiva.

 

 

Successo e declino del Mundialito per Club

Il successo di quella manifestazione venne certificato dall’ultima gara: Milan-Inter fu giocata davanti a 45.000 spettatori nonostante un clima affatto estivo, con pioggia, vento e terreno scivoloso a ostacolare un derby messo con sagacia come ultima partita del calendario. Se lo aggiudicò l’Inter con un 3-1 in rimonta sui cugini che permise ai nerazzurri di vincere anche il torneo esattamente un anno e un giorno dopo che, in quello stesso stadio, Bob Marley aveva mandato in visibilio centomila persone con un concerto passato alla storia. Erano i primi albori dell’utilizzo ripetuto degli stadi come luoghi di ritrovo di massa deputati alla fruizione di forme di intrattenimento diverse dallo sport e dal calcio che, a sua volta, si stava sempre più incanalando nel solco dello show business.

 


Il Mundialito per club ebbe altre due edizioni: nel 1983 vi parteciparono, oltre alle squadre milanesi, Flamengo, Peñarol e Juventus, nonostante i bianconeri, all’epoca, non avessero ancora vinto la Coppa Intercontinentale. Il successo di pubblico, rispetto alla prima edizione, fu ancora superiore, con partite che arrivarono a riempire il Meazza fin quasi al tutto esaurito. Vinse la Juventus mentre nel 1987, nell’ultima edizione del torneo, fu il Milan a primeggiare davanti a Porto, Inter, Barcellona e Paris Saint-Germain.

 

 

Nel 1985 l’estendersi della Coppa Italia fino ai primi di luglio di fatto non permise l’organizzazione della competizione. Le milanesi si affrontarono in un doppio derby di semifinale tra il 23 e il 26 giugno 1985 che promosse il Diavolo (2-1 e 1-1) alla finale con la Sampdoria. Il 21 giugno, intanto, San Siro aveva ospitato un altro epico concerto di quegli anni Ottanta: quello di Bruce Springsteen, il primo in Italia. Gli anni di piombo venivano relegati in un capitolo di storia, gli stadi aprivano sempre più spesso i loro cancelli e il calcio iniziava ad assumere le sembianze di un’industria strutturata, che del Mundialito per club non aveva più bisogno.          

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Condividi

  • Link copiato

Commenti

Loading...





















Leggi Guerin Sportivo
su tutti i tuoi dispositivi