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Notissimo volto televisivo tra gli anni Ottanta e i primi Duemila, ha interpretato personaggi e inventato tormentoni: dalle “bombe di calciomercato” al “magico” pendolino
In famiglia creatività e buon umore non mancavano, se pensiamo a suo padre Giovanni, scrittore dal raffinato tratto umoristico, o a suo fratello Paolo, che fu giornalista, vignettista e autore di canzoni. Maurizio Mosca se li è portati sottobraccio entrambi, lungo il corso di una vita, più che di una carriera. Il buon umore lo ha distribuito fino a che ne ha avuto la forza; con la creatività ha persino esagerato, se ricordiamo la fantomatica intervista a Zico realizzata per "La Gazzetta dello Sport", memorabile soprattutto perché inventata, come venne svelato dal fuoriclasse brasiliano in una puntata del "Processo del lunedì" nell'autunno del 1983.
A causa di quell'episodio sembrò essere terminata la carriera giornalistica di Mosca; grazie a esso cominciava a nascere la carriera televisiva di Mosca, che negli anni a seguire sarebbe diventato un vero e proprio mattatore dei dibattiti calcistici in tv: con e senza Aldo Biscardi, certamente come sua più diretta e roboante emanazione.
Dalla seconda metà degli anni Ottanta in poi, Maurizio Mosca, che era nato a Roma il 24 giugno del 1940 per poi trascorrere l'infanzia e l'adolescenza a Milano, diventa un volto straordinariamente familiare per gli italiani che amano il dibattito calcistico abbinato all'intrattenimento, con la polemica che vira immancabilmente nella teatralità dei duetti; con gli opinionisti che portano sulla ribalta una specie di commedia dell'arte incentrata sulle "maschere" delle loro contrapposizioni, sempre in bilico tra l'analisi dell'attualità "pallonara" e le tipizzazioni incarnate da Mosca e dai suoi antagonisti di turno. A parte "Il Processo del lunedì" biscardiano, che aveva tenuto a battesimo nel tubo catodico lui come quasi tutti gli altri giornalisti sportivi della sua generazione, Mosca nel corso degli anni è stato l'istrione e il mattatore di trasmissioni di grande successo, indipendentemente dal giorno della settimana in cui andavano in onda e dalla fascia oraria di pertinenza: "Calciomania", "L'appello del martedì", "Guida al campionato", "Controcampo"...tutte caratterizzate dalle uscite di Mosca, dalla capacità di animare il dibattito e al tempo stesso di incasinarlo, quasi facendo dimenticare al pubblico di essere uno che il calcio lo aveva sempre amato e che ne capiva molto più di quanto potesse sembrare.
Le sue "bombe" di mercato, alcune delle quali con tratti di verosimiglianza, anche se non era l'aspetto fondamentale, poi il rito del "pendolino", esibito facendo roteare un semplice portachiavi per attuare una forma di divinazione circa i risultati delle partite più importanti: siparietti indimenticabili ancora oggi, perché se lui non c'è più è viva però la nostalgia per quella che oggi riconosciamo come una salvifica leggerezza che stemperava la tendenza di tanti a prendersi troppo sul serio (meno di oggi, tra l'altro), mentre all'epoca la scambiavamo per cialtroneria.
S'è ammalato nel maggio del 2006, Maurizio Mosca, alla vigilia di Calciopoli e poco prima della quarta vittoria mondiale degli azzurri. All'inizio di aprile del 2010 se n'è andato, dopo aver lavorato fino all'ultimo e consegnato il suo ultimo articolo per la redazione sportiva di Mediaset, riguardante le tensioni tra Mourinho e Balotelli. Per la sua lapide, più che un congedo, ha voluto una sintesi del suo modo di intendere la comunicazione, anche in quel caso privilegiando la leggerezza rispetto alla solennità: "Una persona che ha cercato di spargere allegria tra la gente".
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