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Roberto Di Matteo compie 55 anni ed è il grande "desaparecido" del calcio internazionale: l'ex centrocampista di Lazio e Chelsea (tra gli altri) non allena più da quasi un decennio, da una pessima esperienza all'Aston Villa. Eppure in carniere ha una vittoria storica, da tecnico, quella Champions League vinta contro ogni pronostico proprio con il Chelsea nel 2012, la prima nella storia del club londinese.
Nato in Svizzera da genitori abruzzesi, Di Matteo è stato comunque un pilastro della nazionale italiana con cui ha disputato 34 partite incluso un mondiale nel 1998. Pescato dalla Lazio nell'Aarau, con cui aveva vinto un sorprendente campionato svizzero, era un centrocampista bravissimo nell'inserirsi, associativo e capace di trovare la porta con qualche tiro da fuori. Non a caso tra gli allenatori che l'hanno valorizzato di più, oltre al suo scopritore Dino Zoff, c'è stato Zdenek Zeman, per cui Di Matteo calzava a pennello nel suo 4-3-3 come interno sinistro. Non un regista, a quello ci pensava qualcun altro, ma ottimo nell'occupare lo spazio in mediana sul centro-sinistra, buono per gli inserimenti e con una gamba non indifferente. Quel centrocampo con Fuser e Winter era davvero garanzia di grande quantità e qualità. Tre stagioni appena in Serie A, sufficienti per farsi un nome a livello internazionale. Nel 1996 ecco la chiamata nientemeno che dal Chelsea in un gruppo composto da molti ex "italiani", nel senso di giocatori provenienti dalla Serie A. Intoccabile in mediana, al primo anno conquista la FA Cup segnando il gol più veloce nelle finali di questo torneo: 43 secondi per piazzare sotto la traversa un missile di destro. Diventa uno dei leader dei Blues, un club che fin lì non è che avesse racimolato chissà quali successi ma che da lì in avanti si sarebbe imposto non solo in Inghilterra, ma anche a livello internazionale, vincendo la Coppa delle Coppe nel 1998, sempre con Di Matteo tra i leader.
Non è che sembrasse uno di quei giocatori "allenatori in campo", Roberto Di Matteo. Eppure forse anche a causa di un ritiro prematuro, ad appena 30 anni di fatto dopo un tremendo infortunio in Coppa Uefa contro il San Gallo, appesi gli scarpini al chiodo l'ex centrocampista si sarebbe reinventato come tecnico. Senza fretta, ma facendo in teoria una lunga gavetta: Milton Keynes Dons e poi West Bromwich, club medio-piccoli in cui crescere e dove, nel caso del Wba, vincere un premio come allenatore del mese in Premier nel settembre 2010. Il nome però aveva iniziato a circolare. Il Chelsea aveva preso nota, e quando a metà stagione 2011-12 l'allenatore portoghese Villas-Boas viene licenziato, tocca al vice. E chi è il vice? Proprio Di Matteo, che si trova la patata bollente di dover disputare la fase finale di Champions League iniziando con l'eliminare il Napoli agli ottavi di finale di Champions League rimontando il 3-1 del San Paolo con un 4-1 a Londra. Un'incredibile striscia proseguita, in Europa, piegando il Benfica ai quarti e soprattutto il Barcellona di Guardiola in semifinale con una resistenza a oltranza al Camp Nou al ritorno dopo aver vinto 1-0 all'andata. Il 2-2 di Fernando Torres in contropiede da solo partendo dalla sua metà campo ancora oggi è uno dei momenti più iconici nella storia del Chelsea. E in finale, da estremo sfavorito, di nuovo, il Bayern Monaco, perdipiù a Monaco di Baviera. Incredibile ma vero, altro miracolo, vittoria ai rigori con un Drogba commovente e un Cech miracoloso in porta. Una delle maggiori sorprese nella storia della Champions, per il 42enne Di Matteo l'inizio di una grande carriera da allenatore? Non proprio. Dopo un pessimo inizio nella stagione successiva il Chelsea lo caccia per chiamare Rafa Benitez. Da allora quasi più nulla, né allo Schalke 04 né all'Aston Villa, con due esoneri.
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