Whiteside, il record di Pelé, i gol in finale e quelle Guinness di troppo

Whiteside, il record di Pelé, i gol in finale e quelle Guinness di troppo

Il calciatore nordirlandese è stato un pilastro del Manchester United di Ron Atkinson: ecco la sua parabola fino al ritiro a soli 26 anni
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A Old Trafford Norman Whiteside aveva un posto riservato da oltre venticinque anni, con una targa argentata con il suo nome sopra. Per quella strana politica di risparmi voluta dalla società, che taglia ogni spesa tranne quella per cartellini e stipendi dei giocatori, a inizio 2024 hanno deciso di togliergli questo privilegio. “È una disgrazia totale” ha commentato la moglie Dee sui social. Il Manchester United, pungolato, non ha potuto far altro che scusarsi e proporre soluzioni: non è così che si trattano le leggende del club.

 

 

Whiteside e l'infanzia in Irlanda del Nord

Norman Whiteside, alla fin fine, non si è troppo scomposto. Da bambino giocava per le strade di Shankill, un sobborgo di Belfast, ed era abituato a sentire sua madre Aileen raccomandarsi sempre allo stesso modo: “Se senti uno sparo o una bomba che esplode, torna a casa prima possibile”. Il pericolo è la normalità nell'Irlanda del Nord degli anni Settanta, quella dei Troubles, i disordini tra i protestanti, unionisti e lealisti e i cattolici, nazionalisti e repubblicani: “Intorno a noi c'erano l'esercito e i paramilitari” ha raccontato Whiteside alla BBC “ma questo non ci impediva di godercela”.  

 

 

La nascita di “Shankill Skinhead”

Norman sogna di fare un gol a Wembley in una finale, la politica non è tra le sue priorità. Piuttosto lo infastidisce dividere il letto con i due fratelli, tanto è povera la sua famiglia. E la rabbia di dover lottare per le coperte ogni sera, così per ogni pezzo di pane sulla tavola, la riversa nelle partite infinite tra amici, su quelle strade pericolose: “Shankill Skinhead” lo chiameranno allo United. A sette anni entra nella Boys' Brigade, un gruppo cristiano che ha una squadra di calcio, e in una partita contro ragazzi del doppio dei suoi anni segna dieci gol. Presto, in tutta Shankill lo definiscono un prodigio.

 

 

Lo United ingaggia Whiteside: "il nuovo Best"

L'ottantenne scout del Manchester United Bob Bishop drizza le antenne. È stato lui a portare ai Red Devils i connazionali George Best e Sammy McIllroy e per l'ennesima volta il suo fiuto farà centro. Recatosi a Belfast di persona, per anticipare il Liverpool, il capo scout dello United Joe Brown fa firmare al prodigio tredicenne un contratto da Associate Schoolboy: per tutti è già il nuovo Best. “Le uniche cose che ho in comune con George Best sono che veniamo dallo stesso posto, che giochiamo per la stessa squadra e che ci ha scoperto la stessa persona” prova a spegnere gli entusiasmi il giovane Whiteside, ma non gli danno retta.

 

 

Whiteside e quei record con United e Irlanda del Nord

Il 24 aprile 1982 il manager Ron Atkinson lo fa debuttare in prima squadra ancora sedicenne contro il Brighton e otto giorni dopo il suo diciassettesimo compleanno, il 15 maggio contro lo Stoke, Whiteside diventa il più giovane di sempre a segnare in maglia United. Un record ancora imbattuto. Senza che abbia mai debuttato, l'Irlanda del Nord lo convoca ai Mondiali di Spagna 1982 e contro la Jugoslavia il 17 giugno Norman infrange un altro record di precocità: a diciassette anni e quarantuno giorni è il più giovane di sempre a giocare la competizione, superando addirittura Pelé. La vittoria 1-0 sui padroni di casa della Spagna nell'ultima gara del girone entra nella storia del suo Paese, ma le domande dei giornalisti sono tutte per quel ragazzino diciassettenne che ha superato O Rei. “Norman, congratulazioni per aver battuto il mio record” gli scrive l'idolo brasiliano “spero che tu abbia successo quanto me e vinca tre Coppe del Mondo!”“Sono andato in Coppa del Mondo con un contratto da sedici sterline a settimana. Ho fatto le valigie e sono partito, o la va, o la spacca” racconta Whiteside e quella stagione diventa il suo trampolino di lancio. Nel 1982-83 salta appena tre partite in tutta la stagione e il 26 maggio 1983, nello spareggio della finale di FA Cup, ancora contro il Brighton, segna uno dei quattro gol con cui lo United si assicura il trofeo. Aveva già realizzato due mesi prima contro il Liverpool il suo sogno di segnare a Wembley, nella finale di League Cup persa 2-1 dai suoi davanti a quasi centomila spettatori, ma questo vale molto, molto di più.

 

 

Whiteside e il gol all'Everton in finale di FA Cup

Il suo United è squadra da coppe, così Whiteside scrive di nuovo il suo nome nella storia del club il 18 maggio 1985 contro l'Everton, ancora in finale di FA Cup. Sempre a Wembley, of course. Apertura d'esterno sulla fascia destra del gallese Mark Hughes per la corsa in campo aperto di Norman. La difesa avversaria rincula temendo un cross, ma Whiteside porta il pallone verso il centro controllandolo con l'esterno sinistro. Entra in area, punta il suo avversario con un doppio passo e di sinistro, da posizione defilata, trova una conclusione deliziosa che bacia l'interno del palo ed entra in rete. È il gol vittoria: “That's incredible!” commentano in telecronaca. “Mi esercitavo per quel gol in allenamento e quando è successo è stato incredibile. Dopo la partita siamo andati al nightclub a festeggiare, c'erano anche Bestie (Geoge Best) e Rod Stewart” ha raccontato.

 

 

I problemi con l'alcol, il declino, l'Everton e il ritiro

I festeggiamenti, però, cominciano a essere troppo frequenti. Le visite al pub ripetute. Le “drinking sessions” tra lui, capitan Bryan Robson e Paul McGrath diventano presto argomento noto sui tabloid, che consumano fiumi d'inchiostro per documentarle. La sua reputazione s'incrina. Quando nel gennaio 1989 Whiteside e McGrath si presentano a un'intervista tv completamente ubriachi Alex Ferguson, che ha preso il posto di Atkinson, decide di farli fuori dalla squadra. Nello United c'è una “cultura del bere” che la domenica dopo la partita incolla un gruppetto di giocatori sullo sgabello del pub a bere Guinness e a cantare canzoni irlandesi sino a sera, ma Ferguson non vuole più saperne e Whiteside ne fa le spese. Norman, già in declino fisico, passa all'Everton, ma gli infortuni non gli danno tregua. Da ragazzo “mi hanno rimosso completamente la cartilagine e ho giocato dieci anni sfregando osso su osso” a spiegato e nel 1991, a soli ventisei anni, è già costretto a smettere. “Una mattina mi sono svegliato e ho guardato fuori dalla finestra, ma poi mi sono tirato sulla faccia il piumone e mi sono fatto un bel pianto” ha detto sempre alla BBC ricordando quei giorni. Oggi, a sessant'anni, speriamo che tutta quell'amarezza sia stata cancellata dai ricordi meravigliosi.

 

 

 

 

 

 

 

 

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