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Il fuoriclasse romeno compie 60 anni il 5 febbraio 2025. Passò in Italia, alla corte delle Rondinelle di Corioni, in mezzo alle esperienze tra Real Madrid e Barcellona
L'estate 1992 è quella di Lentini al Milan, di Borsano che corre in procura a smascherare la tangente di Berlusconi e dei giornali che già parlano di “minacce di morte” a Monica Seles a Wimbledon, quasi un anno prima del suo accoltellamento in campo ad Amburgo. Così una bomba di mercato epocale passa quasi inosservata: il Brescia ha preso Gheorghe Hagi dal Real Madrid.
Le Rondinelle neopromosse si sta trasformando in una enclave di Bucarest. Oltre al tecnico Mircea Lucescu, arrivato nel 1991 e subito primo in cadetteria, nell'estate 1992 vengono acquistati l'attaccante ex Bari e Verona Florin Raducioiu – idolo della rubrica “Questo lo segnavo anch'io” della Gialappa's – e i centrocampisti ex Feyenoord Ioan Sabau e Dorin Mateut.
Pare che il presidente Corioni, con la sua azienda di sanitari, faccia grandi affari nel nuovo mercato capitalista nato dal crollo del regime di Ceausescu, così dai suoi viaggi d'affari torna spesso con i report di qualche scout, ma è indubbio sia la presenza di Lucescu a fare da catalizzatore: “Con lui accanto, perché vietarmi di sognare la coppa Uefa” racconta l'ex patron del Bologna.
Il “Maradona dei Carpazi” non ha scaldato i cuori del Bernabeu e il suo talento non è stato valorizzato. In cambio del giusto indennizzo lo lasciano partire senza rimpianti. Due anni di B sono costati a Corioni ventisette miliardi a fronte di appena cinque d'incasso, ma ha deciso di non badare a spese per la serie A.
Il “mio presidente”, come lo chiama Guardiola ancora oggi, arriva in Spagna con otto miliardi di lire e Hagi è già bello e impacchettato, pronto a partire per l'Italia. Manca solo l'accordo con il giocatore. Da Costanza, sul Mar Nero, il suo agente George Becali, è irremovibile: “Ritengo ci sia lo 0,01 percento di possibilità che Hagi possa giocare nel Brescia. Andrà in Italia se avrà lo stesso ingaggio di Madrid, un miliardo. Il contratto con il Real è valido sino al 1994 e non abbiamo fretta” il nodo della trattativa è la ricca buonuscita che gli spagnoli devono corrispondere al clan del rumeno. Come sempre è il sentimento a governare le cose del mondo, ma l'impossibile si realizza.
Con Hagi Corioni è certo di aver costruito un Brescia “spumeggiante”: “Sorprenderà tutti”. Oggi sembra assurdo che un campione di prima fascia scelga una piccola piazza, ma i motivi li ha spiegati Raducioiu in una recente intervista per Repubblica: “L’Italia era il Festival di Sanremo, che tutti noi cercavamo di vedere. Era il campionato più bello e difficile del mondo”.
Gli abbonamenti vanno a rilento e più che gioire del poker rumeno i tifosi borbottano per la cessione di Maurizio Ganz, stella della promozione. Così l'esordio in A del Maradona dei Carpazi sembra la conferma dei cattivi presagi della curva: a Napoli un Brescia troppo abbottonato fa 0-0, con un rigore sbagliato da Careca e Hagi si fa espellere all'80esimo, dimostrando un carattere non sempre incline al pragmatismo della lotta salvezza.
Il Brescia, tuttavia, si guadagna subito qualche titolo grazie a una grande solidità difensiva. Alla terza giornata, la prima al Rigamonti, vince 1-0 con il Pescara grazie a un rigore di Raducioiu mentre alla quinta segna quattro reti al Foggia di Zeman, con il primo arabesco di Hagi in un campo al limite della praticabilità per la pioggia. Il Reghele, il Re, come lo chiamano in patria, è il faro della squadra, lancia, inventa e conclude con una classe che dovrebbe bastare da sola a riempire uno stadio. Gli spalti di Brescia, tuttavia, rimangono spesso tristemente semivuoti così contro il Foggia sono poco più di settemila spettatori a godersi il suo primo capolavoro: un tiro a giro di sinistro dal vertice dell'area di rigore che si infila all'incrocio dal lato opposto.
Sembra l'antipasto di un grande buffet, o quantomeno di un pranzo sostanzioso, ma il Brescia dura solo sino al primo novembre. Dopo uno 0-0 a Torino contro la Juventus, il terzo in sei giornate per un Lucescu “catenacciaro”, le Rondinelle perdono in casa con il Cagliari – con Hagi che sbaglia un rigore – e poi vincono 3-2 a Roma. È il primo successo in trasferta e l'inizio della discesa. “Poveri ma belli” lo incalza l'intervistatrice a fine gara, ma lui con un sorriso mette in chiaro le sue ambizioni: “Poveri non siamo”. Il Brescia, sesto, però si sgonfia e al giro di boa è terzultimo.
Hagi si muove da leader, ma le Rondinelle sono discontinue, come il loro Conducator. A gol da applausi, come il tiro da venticinque metri con cui segna alla Fiorentina alla decima o la punizione dai trenta che abbatte l'Udinese alla quattordicesima, seguono lunghe pause: “Hagi diventerà bravo quando non giocherà da solo” dicono di lui. Per il Brescia, che infila belle vittorie contro squadroni come Juve, Napoli, Samp e Lazio e in un derby con l'Atalanta da settanta feriti, la luce si spegne troppo spesso. Con Hagi alle spalle, pure Raducioiu – “uno che fa bene quasi tutto, tranne il gol”, parola di Lucescu – sembra un goleador di razza, tanto che a fine stagione arriva addirittura a tredici, ma la squadra chiude con il peggior attacco del campionato, con appena trentasei gol in trentaquattro partite.
Nello spareggio retrocessione contro l'Udinese i lombardi perdono 3-1 ma Hagi, invece di lasciare la barca che affonda, come Raducioiu che passa al Milan, accetta di scendere in B: “Non sono un codardo”.
È un lusso pazzesco per la cadetteria, così il Brescia si riguadagna la promozione, con nove gol del suo numero dieci, e vince addirittura il Trofeo Anglo-Italiano a Wembley contro il Notts County.
In estate Hagi è protagonista di un grande Mondiale negli USA e sembra a un passo dal Napoli ma Corioni l'ha già promesso al Barcellona, mettendo fine troppo in fretta alle vacanze bresciane di uno dei più forti giocatori degli anni Ottanta e Novanta. “Dovevo essere io l’erede di Maradona” ha spiegato con rammarico, dimostrando una volta in più quanta considerazione avesse in quegli anni la serie A. Oggi che ne compie sessanta, guardarsi indietro con altrettanta nostalgia ha poco senso, ma qualche annata extra del “Maradona dei Carpazi” il “campionato più bello del mondo” se la sarebbe meritata.
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