Torino-Juventus, due vittorie che hanno fatto la storia

Torino-Juventus, due vittorie che hanno fatto la storia

Dal 1995 al 2015 fino alla sfida dell'11 gennaio 2025: in trent'anni i granata hanno vinto due volte "in casa" contro i bianconeri, tre in totale. Come il Derby della Mole è diventata una maledizione

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Il 6 novembre 1994 si dovrebbe giocare il derby di Torino allo stadio Delle Alpi, ma dal giorno prima in Piemonte il cielo ha aperto le cateratte. Il Po, il Tanaro e decine di affluenti minori sono esondati sotto i colpi terribili di una delle più devastanti e tragiche alluvioni della storia d'Italia, travolgendo ogni cosa. Il calcio si deve fermare, almeno in regione, così la lanciatissima Juventus di Lippi dovrà attendere quasi due mesi che dalla sua classifica scompaia l'asterisco.

Al termine del girone di andata i bianconeri sono già campioni d'inverno con un punto sul Parma che insegue nonostante una partita in più. La gara contro i granata, che languono al dodicesimo posto tre punti sopra la zona retrocessione, potrebbe riportarli in fuga a più quattro ma il 3-0 appena subito a Cagliari ha incrinato più di una certezza.

Il 25 gennaio 1995 un giovane e boccoloso Del Piero, nella sua prima stagione da protagonista assoluto, dice ai microfoni “Dobbiamo cogliere i tre punti” usando un termine più consono a una passeggiata in un prato fiorito più che a un derby. E il Toro, di contrasto, vincerà di rabbia.

Alla mezz'ora Rizzitelli ha già portato due volte in vantaggio i granata, ma in entrambi i casi Vialli ha impiegato due minuti per pareggiare. Quando Angloma segna il 3-2 al 39esimo qualcuno tira fuori il pallottoliere in attesa di una brutale riscossa bianconera, ma il portiere torinista Pastine ha deciso di scrivere il suo nome nella storia di questa sfida e chiude la saracinesca, respingendo addirittura un rigore di Ravanelli. Pura epica granata.

Il 26 aprile 2015 sono passati vent'anni e novantuno giorni da quella gara e stavolta Torino e Juventus si scontrano al Comunale. È il derby cittadino numero centoquaranta nella serie A a girone unico, il centottantottesimo in totale.

È la prima stagione di Massimiliano Allegri sulla panchina bianconera e i suoi, spronati dal solito gesto con le mani a predicare “Halma, halma”, sono entrati in semifinale di Champions League per la prima volta dopo dodici anni, pareggiando 0-0 contro il Monaco in una partita da due tiri complessivi nello specchio della porta in tutta la gara. Allegrismo in purezza.

La Juve, se si verificassero incroci matematici complessi ma non impossibili, potrebbe festeggiare il quarto Scudetto consecutivo con addirittura sei gare d'anticipo in casa dei rivali cittadini, ma il Toro è più che mai pronto a vendere cara la pelle. All'Olimpico non può succedere.

Prima della gara, il pullman dei bianconeri è stato assaltato da un'orda di scalmanati sedicenti supporter granata che hanno lanciato ortaggi, uova, sassi, bengala e nel culmine del parossismo pure una bomba carta. Il clima è fuori controllo.

Marotta commenta incolpando la stampa: “Un fatto frutto anche di alcuni giornalisti che spesso usano un linguaggio assolutamente contro di noi”. Cairo, che festeggia il decennale da presidente con la squadra che si gioca la qualificazione Uefa, si lancia in azzardati paragoni storici: “Una volta c'erano i guelfi e i ghibellini, adesso gli scontri per le partite di calcio”. Alcuni sostenitori bianconeri sfoggiano il consueto, disdicevole, umorismo nero: “Quando volo, penso al Toro” compare su uno striscione in tribuna. E di nuovo piovono bombe carta.

La partita di calcio sembra quasi un evento di contorno in questo clima esasperato, ma in campo gioca un signore che tra poche settimane compirà trentasei anni ma che all'andata ha regalato la vittoria ai suoi con un destro meraviglioso al 93esimo: Andrea Pirlo.

Matri spreca dopo dieci minuti l'1-0 su un suo lancio illuminante, poi quando al 35esimo Gazzi regala un calcio di punizione alla Juve, il Maestro sfodera una delle sue “maledette” inchiodando Padelli sulla linea di porta. Traversa, riga, gol della Juve.

L'1-0 è però bugiardo e il brasiliano Bruno Peres – pure lui all'andata ha firmato il gol della vita dopo un'avanzata solitaria a velocità da acqua scooter attraverso la difesa avversaria – tortura la non irreprensibile catena di destra bianconera Padoin-Sturaro. A pochi istanti dall'intervallo si apre su quel lato uno spazio per Quagliarella e la punta del Torino mette il più classico dei cross filtranti a rimorchio per Darmian, che in corsa ha effettuato un taglio da sinistra. Il controllo di quello che oggi è il tuttofare di Simone Inzaghi è rivedibile – “Il gol? È uno stop palesemente sbagliato” dichiarerà – ma Bonucci arretra colpevolmente a protezione della linea di porta, Buffon non esce e quindi la strana palombella prodotta dal suo primo controllo maldestro diventa un lancio per se stesso nell'area piccola, da dove segna l'1-1 con cui si va al riposo.

Quando il Toro vinceva 3-2 nel 1995, Quagliarella era “Ancora a Castellammare, con la speranza di diventare un giocatore”, mentre all'ottavo della ripresa è in abiti da rapace dell'area di rigore e su una discesa a sinistra del solito Darmian, servito da un El Kaddouri in versione califfo, è fulmineo nel deviare in gol il 2-1. Festeggiato a suo modo: come già contro Samp, Udinese e Napoli, tutte purgate da ex in quella stagione, pure dopo il gol alla Juventus il Quaglia sfoggia la contrizione d'ordinanza. “Ho segnato a tutte le mie ex squadre quest'anno e non ho esultato per rispetto” dirà, ma intorno a lui è festa grande. Il Torino è in vantaggio.

La Juve prova a pareggiare in tutti i modi, ma né Pirlo con un'altra punizione, né lo sciagurato Matri di testa e di piede, né un redivivo Sturaro riescono ad andare più in là del palo. “Perdere il derby brucia, ma avanti senza ansia” predica Allegri con la solita halma.

Lo Scudetto più veloce dell'era dei tre punti arriverà due settimane dopo perché quel giorno ci sarà spazio solo per una festa che il Toro attende di replicare da quasi dieci anni. Sarà il 2025 l'anno buono?

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