Leggi Guerin Sportivo
su tutti i tuoi dispositivi
Il fascino del "Penzo", un nome che è un marchio internazionale e una proprietà americana abile. La storia del pallone in laguna vanta nomi illustri – Mazzola, Vieri e l'attuale commissario tecnico della nazionale - e anche rovesci improvvisi, senza perdere l'attitudine a rinascere
Chiunque abbia avuto la fortuna di vedere una partita allo stadio Penzo, non può non aver provato almeno un pizzico di emozione nell'approssimarsi della riva dell'isola di Sant'Elena, un istante prima che i marinai del battello leghino le cime per ormeggiare. Il secondo stadio più antico d'Italia, dietro al Ferraris di Genova, fa capolino dietro un bel viale di platani, oltre uno dei tanti canali che hanno reso grande la Serenissima, e di per sé vale il prezzo della visita.
Il marchio “Venezia”, inteso come città, oggi è uno dei più conosciuti a livello mondiale, e l'attuale proprietà americana della squadra – che sa fare bene i suoi conti – ci ha costruito intorno una campagna marketing importantissima che ha reso le maglie neroarancioverdi un articolo modaiolo molto ricercato e l'evento partita un must per ogni tour turistico che si rispetti.
La squadra, almeno negli ultimi anni, se n'è giovata, riuscendo a risalire in A dopo tanto penare nelle serie inferiori, ma i tifosi storici non smettono di considerarla una sorta di ibrido da quando Zamparini nel 1987 decise di accorpare Venezia e Mestre. Allo stadio risuona spesso il coro VeneziaMestre, tutto attaccato, e si preferisce chiamare la squadra “Unione” (da Football Club Unione Venezia, nome ufficiale dal 2009) più che “Venezia” come facciamo noi profani. L'arancione, dopotutto, viene dalla “terraferma”, come qui si considera Mestre, mentre i colori della squadra che vinse la coppa Italia nel 1940-41 e raggiunse il terzo posto nel campionato dell'anno successivo – miglior piazzamento a girone unico – erano solo il nero e il verde.
Era il Venezia di Valentino Mazzola ed Ezio Loik, che prima di morire nella tragedia di Superga e scrivere pagine di storia del calcio con il Grande Torino, portarono i lagunari ai vertici del calcio italiano per un paio di anni. Appena prima che la Seconda guerra mondiale trasformasse il mondo in qualcosa di completamente diverso e la Serenissima in un angolo remoto, negletto e un po' decadente: tra bacari, cicchetti, molte ombre di vino e decisamente troppi turisti.
Oltre a loro, nei ruggenti Quaranta dell'Associazione Fascista Calcio Venezia c'erano pure Sandro Puppo, recordman di presenze in A della squadra prima di diventare allenatore giramondo tra la nazionale turca, il Barcellona, il Besiktas e la Juventus, e Francesco Pernigo, ancora miglior marcatore in massima serie dei lagunari con quarantacinque centri complessivi.
L'ultima stagione in A prima di un lungo periodo di buio, costellato da problemi economici, è del 1948-49, poi sino all'arrivo dell'imprenditore Anacleto Ligabue nel 1960-61, nella carica di commissario straordinario, il Venezia non entra più a far parte dell'élite. In quella stagione, i lagunari conquistano il primo posto in B grazie ai gol di “Gino” Raffin e nella successiva – presidente il conte Volpi di Misurata – si tolgono la soddisfazione di regolare al Penzo il Milan futuro campione con un 2-1 e di finire davanti alla Juventus, battuta addirittura 3-0. L'anno dopo, tuttavia, sarà di nuovo retrocessione.
Risalito nel 1962-63, il Venezia – nonostante schieri l'ex attaccante del Real Madrid Juan Santisteban e il nazionale turco Can Bartù – conclude il campionato penultimo. Rivedrà la A nel 1966-67, con Ferruccio Mazzola tra le fila, ma un altro diciassettesimo posto decreterà la fine delle maglie neroverdi in A, poiché quando vi farà ritorno addirittura trentuno anni dopo l'unione con il Mestre sarà cosa fatta.
Dopo aver conquistato la B con Zaccheroni a inizio anni Novanta – con Zamparini presidente – il Venezia risalirà finalmente la corrente del calcio italiano nel 1997-98, con Novellino in panchina e Marotta dirigente. Dopo una prima parte di stagione che sembra condannare i lagunari a una nuova retrocessione in cadetteria, l'arrivo in prestito dall'Inter dell'uruguaiano Recoba cambia le carte in tavola, scrivendo una pagina indelebile di calcio nostalgico anni Novanta.
Da subito, il giocatore più amato dal presidente Moratti si integrerà alla perfezione nella nuova realtà e con “Pippo” Maniero riuscirà a creare una coppia gol straordinaria, capace di segnare addirittura ventitré gol in mezza stagione: undici il “Chino”, dodici lo spilungone padovano.
Con il ritorno all'ovile di Recoba e la partenza di Novellino, l'anno successivo arriva Spalletti, ma la squadra non ripete il miracolo e finisce sedicesima. In B è Prandelli a prendere le redini della panchina e a riportare la squadra in A, ma nonostante altri diciotto gol di Maniero e talenti tra i più amati dal sottobosco dei fantacalcisti come Ighli Vannucchi, Mario Alberto Santana e “Re Artù” Di Napoli, il Venezia chiude ultimo. Ceduto da Zamparini, a cui non permettono di rifare lo stadio come sognerebbe, con i conti in disordine e qualche debito di troppo, il Venezia non riesce più a uscire dalla crisi e comincia a sprofondare. Nel 2004-05 retrocede in C1 e poi fallisce.
Dopo anni tra i Dilettanti e in Seconda Divisione, i lagunari si ripresentano in B nel 2017-18 con “Pippo” Inzaghi in panchina, ma è solo nel 2020-21 con Paolo Zanetti che riconquistano la A, chiudendo il campionato quinti ma vincendo i play-off a sorpresa.
La creazione di una vera e propria multinazionale, con novantuno giocatori tra americani – Busio e Tessmann, protagonisti dell'ultima promozione – quattro islandesi, un norvegese, francesi, marocchini, polacchi, sloveni, brasiliani, finlandesi, bosniaci, israeliani, svedesi, nigeriani e addirittura la stella portoghese in declino Nani, attira molta curiosità intorno alla squadra di Zanetti ma scarsi risultati. Dopo una discreta prima parte di stagione, il Venezia chiude ultimo: di nuovo B.
Mister Vanoli e bomber Pohjanpalo ci hanno messo due stagioni per rimettere le cose a posto e, stavolta, dalle parti di San Marco tutti si augurano possa durare un po' più a lungo che in passato. Non vorrete mica togliere di nuovo alla serie A l'emozione di un giro in battello sul Canal Grande?
Condividi
Link copiato