Leggi Guerin Sportivo
su tutti i tuoi dispositivi
L'estremo difensore di Cesena è stato il guardiano dei pali rossoneri dal 1990 al 2002: il ceffone a Bucchi gli costò il posto
Può una figurina invecchiare mai sul serio? No, al massimo compie gli anni, ciclicamente con cifra tonda, come capita oggi a Sebastiano Rossi, nato sessant'anni fa a Cesena, con nel destino una statura quasi da NBA, soprattutto per l'epoca in cui ha giocato, e mani che avrebbero afferrato una carriera memorabile, condendola con la spezia di una protratta imbattibilità; schiaffeggiando via palloni dai nidi di rondine all'incrocio dei pali così come dai formicai degli angoli bassi.
Il "Zeséna", come vuole la inconfondibile cadenza romagnola, la sua culla: Rossi ne difende la porta come titolare dal 1986 al 1990, dopo la trafila delle giovanili e qualche escursione non troppo lontano da casa (Forlì, Empoli, Firenze con la Rondinella Marzocco). Nell'estate del Mondiale italiano il suo presidente, l'istrionico Edmeo Lugaresi (ricordate quando "Mai dire gol" proponeva gli stralci delle sue interviste?), lo cede al Milan. "Quel" Milan. Lo squadrone che secondo Arrigo Sacchi aveva già dato il meglio di se stesso ma che, una volta in mano a Fabio Capello, avrebbe (ri)aperto un ciclo memorabile: quattro scudetti con il tecnico friulano tra il 1992 e il 1996, anche se Sebastiano Rossi ne culla tra i guanti uno in più, quello vinto con Alberto Zaccheroni alla guida. Inoltre, mette in bacheca la memorabile Coppa dei Campioni del 1994 vinta contro il Barcellona di Cruijff, due Supercoppe europee e tre Supercoppe italiane.
"Un fenomeno paranormale. Il più forte psicologicamente. Prendevo ogni anno un portiere per sostituirlo, poi lo uccideva pian piano psicologicamente e tornava in porta": così Adriano Galliani per descrivere il carisma e la prepotenza fisica di Rossi, un metro e novantasette di esuberanza fisica e strafottenza esibita ad arte, che oltre a farne il giocatore più alto della Serie A gli consentivano anche di coprire la porta in lungo e in largo; perché oltre a essere un gigante, con proporzioni che in quegli anni risaltavano un poco di più rispetto a ora, era anche reattivo ed esplosivo, come da un lungagnone non ci si aspetterebbe.
L' avvicendamento a un certo punto lo subì davvero, per colpa sua e non per un calo di prestazioni: durante Milan-Perugia della stagione 1998-99 scontò cinque giornate di squalifica a causa di un pesante ceffone rifilato all'avversario Christian Bucchi. Il posto nella porta rossonera se lo prese un altro Christian, Abbiati e quello fu il giro di boa della sua parabola al Milan. Rossi lascerà la società dopo essere diventato il terzo portiere, capo carismatico a far da chioccia ad Abbiati e Dida, al termine della stagione 2001-02. Un'ultima stagione al Perugia - ironia della sorte - dove chiude una storia lunga 346 partite, nel corso delle quali oltre a vincere continuativamente da milanista, ha il tempo di lasciare in dote alla nostra Serie A un record di imbattibilità di 929 minuti, con il quale supera i 903 di Dino Zoff e che verrà a sua volta scavalcato da Gigi Buffon nella stagione 2015-16, che resterà imbattuto 45' in più.
Dopo essersi sfilato i guanti a trentanove anni, ha lavorato come preparatore dei portieri nella Primavera del Milan. In seguito ha vissuto anni di intemperanze e qualche disavventura giudiziaria, che lo hanno relegato agli oneri della cronaca, per così dire, dopo che ne aveva meritato così a lungo gli onori. Oggi lo ritroviamo che lavora di nuovo col Cesena, come coordinatore dello staff che cura la preparazione dei portieri. Ci sono destini che temporaneamente sfuggono di mano ai loro stessi protagonisti, deviando dal loro corso. Riacciuffarli con la presa di Sebastiano Rossi vuol dire essere in grado, prima o poi, di farli tornare a casa.
Condividi
Link copiato