Il tacco di Ibra a Euro 2004

Il tacco di Ibra a Euro 2004

La prodezza dello svedese segna la partecipazione azzurra in Portogallo: un "biscotto" amaro ma è nata una stella

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Se non fosse stato per il famigerato “biscotto” con la Danimarca, il gol di Ibra all'Italia del 18 giugno 2004 si potrebbe pure riguardarlo con ammirazione. Se in quell'Europeo tifavi Azzurri, è difficile separare i due momenti. Scindere l'eleganza di un gesto tecnico superlativo dal feroce senso d'ingiustizia per aver subito un'eliminazione da imbattuti a causa di un – presunto – accordo sottobanco. Il risultato di 2-2 – verificatosi tre volte prima di allora in novantasette sfide tra le due scandinave – secondo le statistiche si verifica in appena 4,7 partite su cento, ma in quello Svezia-Danimarca di fine girone è ineluttabile come la morte e le tasse. Ma la colpa è del tacco di Ibra.

 

La fiducia per Euro 2004

 

L'Italia di Trapattoni, dopo il Mondiale in Corea e Giappone affronta l'Europeo del 2004 circondata da un insolito ottimismo. E se si osserva la rosa se ne comprendono i motivi: il primo posto nel gruppo C sembra sicuro.

Trapattoni, tuttavia, preferisce un Bobo Vieri in declino al rampante Gilardino – lasciato inopinatamente a casa per Corradi – e un Del Piero in crisi al Cassano che a Roma duetta con Totti che è un piacere.

Il Capitano giallorosso, nei mesi cruciali in cui sarebbe potuto passare al Real Madrid, spera nella consacrazione definitiva all'Europeo per puntare al Pallone d'oro, che all'epoca è un po' il suo chiodo fisso, ma senza colpo ferire si mette subito fuori causa da solo a inizio torneo.

All'esordio a Guimarães ci troviamo di fronte i danesi, e la prestazione dell'Italia è considerata quasi all'unanimità “avvilente”. In mezzo a uno 0-0 in cui Del Piero è evanescente e Vieri caracolla pesante e tormentato da infiniti dolori, Totti sputa a Poulsen, il suo diretto marcatore.

Al netto di un discutibile codino, il romanista era l'uomo su cui si fondavano le speranze nazionali, ma il giorno dopo la partita la tv danese lo inchioda e la stampa lo irride: “Den italienske lama” senza che ci sia bisogno di tradurre.

Travolta dal solito caos mediatico, l'Italia si appresta ad affrontare i “lampioni” svedesi, che all'esordio hanno battuto 5-0 la Bulgaria. Ibra non ha ancora compiuto ventitré anni, ha segnato il quarto gol della gara e ha già dimostrato colpi straordinari. Siamo già in crisi.

Non è ancora un “bomber da grandi numeri”, come scritto dalla “Gazzetta dello Sport”, ma i suoi piedi educati non sono passati inosservati nonostante il fisico statuario e un carattere “burrascoso”. Già nel 2004 si raccontava l'aneddoto della lite in spogliatoio con l'egiziano Mido che per poco non gli trapassa la testa lanciandogli un paio di forbici. Nesta lo ha marcato nella doppia sfida dei quarti di Champions del 2002-03 e, a San Siro, sono state scintille tra insulti, spinte e gestacci.

Per battere gli svedesi, Trapattoni spariglia le carte e fa il misterioso con i giornalisti, anche se è certo che sarà Cassano, in gran forma, a fare le veci di Totti.

Dall'altro lato, la Svezia e Ibrahimovic ostentano la calma di chi non ha nulla da perdere, consapevoli di poter tranquillamente attendere gli Azzurri forti della miglior differenza reti acquisita grazie alla goleada contro i bulgari.

 

Italia-Svezia

 

L'Italia parte frizzantina e senza il caldo opprimente delle quattro di pomeriggio, l'orario della gara giocata coi danesi, le gambe sembrano più sciolte e il gioco ci guadagna.

All'Estadio do Dragão di Oporto, Cassano e Del Piero dialogano palla a terra che è un piacere, Zambrotta scende in fascia sinista a folate continue e Pirlo, preferito a Cristiano Zanetti, dimostra la consueta rapidità di pensiero. Se Vieri e lo stesso dieci juventino – per l'occasione con la maglia numero sette – non avessero sprecato alcune buone occasioni, saremmo potuti andare all'intervallo con un risultato più largo dell'1-0. Per poco Ibra non ci ha fulminati con un sinistro sottomisura dopo uno scambio con Ljungberg, ma è stato Cassano a trovare il gol con una spizzata di testa.

Dopo l'intervallo, l'Italia gioca un altro buon quarto d'ora, poi si fa contagiare dalla prudenza di Trapattoni e rincula. Escono Cassano per Fiore e poi Gattuso per Favalli, così ci impostiamo su un 4-4-2 classico che ci porta a schiacciarci in area.

Mattias Jonson impegna Buffon a una grande parata alla mezz'ora, quindi si ripete poco dopo mandando fuori. Trapattoni continua a togliere punte per rinforzare la mediana e sostituisce Del Piero con Camoranesi, isolando lo zoppicante Vieri. E a cinque minuti dalla fine, su un corner dalla sinistra, avviene il fattaccio.

Källström mette lungo sul secondo palo. Uno dei tanti “lampioni” gialli presenti in area la allunga di testa. L'ex Bari Marcus Allbäck la ributta verso il centro con un campanile. Lo statuario capitano Olof Mellberg, volando in cielo, gira verso l'area piccola. Ljungberg, disturbato da Zambrotta, non riesce ad arrivarci in rovesciata e la palla, con un rimbalzo, schizza a circa un metro e ottanta di altezza. Buffon zompa fuori dalla linea di porta, pronto a colpirla con un pugno, ma Ibra lo anticipa e in torsione, con un colpo di Taekwondo, pesca una palombella di tacco.

Vieri, sul palo, statico e piantato come una monade, è il convitato di pietra dell'azione. L'elemento drammatico della festa svedese. Rigidità immobile che si frappone alla plasticità liquida del gesto di Ibrahimovic. Prova a saltare, ma è talmente goffo che al cronista della tv inglese scappa un risolino, osservando il replay, la palla lo scavalca ed entra all'incrocio.

“Io mi posso guardare allo specchio, voi no. Sono più uomo io di tutti voi messi insieme” tuonerà in una celeberrima conferenza stampa il giorno seguente, criticando i giornalisti che raccontavano di una lite tra lui e Buffon. Trap gli preferirà Corradi dall'inizio nell'ultima, disperata partita contro la Bulgaria, che l'Italia vincerà all'ultimo tra urla isteriche ma che verrà vanificata dal 2-2 dei nordici.

Ibra, passerà il turno e andrà alla Juventus a settembre, per sedici miliardi. Del Piero, Buffon e il campionato italiano tutto, lo accoglieranno a braccia aperte.

Perché, malgrado tutto, il 18 giugno 2004 è nata una stella. E ha abbagliato tutti volando in cielo con un colpo di tacco.

 

 

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