Bologna, Bernardini e lo scudetto allo spareggio

Bologna, Bernardini e lo scudetto allo spareggio

7 giugno 1964 si giocò il primo e unico spareggio che ha assegnato il tricolore: si sfidarono i felsinei e l'Inter del "Mago" Herrera. Fu gloria per i rossoblù

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Il campionato di Serie A 1963-64, uno dei più roventi ed intrisi di polemica della storia del calcio italiano, non poteva che terminare (caso unico e irripetibile) con una coda inattesa: uno spareggio in campo neutro tra le due formazioni giunte prime a pari punti, il Bologna e l’Inter. Rossoblù e nerazzurri hanno dato vita ad un intenso ed appassionante duello che è durato almeno dall’inizio del girone di ritorno, quando le due squadre hanno di fatto iniziato a fare il vuoto staccando le concorrenti: solo il Milan ha cercato fino all’ultimo di interrompere il cammino delle duellanti, senza successo. E pensare che questo appassionante testa a testa avrebbe potuto essere rovinato da una presunta storia di doping, che ha rischiato seriamente di compromettere la stagione degli emiliani. Parliamo del 4 marzo 1964, quando la Federcalcio annuncia che cinque giocatori del Bologna, tutti titolari dell’undici petroniano, erano risultati positivi al controllo antidoping, dopo la partita vinta 4-1 sul Torino di Nereo Rocco, giocata il 2 febbraio 1964. La giustizia ordinaria decreta allora il sequestro delle provette, ma i controlli dei carabinieri sono contraddittori: le provette presenti alle Cascine mostrano la presenza di anfetamine nelle urine; tuttavia, i contenitori risultavano privi di sigillatura e custoditi con metodi poco ortodossi. Gli esami dei flaconi presenti a Coverciano, invece, danno risultati totalmente negativi. Anche la giustizia sportiva, nel frattempo, si muove in maniera incerta: assegna la vittoria per 2-0 a tavolino al Toro, penalizza di un punto il Bologna, squalifica per un anno e mezzo il tecnico Fulvio Bernardini, ma assolve completamente i giocatori. Questo assurdo verdetto viene annullato dal C.A.F. il 16 maggio con la motivazione che non era stato possibile effettuare le controanalisi. Qualche anno più tardi, una ricerca del giornalista Italo Cucci svelerà che questa storiaccia era stata una semplice macchinazione per colpire il Bologna. Negli Anni Novanta, inoltre, il dottor Dalmastri, medico sociale del Bologna di quegli anni, confesserà che Gipo Viani (allora Direttore Tecnico del Milan) gli aveva rivelato, solo qualche anno dopo lo scoppio del caso (presumibilmente quando Viani divenne tecnico del Bologna nella stagione 1967/68), di essere stato lui stesso l’ideatore del “complotto”.

La vigilia dello spareggio non solo è infuocata, ma addirittura tragica perché il 3 giugno 1964, durante un’accesa riunione in Lega Calcio, il cuore sempre generoso del presidente bolognese Renato Dall’Ara cessa di battere all’età di 62 anni. Dall’Ara è il presidente del Bologna Football Club dal lontano 1934 ed è stato il grande artefice del Bologna “che tremare il mondo fa” che tra il 1934 (primo anno della gestione Dall’Ara) ed 1941 ha vinto quattro scudetti ed il Trofeo dell'Esposizione a Parigi nel 1937 (una sorta di Coppa Campioni “istantanea”). Nel dopoguerra Dall’Ara, un personaggio assai pittoresco e ruspante, che si esprimeva con citazioni spesso rivedibili (“Per il settore tecnico c'è l'allenatore. Fiat lux, faccia lui. Altrimenti sine qua non, siamo qui noi”), non riesce a ripetere le vittorie degli anni Trenta, incapace di risollevare il suo Bologna dall’aurea mediocritas della metà classifica. Nel 1961, però, Dall’Ara ha finalmente l’intuizione buona e decide di affidare la Direzione Tecnica della squadra all’uomo giusto, il dottor Fulvio Bernardini, già tecnico della Fiorentina scudettata nel 1955-56. Il “dottor Pedata” è uomo di grande spessore intellettuale oltre che calcistico, è una persona abituata a pensare calcio e non solo limitarsi a gestire l’ordinario come fanno il 90% dei suoi colleghi. Il tecnico romano imbastisce così una squadra ricca di “piedi buoni”, dove, di fatto, non ci sono distruttori di gioco o interditori. Quel Bologna probabilmente raggiunse il suo picco nella stagione 1962-63, allorquando, dopo un roboante 7-1 inflitto in un derby ai cugini del Modena, Bernardini se ne era uscito con uno dei suoi tanti celebri aforismi “così si gioca solo in Paradiso!”. Tuttavia, alla fine della stagione il Bologna termina solo quarto, perché ha sì un attacco dinamitardo (con i vari Perani, Nielsen, Haller, Pascutti), ma dietro non ha ancora una retroguardia salda con i 3 portieri (Santarelli, Rado, Cimipel) che non offrono garanzie di rendimento costante. La lacuna far i pali viene colmata nell’estate del 1963, grazie all’acquisto di William Negri, detto “Carburo” da Mantova ed il Bologna, oltre che essere una squadra bella, diventa anche una squadra compatta e difficile da superare, proprio come la sua grande avversaria, l’Internazionale, allenata da Helenio Herrera.

Il Mago è un po’ la nemesi delle idee calcistiche “bernardiniane”, è infatti un tecnico che predilige giocatori veloci e di sostanza e costruisce una squadra aggressiva e briosa, secondo i crismi del suo “taca la bala”. Alla vigilia dell’incontro né Herrera né Bernardini rilasciano dichiarazioni. Il Bologna è in ritiro da una settimana a Fregene e ha come indisponibile il solo Pascutti, l’unico presente della squadra bolognese ai funerali del proprio storico presidente svoltisi il 5 di giugno. L’Inter invece, che undici giorni prima si era laureata campione d’Europa a Vienna contro il Real Madrid, arriva nella Capitale con due pezzi da novanta come Jair e Suárez in forse, tanto che il Mago fino all’ultimo pensa di far giocare il tedesco Szymaniak al posto del galiziano e il semisconosciuto Petroni in sostituzione della funambolica ala brasiliana (ma è probabile che il tutto facesse parte della proverbiale pretattica del Mago). Bernardini, invece, annuncia alla stampa la presenza all’ala sinistra del naturale sostituto di Pascutti, Mimmo Renna, mentre il suo naso probabilmente iniziava ad allungarsi come quello di Pinocchio. Il tecnico romano, infatti, ha in serbo una mossa molto audace, rivelatasi poi vincente, per mettere in scacco il Mago ed il suo squadrone, ma nessuno deve saperla!

 

Le due squadre

 

Alle 17.15 di domenica 7 giugno 1964 allo Stadio Olimpico di Roma, gremito in ogni ordine di posti e con ventimila tifosi nerazzurri al seguito, fa ancora un caldo asfissiante con il termometro che è ancora abbondantemente sopra i trenta gradi. Quando gli altoparlanti annunciano le formazioni delle contendenti, in molti non credono alle proprie orecchie quando, giunto al numero undici del Bologna, lo speaker dell’Olimpico non fa il nome di Renna, ma di un altro quadrupede… Capra! Già Capra, ma chi è costui? Bruno Capra detto “Johnny” di ruolo fa il terzino e nel gruppo rossoblù ha avuto un ruolo importante, perché, essendo altoatesino di Bolzano, è stato fondamentale nell’insegnare l’italiano a quel satanasso di Helmut Haller che, anche grazie anche alle ripetizioni linguistiche del compagno, si è ambientato subito benissimo in Italia. Negri; Furlanis, Pavinato, Tumburus, Janich, Fogli; Perani, Bulgarelli, Nielsen, Haller, Capra: questa è quindi la formazione scelta da Bernardini. Il suo omologo Herrera, dall’altra parte risponde con la sua proverbiale filastrocca, nelal quale ci sono i due assi stranieri a disposizione: Sarti; Burgnich, Facchetti; Tagnin, Guarneri, Picchi; Jair, Mazzola, Milani, Suárez, Corso. Gli esperti di tattica presenti quel giorno afoso all’Olimpico (non molti, ad essere sinceri) capiscono subito l’idea sagace di Bernardini. L’Inter aveva messo ko il Real sfruttando la posizione arretrata della finta ala sinistra Corso ed il “dottor Pedata” pensa subito di risolvere il problema piazzando il terzino Capra sulla fascia destra a fungere da “secondo” libero tra Corso e Facchetti, i due giocatori più pericolosi dell’armata nerazzurra. Per il resto le marcature in casa nerazzurra sono le seguenti: Burgnich-Haller, Guarneri-Nielsen Facchetti-Perani, Tagnin-Bulgarelli con Picchi a chiudere lo schieramento da libero staccato. Il Bologna invece risponde con questi accoppiamenti: Furlanis-Mazzola, Tumburus-Milani, Pavinato-Jair, Fogli-Corso con Janich primo libero dietro alla retroguardia e Capra secondo libero sulla fascia destra. L’unico problema di uno schieramento del genere restava l’assenza di un marcatore fisso su Suárez, così Bernardini ordina a Bulgarelli di restare arretrato e di coprire le incursioni nella sua metà campo da parte del forte centrocampista iberico. Fogli invece, approfittando del fatto che il suo avversario diretto Corso era davvero il “participio passato del verbo correre”, poteva provare spesso l’inserimento nella metà campo avversaria.

 

La cronaca di quell'epico Bologna-Inter 

 

Dopo il primo fischio dell’arbitro Lo Bello entrambe le squadre, invece che iniziare a giocare il pallone, si fermano in silenzio per un minuto assieme ai 61 mila dell’Olimpico: il silenzio lacerante, rotto solo da qualche “Forza Bologna!” e “Forza Inter!” gridato da qualche ragazzino probabilmente ignaro di quanto stava accadendo, commemora al meglio un grande personaggio come Renato Dall’Ara. Poi alle 17.16 le due squadre iniziano a marciare al piccolo trotto, perché il caldo afoso di Roma non consente altro modo di giocare. Nei primi dieci minuti non succede praticamente nulla, con Suárez che viene toccato duramente per ben due volte dai giocatori petroniani, che per una volta sembrano accantonare ogni proposito “belgiochista” del suo tecnico. Il Bologna, infatti, si schiera di fatto con il solo Nielsen in attacco, in quanto Haller e Perani giocano in posizione arretrata in appoggio ad un centrocampo estremamente folto. Alla mediana, infatti, si aggiunge spesso il jolly Capra che, sulla fascia destra si dimostra fin da subito un autentico rebus per l’Inter, tanto che nessun giocatore nerazzurro riesce a schermare i movimenti (in realtà parecchio scolastici) del bolzanino. L’Inter parte con un piglio più offensivo, ma il suo sontuoso centrocampo non ha carburante e così Milani resta anche lui troppo solo sul fronte offensivo. Al 17’ la prima occasione del match: su un lungo lancio di Fogli, Nielsen aggancia bene la sfera in area, ma calcia malamente a lato. Al 20’ Suárez rischia l’autorete su una punizione a due in area calciata da Haller. Il Bologna ha ormai le redini del gioco in mano, passano due minuti e Furlanis, dopo aver rubato palla a Mazzola, serve Nielsen: il tiro del danese però è debole e Sarti para in comodità. Passano altri centoventi secondi ed è ancora Nielsen a rendersi pericoloso, questa volta il numero nove bolognese si libera bene del suo “angelo custode” Guarneri, ma da pochi passi spara su Sarti. Al 27’ l’Inter fa capolino nella metà campo petroniana, Jair calcia da lontano, ma fa solo il solletico a Negri che para in presa. Dopo dieci minuti di gioco stagnante a centrocampo, al 37’ un pallone vagante in area nerazzurra non viene intercettato da nessun attaccante in maglia rossoblù. Due minuti dopo è la Beneamata a farsi sotto con un tiro di Milani, forte e rasoterra, che termina di poco fuori alla sinistra di Negri. L’ultima occasione è nell’unico minuto di recupero concesso da Lo Bello, è ancora Milani a farsi pericoloso, ma la conclusione del centravanti nerazzurro è debole e Negri para con facilità. Il primo tempo si conclude così sullo zero a zero.

 

Secondo tempo: arrivano i gol 

 

La ripresa inizia con una novità tattica in casa bolognese: Bernardini decide di spostare Perani sulla fascia sinistra, rimasta completamente sguarnita nei primi quarantacinque minuti. Al 48’ l’Inter colleziona la sua prima vera occasione con un tiro da lontano di Facchetti, alzato sopra la traversa dalle mani di Negri. Tre minuti dopo il portiere del Bologna sbaglia un rinvio con le mani, Guarneri però, che probabilmente non si aspettava un simile regalo, calcia un tiraccio tra le braccia del portiere stesso. Al 59’ il Bologna colleziona la sua prima occasione: Fogli da lontano calcia un fendente forte e angolato che Sarti para in due tempi. Un minuto più tardi la squadra di Bernardini sciupa un’occasione grossissima: Furlanis, dopo una discesa sulla destra, crossa al centro, Nielsen però tocca appena la palla dopo aver duellato corpo a corpo con Guarneri e riesce solo ad indirizzarla a lato dalla porta di Sarti. La partita si accende all’improvviso e sul ribaltamento di fronte assistiamo ad un classico contropiede da Grande Inter: da Suárez a Mazzola, che serve Milani, il centravanti però ciabatta il pallone a rete da posizione molto invitante. Poi il match si torna a spegnere e dobbiamo aspettare fino al 71’, quando Corso su punizione impegna Negri in una parata in due tempi. Un minuto dopo i rossoblù tornano alla carica: su un cross di Bulgarelli, Nielsen non riesce a deviare il pallone di testa, la sfera giunge così a Perani che calcia a rete a botta sicura, ma viene murato da Facchetti. Ormai c’è solo la squadra petroniana in campo che fa le prove generali del gol: cross di Capra, Sarti non agguanta la palla, rimedia Guarneri che rinvia la sfera. Al minuto settantacinque si sblocca il match: su una punizione dai venti metri Bulgarelli tocca per Fogli, il tiro del mediano viene leggermente deviato dalla barriera e finisce dritto nell’angolo basso alla destra di Sarti, 1 a 0 Bologna. La compagine di Herrera, tramortita dal vantaggio emiliano, non reagisce e due minuti più tardi Haller calcia da posizione defilata, ma il pallone termina sull’esterno della rete. All’81’ ancora Nielsen scatenato: il danese si libera bene di Guarneri in area, ma calcia alto sulla traversa interista. Al minuto ottantatré assistiamo ad un curioso fallo di mano di Haller che a centrocampo agguanta la sfera interrompendo la costruzione del gioco da parte dei nerazzurri, Lo Bello non ammonisce il calciatore tedesco. Trascorre appena un minuto ed il Bologna chiude la pratica: Fogli imbecca Nielsen, che questa volta riesce a liberarsi di Guarneri, piazzando un diagonale imparabile per Sarti, 2 a 0. Ormai l’Inter non c’è più e reagisce appena all’89’ guadagnando una punizione a due nell’area bolognese: il tiro dello stanchissimo Suárez finisce però in curva. Al 90’ il Bologna potrebbe fare il tris, ma Haller calcia a lato da posizione invitante. Poi al triplice fischio di Lo Bello scoppia la gioia del popolo rossoblù, con i giocatori del Bologna che portano in trionfo il loro condottiero Fulvio Bernardini, l’uomo capace nuovamente di rompere l’asse Torino-Milano (dopo l’alloro con la Fiorentina nel 1955/56) donando il settimo (e finora ultimo) scudetto al Bologna.

 

Il post partita dello spareggio 

 

Negli spogliatoi i più ricercati per le interviste sono Romano Fogli e Bruno Capra, reputati i migliori in campo. Fogli afferma: “L’Inter mi è sembrata giù fisicamente, alla fine del primo tempo ho avuto la netta impressione che ce l’avremmo fatta”. Capra spiega con queste parole la sua interpretazione del ruolo di finta ala: “Quando Pavinato spingeva sulla sinistra, Janich si spostava nella sua zona ed io andavo al centro, in questo modo gli interisti non sono mai riusciti a sorprendermi”. In casa nerazzurra Helenio Herrera è amaro, afferma che l’autorete di Facchetti (il gol di Fogli, n.d.a.) è giunto nel momento migliore della sua squadra: “Nel primo tempo il Bologna ci è stato superiore, ma nella ripresa quando ho visto la mia squadra attaccare ho avuto la netta sensazione che solo un miracolo avrebbe dato la vittoria al Bologna”. Per il resto, in casa nerazzurra le bocche sono cucite, nei corridoi del Comunale una foto immortala due campionissimi come Suárez e Picchi piangere abbracciati. Solo il presidente Moratti emette una dichiarazione sibillina: “la partita è finita con l’autorete di Facchetti”. La stagione di Inter e Bologna però non è terminata in quel fatidico 7 giugno 1964 all’Olimpico di Roma: sia nerazzurri che rossoblù, infatti, hanno ancora in programma, qualche giorno più tardi, la sfida di semifinale di Coppa Italia contro Juventus e Torino che perderanno entrambe con un secco 4-1.

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