Quando il flop invernale della Juve si chiamava Henry (e Anelka)

Quando il flop invernale della Juve si chiamava Henry (e Anelka)

Acquisti di gennaio non proprio fortunati, persi nel tempo, pronunciati con accento francese. Per Thierry siamo sul finire del XX secolo; Nicolas toccata e fuga nel 2013

Paolo Marcacci/Edipress

13.01.2024 ( Aggiornata il 13.01.2024 08:01 )

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In due sono riusciti a totalizzare una stagione, ma soltanto per le statistiche degli almanacchi e, nel caso di uno dei due, più per la presenza in rosa che l’utilizzo, visto che anche la metafora del contagocce risulterebbe un eufemismo.
In comune, la nazionalità francese, il fatto di essere arrivati con il mercato invernale e le speranze che la Juventus, sotto diverse guide tecniche, nutriva nei confronti di entrambi. C’è poi da dire che nel caso di uno dei due la carriera, maglia bianconera a parte, ha magnificato la sua grandezza tecnica e realizzativa; per quanto riguarda l’altro è più giusto parlare di grandi occasioni mai del tutto sfruttate, di maglie prestigiose con le quali ha segnato a tratti con apprezzabile regolarità ma che non è riuscito a onorare, anche a causa di ricorrenti intemperanze caratteriali.
Il lettore avrà già compreso che stiamo parlando di Thierry Henry e Nicolas Anelka, arrivati a Torino con la fanfara, rimasti per mezza stagione a testa e rivelatisi men che di passaggio, per così dire.
Indiscutibile il pedigree da attaccanti di razza, per entrambi, pur se con diverse caratteristiche. Cosa allora, non funzionò?

Henry divenne grandissimo

Nel caso di Henry, le criticità furono rappresentate da concorrenza spietata ed equivoci tattici, poi ci si mise anche il cambio di guida tecnica. La chiamata della Juventus come un fulmine a ciel sereno, a gennaio del 1999, dopo il grave infortunio al ginocchio di Alessandro Del Piero. Ventuno miliardi di Lire, un utilizzo da ala o da seconda punta, da parte di Marcello Lippi. I giudizi, dopo le prime partite, ne magnificano l’eleganza ma al tempo stesso cominciano a stigmatizzarne la mancanza di reale incidenza in alcune partite, che poi secondo qualcuno cominciano a diventare troppe. Poi accade che Lippi invece di andar via, come annunciato, a fine stagione, faccia le valigie prima, quindi a febbraio ecco il 4-4-2 di Carlo Ancelotti. Sempre più lontano dalla porta, Henry; sempre più decentrato rispetto all’area. In quella Juventus, del resto, ci sono Zidane, Inzaghi e in ogni caso l’ombra di Del Piero, oltre al fatto che in attacco Moggi e il resto della dirigenza hanno preso anche Esnaider. A un certo punto ci si mette anche Gianni Agnelli, con uno dei suoi giudizi che si tramutano in una sorta di stigma, quando dice che Henry rischia di essere «Bello ma inconcludente». Non verrà fatto nulla per avvicinarlo alla porta, mai. A volte gli viene chiesto di fare una mano persino sulla linea mediana. Due gol alla Lazio, uno al Venezia, poi la premessa di una permanenza per la stagione successiva, anche se Moggi vorrebbe utilizzarlo come pedina di scambio sul mercato. Per sua fortuna, per una di quelle apparenti casualità che poi tali non sono, quando incontra Arsène Wenger, già sua guida al Monaco, in aeroporto, il vecchio maestro riesce a convincerlo con un pugno di parole: «Non perdere tempo a giocare sull’ala, tu sei un numero nove». Ai primi di agosto, Henry finisce all’Arsenal, sotto la guida del santone francese. Il resto è storia di gol a grappoli e giocate sontuose, anche con la maglia della Nazionale francese; nel confronto speculare con ciò che avrebbe potuto essere, resta il più grande rimpianto bianconero dell’era recente.

 

 

Le tre volte di Anelka

 

Tre spezzoni per 45’ in totale: questi invece i sei mesi da juventino di Anelka. La chiudiamo qui? Beh, la stessa cosa, più o meno, dovettero pensarla Antonio Conte e il suo staff, per un attaccante che aveva vestito già le maglie di Real Madrid, Liverpool e Chelsea, tra le altre, ma che nella sessione invernale del 2013 arriva a Torino dopo un’esperienza in Cina con lo Shanghai Shenua. Grandi aspettative, feeling mai scattato, impegno in allenamento ma un atteggiamento da star che non traduceva, forse, alcuna disponibilità al sacrificio tattico. Classe ‘79, dopo quella mezza stagione di militanza juventina molto relativa, Anelka ormai ultratrentenne se ne andrà al West Bromwich nell’estate del 2013.

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