Leggi Guerin Sportivo
su tutti i tuoi dispositivi
Fondati dagli inglesi nel 1893, i rossoblù sono la più antica squadra italiana. Dai primi scudetti alle retrocessioni, le loro vicende rappresentano da sempre passione e tradizione
Il 7 settembre 1893 è stata una data storica per il Genoa Cricket and Football Club, quella che ne ha segnato la prima origine e sancito la formazione. In qualche modo, però, fu una data storica per tutto il calcio italiano, che con la nascita della società ligure scrisse la sua prima pagina ufficiale da consegnare agli archivi.
Illustrazione di Andrea Buongiorno BuonG (www.buong.it)
Anche se di italiano c’era ben poco in quel club che venne fondato un giovedì sera in via Palestro 10 presso la sede del consolato britannico. Luogo non casuale, dal momento che il pugno di uomini che prese quell’iniziativa era per intero suddito di Sua Maestà la regina Vittoria. Negli anni seguenti all’apertura del canale di Suez, infatti, Genova era diventata un crocevia importante di traffici marittimi e commerciali, non solo del Mediterraneo, e numerose compagnie inglesi operavano stabilmente nel capoluogo ligure, portandovi i loro concittadini a viverci per lunghi periodi dell’anno. Nasceva, così, la necessità di esercitare in terra straniera quelle attività che, nella madrepatria, da diversi anni si erano diffuse come nuovi passatempi. Inizialmente il calcio non venne contemplato tra quelli che i soci del Genoa Cricket and Athletic Club avrebbero praticato: la mancanza del football nel nome ufficiale non era casuale, dal momento che i primi soci preferivano dedicarsi al cricket e alla pallanuoto, probabilmente perché il calcio era considerato troppo vicino alle classi più popolari. Affinché gli venisse riconosciuta la dovuta importanza bisognerà attendere il 1896, anno in cui entrò a far parte del Genoa il dottor James Richardson Spensley, un medico inviato nel capoluogo ligure per assistere gli uomini degli equipaggi delle navi carboniere inglesi che stazionavano nel porto. Personaggio poliedrico (fu anche giornalista e scrittore, tra l’altro tra i promotori dei primi “Boy Scout” italiani), Spensley era un grande amante del calcio, motivo per cui fece in modo che il gioco che tanto lo appassionava venisse promosso all’interno del club. Grazie alla sua iniziativa, nel 1897 venne allargata anche agli italiani la possibilità di diventare soci del Genoa mentre due anni più tardi fu lui a sostenere il cambio del nome della società nell’attuale Genoa Cricket and Football Club.
Il calcio, ormai, cominciava a essere sempre più radicato non solo nelle attività del club ma anche nel tessuto sociale italiano tanto che, nel 1898, venne disputato il primo campionato che designò la prima squadra campione. E quale avrebbe potuto essere se non il Genoa, che nel torneo quadrangolare giocato l’8 maggio al Velodromo Umberto I di Torino, si aggiudicò il titolo sconfiggendo gli avversari tra mattina e pomeriggio? Era il calcio degli albori, quello dei pionieri (non a caso, nel 2013, i rossoblù sono stati inseriti nel "Club of Pioneers", l’associazione riconosciuta dalla FIFA che raggruppa le società di calcio più antiche e storiche del mondo) nel quale i genovesi risultarono quasi imbattibili, vincendo tutte le edizioni del campionato nazionale dal 1898 al 1904 con la sola eccezione del 1901, stagione nella quale lasciarono la gloria al Milan. Anno importante, quel 1901, perché fu proprio allora che venne adottata per la prima volta la maglia a quarti rossoblù, che aveva l’intento di rendere omaggio ai colori della bandiera del Regno Unito, la Union Jack.
La diffusione della popolarità del calcio andò a braccetto col rafforzamento delle altre squadre appartenenti alla Federazione. Juventus, Milan, Pro Vercelli e Inter rubarono spazi sempre più rilevanti in campionato, che il Grifone tornò ad aggiudicarsi nel 1915, nel 1923 e nel 1924. Ma fu lì, proprio ad un passo dalla decima affermazione, che i rossoblù si fermarono nell’inseguimento di quella stella che, ancora oggi, appare una chimera.
Nel 1937 arrivò la vittoria in Coppa Italia a mitigare momentaneamente un declino sportivo che, nel tempo, ha relegato il Genoa al rango di nobile decaduta del nostro calcio, tra salvezze acquisite col cuore in gola, amare retrocessioni e, addirittura, l’onta della terza divisione, inflitta l’ultima volta nel 2005 per un illecito sportivo dopo che, sul campo, la squadra era stata promossa in serie A. Ma nella storia rossoblù si iscrivono anche i ruggiti europei di Anfield (prima compagine italiana a vincere a Liverpool il 18 marzo 1992) che portarono il Grifone a giocare la semifinale di Coppa Uefa e le figure iconiche di personaggi come Roberto Pruzzo, Thomas Skuhravý, Gianluca Signorini, Pato Aguilera. Uomini che hanno saputo infiammare la gradinata Nord di Marassi, irrimediabilmente legata al destino di una squadra che, a prescindere dai risultati, irrora la città di un fiume di passione che trova ripiego negli anfratti di una malinconia radicata nei mugugni dei genovesi e nei percorsi dei carruggi, nei quali si perde la speranza di ritrovare i brandelli della nobiltà perduta. Una nobiltà che profuma di storia, di cuoio cucito a mano, di campi irregolari e polverosi e di scarpini pesanti come ferri da stiro. Nel calcio di oggi massacrato dal denaro, i 130 anni del Genoa sono un balsamo che sa di purezza.
Condividi
Link copiato