Palanca, tra Catanzaro e Napoli, il bomber del calcio d’angolo

Palanca, tra Catanzaro e Napoli, il bomber del calcio d’angolo

Settant’anni per il simbolo dei campioncini di provincia: provò il salto nella grande metropoli, ma divenne la bandiera della Calabria che ce la faceva in Serie A

Paolo Marcacci/Edipress

21.08.2023 ( Aggiornata il 21.08.2023 07:01 )

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Riccioli scuri, fitti, e folti baffi d’identico colore: a vedere il suo primo piano nelle figurine dell’epoca, ci sarebbe stato da scommettere che fosse nato in un qualche punto d’Italia da Napoli in giù, se non fosse stato già così noto e così, a suo modo, leggendario. Perché Massimo Palanca è di Loreto, provincia di Ancona, dove è tornato a vivere oggi che ha settant’anni e che di lui si sa poco, ma si ricorda molto, moltissimo. Ci sono storie di calcio che arrivano a diventare celeberrime e a restare scolpite nella memoria di generazioni di appassionati, anche se geograficamente e a livello di blasone si collocano ben distante dalle luci della ribalta nazionale e internazionale. Quella di Palanca non è solamente una delle tante storie da “bomber di provincia” delle quali è piena la storia del nostro calcio; con Palanca abbiamo anche il paradigma del livello tecnico complessivo del calcio italiano degli anni Settanta e Ottanta, particolarmente indicativo a maggior ragione perché parliamo di una carriera trascorsa tutta lontano dal circuito metropolitano, se si eccettua la sua esperienza al Napoli. Una punta quasi tascabile, di un metro e settanta scarsi per un peso di più o meno sessantacinque chilogrammi; due piedini numero trentasette, ancora più compatti nella livrea nera degli scarpini che si usavano all’epoca. Capacità balistiche comprovate dalle statistiche complessive e da quelle particolari: uno che mette a segno 13 reti dalla bandierina del calcio d’angolo non è uno che pesca il jolly di quando in quando, ma un calciatore che esibisce in modo ricorrente un tipo di giocata consolidata dall’esercizio e dall’attitudine, che danno corpo all’intenzione e diventano per l’avversario un fattore di rischio con il quale fare i conti.

 

Palanca leader del Catanzaro

Venti anni di calcio, dalla Serie D alla Serie A, dal 1970 al 1990, in un’Italia nel frattempo tanto cambiata, anche calcisticamente, al punto tale da ospitare sempre meno favole come quella di Palanca, che ha messo insieme 210 gol in 597 presenze, con la statistica di 147 gare e 39 reti in Serie A. Il primo salto in avanti nel 1973, dalla Serie D con la Passamonti Camerino alla C a Frosinone; una buona stagione in Ciociaria, un altro trampolino di lancio: il Catanzaro, che era retrocesso in B nel 1971. Ceravolo presidente, Gianni Di Marzio in panchina e i gol di Palanca, che quando aveva saputo della cessione aveva dovuto controllare sulla carta geografica la posizione di Catanzaro. Al suo primo anno il Catanzaro perde lo spareggio per salire in A, poi nella stagione 1975-76 con 11 gol in 33 partite Palanca trascina il Catanzaro alla seconda Serie A del club calabrese. Una retrocessione, poi una nuova promozione, quindi la stagione più importante in assoluto, quella del 1979 -80, quando Palanca con il Catanzaro guidato da Mazzone arriverà a 10 gol in Serie A e sarà capocannoniere di Coppa Italia con 8 reti, fino alla semifinale contro la Juventus. L’anno dopo è secondo alle spalle di Pruzzo, con un Catanzaro ottavo in classifica. A quel punto, quello che potrebbe essere il salto definitivo: passa al Napoli per un miliardo e 350 milioni, ma in Campania non riuscirà a ripetersi: una sola rete il primo anno, una cessione in prestito al Como il secondo, poi il ritorno per un’altra stagione da una sola rete. Nell’anno dell’arrivo di Maradona, il Napoli lo gira al Foligno in C2, dove trascorrerà due stagioni, prima di tornare al Catanzaro per gli ultimi quattro anni da professionista, dal 1986 al 1990. Chiude la carriera con Catanzaro-Barletta 0-0 del 3 giugno 1990.

 

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