Storie Mondiali: Francia 1938, il bis dell'Italia e quel rigore di Meazza

Storie Mondiali: Francia 1938, il bis dell'Italia e quel rigore di Meazza

Grazie a un romanzato penalty del Balilla, gli azzurri arrivarono alla finale contro l’Ungheria. Gli uomini di Pozzo confermarono la propria supremazia dopo il chiacchierato successo del 1934

 

Paolo Valenti/Edipress

21.11.2022 ( Aggiornata il 21.11.2022 17:54 )

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Nel 1938 l’Europa covava già i germi dell’immane catastrofe che fu la seconda guerra mondiale. Gli equilibri della pace scricchiolavano sotto i sussulti della guerra civile spagnola, delle mire velleitarie dell’Italia in Africa e, soprattutto, delle incontinenti necessità espansionistiche della Germania nazista, che proprio il 13 marzo di quell’anno, a poche settimane dall’inizio dei mondiali, annesse l’Austria. Eventi che incombevano plumbei all’orizzonte di un’Europa che si stava avvicinando a uno scontro tanto cruento da costituire, una volta concluso, il seme di una pace che durerà per decenni.
Ma le vicende umane, senza eccezione per quelle più spensierate, sopravvivono anche in tempo di guerra: ancor più quando il cupo clamore delle armi è soltanto una possibilità ventilata dal futuro. E così, nonostante le evidenti avvisaglie di un conflitto che venano l’Europa, dal 4 al 19 giugno 1938 la Francia ospita la terza edizione del campionato del mondo di calcio. Nel 1936 a Berlino i delegati della Fifa decisero di non considerare il criterio dell’assegnazione alternata dei mondiali tra Europa e Sud America e affidarono l’organizzazione del torneo ai transalpini, che sostennero dei significativi sforzi economici per ristrutturare e ampliare gli stadi che avrebbero ospitato gli incontri delle sedici nazionali partecipanti a quella fase finale.

Le nazionali assenti al Mondiale del 1938

Sempre assente l’Inghilterra per i motivi che l’avevano tenuta lontana anche dalle due precedenti edizioni, legati alla presunta superiorità degli inglesi che, in quanto inventori del football, ritenevano di non aver bisogno di dimostrarla in una qualsiasi competizione. Mancavano anche l’Uruguay e l’Argentina: il Paese della Celeste continuava a seguire la linea della rappresaglia (già adottata quattro anni prima in Italia), originata dai dinieghi delle nazionali europee di giocare il primo Campionato nel 1930 a Montevideo. In Argentina, invece, si rifiutarono di andare in Francia a causa dalla mancata assegnazione dell’organizzazione del torneo al loro Paese. Ai nastri di partenza venne a mancare pure l’Austria, inglobata dalla Germania hitleriana anche a livello di rappresentativa calcistica.

L’ostilità verso l’Italia

L’Italia partecipava nelle vesti di campione del mondo, titolo acquisito nel 1934 in un campionato velato dai sospetti legati all’influenza che avrebbe esercitato il governo fascista sugli esiti della manifestazione. Oltralpe gli Azzurri si trovarono a giocare in un ambiente decisamente ostile: in quel periodo la Francia di Daladier dava asilo ai tanti oppositori di Mussolini e, specialmente poco prima del fischio d’inizio della partita d’esordio contro la Norvegia, gli Azzurri furono bersagliati dagli insulti degli antifascisti italiani seduti sugli spalti. Situazione che spinse Pozzo e i suoi, forse più per non cedere alle intimidazioni che per reali convinzioni personali, a rispondere col saluto romano. L’Italia faticò non poco per avere la meglio sugli avversari, che cedettero solo nei tempi supplementari con un risicato 2-1. La competizione si svolgeva su un tabellone ad eliminazione diretta, per cui, superati gli ottavi di finale, gli Azzurri approdarono ai quarti dove affrontarono i padroni di casa. Per superarli servirono i gol di Colaussi e Piola (doppietta) che fissarono il risultato sul 3-1 e permisero alla nostra nazionale di accedere alla semifinale, dove avrebbero incontrato un Brasile che si rese protagonista di un gesto di scarso fair play.

Brasile, aerei e il rigore di Meazza

Per raccontarlo è necessario spiegare che il match coi verdeoro si sarebbe giocato a Marsiglia tre giorni prima della finale: i sudamericani, molto confidenti nella possibilità di battere l’Italia, prenotarono l’unico volo disponibile per Parigi (all’epoca i cieli d’Europa non erano così affollati di rotte aeree come oggi). Quando Pozzo ne venne a conoscenza, provò a contattare i dirigenti brasiliani per sapere se, in caso di vittoria dell’Italia, avrebbero messo a disposizione le loro prenotazioni: la risposta fu negativa. Il nostro CT, da fine motivatore qual era, raccontò l’episodio ai suoi calciatori, che da quell’atteggiamento ostile trovarono ulteriori stimoli per vincere 2-1 grazie alle reti di Colaussi e Meazza, che realizzò il suo gol con un calcio di rigore diventato oggetto di un curioso aneddoto. Infatti la leggenda narra che il Balilla, recandosi sul dischetto, avesse sostenuto i pantaloncini con una mano perché, un attimo prima, il loro elastico avrebbe ceduto. Storia al confine tra realtà e leggenda, dal momento che le immagini del tiro (visibili anche oggi su internet) hanno qualche fotogramma tagliato che non dà certezze sugli attimi che precedono il calcio di Meazza. Né le cronache del giorno seguente, almeno quelle de "La Stampa", riportarono aneddoti atipici sull’episodio del rigore, narrato da Vittorio Pozzo nelle sue vesti di giornalista. Difficile separare i fatti dalle storie romanzate. Resta il gol, quello si certificato, che spinse gli Azzurri verso la finale del 19 giugno.

La finale del Mondiale 1938

Dopo la scortesia dei brasiliani, gli Azzurri raggiunsero Parigi in treno, alternandosi nei soli cinque posti letto disponibili sul convoglio. Il 19 giugno 1938, il giorno della finale, l’Italia arrivò in pullman allo stadio di Colombes appena tre quarti d’ora prima del fischio d’inizio. Nonostante questo, Pozzo non volle far scendere subito dal convoglio i suoi ragazzi perché riteneva che rimanere ad aspettare quarantacinque minuti avrebbe disperso le loro energie nervose. Chiese così all’autista di fare un giro ulteriore. Alla fine i calciatori arrivarono negli spogliatoi a ridosso dell’inizio del match, giusto il tempo di cambiarsi ed entrare in campo per dare sfogo all’adrenalina accumulata nelle ore precedenti.

L’Ungheria è un avversario difficile che si presenta all’ultimo atto del torneo col miglior attacco (13 reti segnate) e la miglior difesa (i ragazzi di mister Schaffer hanno subito un solo gol). Il clima a Parigi è decisamente avverso agli Azzurri: la maggior parte dei francesi (peraltro eliminati dall’Italia nei quarti di finale) sostiene i magiari così come i fuoriusciti antifascisti, accorsi in massa all’evento. Ma i ragazzi di Pozzo hanno ormai fatto l’abitudine a destreggiarsi nonostante le antipatie che solleva la loro presenza in campo e si impongono con un perentorio 4-2 griffato dalle doppiette di Colaussi e Piola. E’ un’affermazione che legittima e conferma quella molto criticata del 1934, a dimostrazione della crescita e del valore di un movimento che, rispetto al passato, perde la necessità di ricorrere agli oriundi: sul terreno dell’Yves du Manoir il solo Andreolo veniva dal Sud America. Alla fine anche il pubblico parigino riconosce l’impresa dell’Italia di Pozzo, regalandole un meritato tributo d’applausi. Sono gli ultimi bagliori di una spensieratezza che di lì a pochi mesi annegherà nell’orrore cupo della guerra.

 

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