Ramon Diaz: "puntero triste" a Napoli, idolo all'Avellino e all'Inter

Ramon Diaz: "puntero triste" a Napoli, idolo all'Avellino e all'Inter

Portato in Italia da Ferlaino nel 1982, durante la sua esperienza in Serie A giocò anche con la Fiorentina. Con Aldo Serena formò il tandem d'attacco dello scudetto dei record nerazzurro

Jacopo Pascone/Edipress

12.02.2022 ( Aggiornata il 12.02.2022 12:02 )

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Ramon Diaz si è fatto conoscere da tutto il mondo giocando al fianco di un giovanissimo Maradona, in coppia con il quale ha trascinato la selezione argentina alla conquista del Mondiale Under 20 nel 1979. Scuola River, vivrà in Europa gli anni più importanti della sua carriera, abbracciando quasi interamente i mitici anni ’80 della Serie A. In Italia iniziò con il Napoli e chiuse con l’Inter, due esperienze lontane, non solo nel tempo, ma soprattutto dal punto di vista delle prestazioni.

Caratteristiche tecniche

Diaz nasce come centravanti puro, un numero 9 che ha dovuto sopperire al fisico non erculeo con la grande tecnica e, soprattutto, con la devastante velocità. Mancino naturale, spesso prendeva palla e partiva da lontano puntando la porta a testa bassa, dimostrandosi un fenomenale contropiedista. Con la sua rapidità saltava gli avversari come birilli per poi scegliere tra la conclusione o l’assistenza per i compagni. Nonostante i suoi 171 cm le squadre spesso si affidavano a lui nella costruzione del gioco, visti i suoi piedi raffinati che lo rendevano anche un elegante centravanti di manovra. Era anche uno specialista sui calci di punizione.

La deludente esperienza a Napoli

Il presidente Ferlaino lo sceglie per guidare l’attacco azzurro nel 1982, secondo straniero in rosa dopo l’olandese Ruud Krol, giunto sotto l’ombra del Vesuvio due anni prima con la riapertura delle frontiere. Un carattere da sudamericano atipico quello di Diaz, che cozza un pochino con l’atmosfera che si respira a Napoli. È nato a La Rioja, una città che si trova ai piedi delle Ande, vicino al confine con il Cile, anche se per motivi calcistici si è poi trasferito a Buenos Aires, dove col River ha vinto già due campionati. La sua mentalità è chiusa e riservata, forse anche per questo in una città come Napoli non riuscirà a ripagare le aspettative. C’è una testimonianza di Giuseppe Bruscolotti che lo descrive come un corpo estraneo rispetto al gruppo di quella stagione conclusa con un anonimo decimo posto. “Palo ‘e fierro” lo accusava di non sudare per la maglia e provò addirittura a “scuoterlo” con le maniere forti. A Napoli lo ribattezzarono “puntero triste” e Diaz salutò tutti già al termine della prima stagione con un gretto bottino: due gol in Coppa Uefa, tre in campionato e tre in Coppa Italia.

Le positive annate all'Avellino e alla Fiorentina

Con l’obiettivo di rilanciarsi visse un’esperienza totalmente diversa proprio a pochi chilometri da Napoli. Fu infatti l’Avellino a ingaggiarlo. La voglia di rivalsa era tanta, sapeva di dover presto cancellare le delusioni azzurre. In Irpinia si mise tutto alle spalle, prendendo parte a tre campionati indimenticabili coronati da altrettante salvezze. Per i tifosi biancoverdi divenne presto un idolo, già nella partita d’esordio in campionato, il celebre Avellino-Milan 4-0, quando subentrato sul 3-0 al 79’ mise a sedere Tassotti regalando a Franco Colomba l’assist per il poker. Da ricordare il più classico dei gol dell’ex, una micidiale punizione che decise il derby contro il Napoli giocato al Partenio. “El Pelado”, come lo chiamavano in Argentina, è l’unico calciatore della storia dell’Avellino ad aver concluso un campionato di A in doppia cifra. Le 10 reti segnate nel 1985-86 lo portano a Firenze, con il conte Pontello che sborsa 10 miliardi per gli Irpini e 700 milioni l’anno per il calciatore. Due stagioni positive condite da 22 reti totali lo accompagnano all’Inter, dove vivrà la sua più importante esperienza italiana.

Lo scudetto dei record con Trapattoni all'Inter

Viene scelto dai nerazzurri dopo la rinuncia all’ingaggio di Rabah Madjer, un acquisto che sembrava fatto e che saltò per via delle condizioni fisiche che alla fine non convinsero i dirigenti meneghini. A Milano forma il micidiale tandem offensivo con Aldo Serena, una coppia complementare come poche che si rivela fondamentale per la conquista dello storico scudetto dei record (34 gol in due). Trapattoni non rinuncia mai al “Pelado”, schierandolo più di tutti in campionato (33 presenze al pari del portiere Zenga). Diaz lo ripaga con 12 reti prima di salutare tutti, sostituito come terzo straniero in rosa dal tedesco Klinsmann. Lasciato il Belpaese gioca due stagioni al Monaco in coppia con un giovane George Weah, prima di tornare al River e di chiudere l’avventura da calciatore in Giappone con gli Yokohama Marinos.

In Nazionale una storia finita troppo presto

Sbocciato giovanissimo in patria, insieme a Maradona è il trascinatore assoluto dell’Argentina che trionfa nel Mondiale U20 del 1979. Una tripletta nel girone, una nei quarti; un sigillo in semifinale e uno in finale: con otto centri in sei gare è il capocannoniere della competizione. In patria sono sicuri: sono nate due stelle.?“El Flaco” Menotti non perde tempo, aggregando subito?Diaz alla Nazionale maggiore. Debutta nel settembre successivo in amichevole contro la Germania e da lì diventa titolare fisso fino al 1982, anno del Mundial. Segna 10 reti in 24 presenze di cui una proprio in Spagna, bellissima ma inutile nella sconfitta del Sarrià contro il Brasile. Incredibilmente è proprio quello l’ultimo acuto del “Pelado” in Nazionale, a soli 23 anni, con tutta la carriera davanti. Il tandem che sembrava dover rappresentare il futuro del calcio argentino non si vedrà più, in quanto proprio Diego da lì in poi vorrà gestire il flusso delle convocazioni, spalleggiato dal nuovo ct Bilardo. Dopo aver duettato divinamente, quel feeling tra Maradona e Diaz s’incrina nel Mondiale spagnolo. A rimetterci, ovviamente, sarà il?“puntero triste”.

 

 

 

 

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