Inter-Napoli: Mauro Bellugi, il doppio ex che ha beffato anche la morte

Inter-Napoli: Mauro Bellugi, il doppio ex che ha beffato anche la morte

Guascone e propenso alla battuta, sbocciato in nerazzurro come uomo e come calciatore, vincitore dello storico scudetto del 1970-71, in azzurro arrivò nel penultimo anno di carriera

Paolo Marcacci/Edipress

21.11.2021 12:46

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Ha sempre esorcizzato la vita a colpi di battute, così come prendeva a spallate gli avversari; è per questo che la sua propensione al buonumore è durata più delle sue gambe, in senso letterale. Mauro Bellugi da Buonconvento, provincia di Siena; lineamenti forti e un profilo acuto, che a pensarci bene sarebbe stato adatto alla faccia di un Cecco Angiolieri, a proposito di battutisti irriverenti. Il tutto a incorniciare una vita calcistica scandita da maglie importanti, uno scudetto memorabile, partite da ricordare e altre da maledire; la maglia azzurra vestita in anni in cui quando si approdava in Nazionale era segno di valore assoluto, visto il livello tecnico medio, anche dei difensori, e la concorrenza che c’era. E poi quel gol, solo quello, con la maglia dell’Inter, sempre ricordato e utile non soltanto a battere il Borussia Moenchengladbach, in quella sera del 3 novembre del 1971, ma anche e forse soprattutto a strappare coi denti, tanti anni dopo, l’ultimo sorriso in faccia al dolore, alla malattia, alla morte non troppo distante. Il nerazzurro a strisce verticali gli sarebbe rimasto nel cuore per sempre, dunque per quell’unico fremito di rete che avrebbe portato la sua firma scelse un’esecuzione che lo fece sembrare un attaccante di razza, con un controllo limpido e una conclusione potentissima sotto la traversa, vibrata dal limite dell’area.

Mauro Bellugi in campo

Era già un centrale difensivo, Mauro Bellugi, nell’accezione moderna del termine, in quello scorcio iniziale di anni settanta in cui l’unica definizione ammessa e ammissibile era quella di stopper. Arcigno nella marcatura e tempista quanto a senso dell’anticipo, questo sì; però al tempo stesso capace di uscire regolarmente palla al piede, con un’attitudine al palleggio più che apprezzabile e dei fondamentali futuribili, per un difensore dell’epoca: iniziava spesso da lui la prima fase della costruzione, con la gestualità tipica di chi sa dettare ed eseguire il lancio. Un po’ all’olandese, se vogliamo; in effetti, di quel calcio moderno, atleticamente evolutivo e così poco convenzionale per quanto riguarda lo stile degli interpreti, Bellugi sembrava emulare almeno in parte alcuni cliché comportamentali: la chioma fluente, la propensione a una vita il più possibile gaudente, la passione per le grosse cilindrate e per la “percorrenza” di curve ancora più gradevoli di quelle d’asfalto. Però andate a domandare a uno dei suoi compagni dell’epoca se una sola volta si sia risparmiato durante una seduta di allenamento e ascoltate cosa vi risponde.

Gli anni all'Inter

L’Inter è stata la sua culla, il suo svezzamento per il mondo dei professionisti; alla Beneamata ha devoluto il meglio di sé, calcisticamente parlando e proprio per questo l’epilogo poteva quantomeno essere più rispettoso. A Milano era arrivato da adolescente fisicamente già formato e straripante quanto a potenza fisica, dopo gli inizi con i dilettanti del suo paese, Buonconvento. Nella primavera del 1969 lo scudetto Primavera, con il relativo superamento della linea d’ombra della sua adolescenza calcistica e l’approdo in prima squadra. Due anni dopo vincerà uno dei più memorabili scudetti interisti, vale a dire quello dell’indimenticabile rimonta del 1971. Con la maglia a cui resterà legato sentimentalmente fino ai suoi ultimi giorni giocherà fino al termine della stagione 1973-74, prima di un commiato pieno di rancori, di qualche maldicenza, di tanta amarezza da parte sua. Gli equilibri interni allo spogliatoio sembra che non potessero più contemplare una personalità come la sua; qualcuno arrivò persino a dire che tra gli aspetti poco graditi del suo modo di porsi ci fosse anche il suo matrimonio con una donna benestante. Come se fosse una colpa.

le cinque stagioni a Bologna, il Napoli e la Pistoiese

Seguiranno cinque stagioni di tutto rispetto con il Bologna, durante le quali Bellugi oltre a guidare da par suo la retroguardia rossoblù vive l’apice della sua esperienza in Nazionale: convocato da Valcareggi per il Mondiale del ’74, non verrà mai schierato a causa dei fortissimi dissidi interni al gruppo. In Argentina, quattro anni dopo, sarà invece titolare inamovibile con Bearzot, fino all’infortunio che gli precluderà la partita decisiva contro l’Olanda.
Quando arriva al Napoli, per la stagione 1979-80, Bellugi ha soltanto trent’anni, ma la parabola discendente della sua carriera è provocata dalla serie di infortuni, soprattutto al ginocchio, che ne cominciano a limitare il potenziale atletico. Nonostante questo, in quel campionato all’ombra del Vesuvio totalizza 34 presenze complessive tra Serie A, Coppa Italia e Coppa Uefa. L’anno seguente vestirà la maglia della Pistoiese, nello storico campionato dei toscani nella massima categoria, al termine del quale chiuderà una carriera prestigiosa, ma che ha reso merito soltanto in parte al suo valore.

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