Roma-Napoli, parla il doppio ex Roberto Policano

Roma-Napoli, parla il doppio ex Roberto Policano

In mezzo alle due esperienze calcistiche la gloriosa cavalcata con il Torino. Poderoso esterno con una spiccata propensione al gol, ha giocato due stagioni nella Capitale e cinque in Campania

Francesco Balzani/Edipress

24.10.2021 15:02

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Non sono molti i calciatori amati da tutti in piazze calde come Torino, Napoli e Roma. Tra di loro c’è sicuramente Roberto Policano, il Rambo del calcio italiano a cavallo tra gli anni ’80 e ’90. Il terzino goleador (28 reti in 201 gare di A) è nato a Latina e ha vestito per due anni la maglia giallorossa e per cinque quella azzurra. Oggi è osservatore per l’Udinese.

Roma-Napoli, il derby del sole di due piazze calde che lei conosce bene. Cosa hanno in comune viene detto spesso. Cosa le differenzia invece? 

«Roma è molto più tranquilla. A Napoli il calcio è vissuto come uno sfogo sociale e una ragione di vita. Non puoi andare in giro per la città, il che è anche piacevole perché ti considerano importante. Ma di sicuro è meno calda e più vivibile Roma da questo punto di vista. Mi viene in mente una battuta di Ciro Ferrara quando è arrivato alla Juve: “Robè, finalmente sono potuto andare al cinema». 

Arriva alla Roma negli anni del post Falcao e a Napoli in quelli del dopo Maradona. Quanto è difficile ricreare entusiasmo in certi momenti?

«Più che altro erano gli ultimi anni di Dino Viola e Corrado Ferlaino presidenti. Due figure enormi. Forse sono stato sfortunato, sono arrivato dopo i botti, ma non posso rimproverarmi nulla nelle due avventure. Mi sono tolto soddisfazioni e ho giocato con grandi giocatori». 

Il primo anno di Roma fate un gran campionato. Era ancora la creatura di Viola e Liedholm, che atmosfera si respirava?

«Era una famiglia. Ricordo Viola che ogni sabato veniva a cenare con noi in albergo, quando gli chiedevi un biglietto per lo stadio per qualche amico era felicissimo. Fino ad aprile stavamo lottando per lo scudetto, poi abbiamo perso due-tre partite di fila e siamo finiti terzi. L’anno successivo è stato più travagliato perdemmo lo spareggio Uefa con la Fiorentina».

Al Napoli prima Bianchi poi Lippi. Alti e bassi?

«Venivo da un’ottima annata in cui avevo segnato pure 7 gol. Lippi aveva un’altra idea di calcio e ha scelto altri giocatori e io la rispetto. Mi ritrovai spesso in panchina, alla fine la squadra andò in Uefa quindi forse aveva ragione lui. Se fai il calciatore lo devi mettere in conto. Ricordo con affetto Ferlaino, un grande competente di calcio. Amava il calcio francese e si era fatto mettere una parabola per vedere le partite quando ancora nessuno le vedeva».

In mezzo il Torino e una finale di Coppa Uefa

«Il momento più alto della mia carriera, non meritavamo di perdere con l’Ajax. Avevamo fatto un gran cammino contro squadre fortissime, oggi per arrivare in finale devi giocare con chiunque».

Lei era molto istintivo in campo, anche a discapito della tattica. Quale è stato l’allenatore che l’ha compresa di più da questo punto di vista

«Ottavio Bianchi è quello che ha saputo interpretare meglio questa mia indole un po’ anarchica. Con Mondonico non fu amore a prima vista, ma pure con lui giocai molto bene».

Potendo regalare un giocatore della sua Roma e del suo Napoli a Mourinho e Spalletti chi sceglierebbe? 

«Ho l’imbarazzo della scelta. Al Napoli darei Careca ma hanno Osimhen che non è male quindi forse meglio Zola. Pure alla Roma darei Voeller, ma forse oggi gli servirebbe più uno come Giannini». 

E lei come terzino…

«No, a quel punto meglio Nela (ride, ndr)». 

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