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L'estate in cui il calcio italiano cambiò per sempre. Il Consiglio Federale riaccolse gli stranieri: nel nostro campionato sbarcarono tanti campioni ma anche autentici bidoni
Il calcio italiano è cambiato per sempre il 9 maggio 1980. Quel giorno, il Consiglio Federale ha deciso di riaprire le frontiere, e di riabbracciare calciatori stranieri in Serie A. Non era più successo dal 1966, l’anno del fallimento ai Mondiali e della sconfitta contro la Corea del Nord. La questione si era già posta qualche anno prima, tanto che l’Inter era riuscita a strappare un’opzione per Michel Platini, mai concretizzata proprio per la pervicacia del Consiglio almeno fino all’estate del 1980. Da quel 9 maggio, è iniziata una stagione nuova per i club dell’allora Serie A. La norma prevedeva un solo straniero per squadra, ma cinque delle sedici formazioni del massimo campionato (Ascoli, Brescia, Cagliari, Catanzaro e Como) decidono di rimanere in campo con soli calciatori autoctoni. L’estate del 1980 rimarrà comunque quella dell’arrivo in Italia di Luis Silvio Danuello, che alla lontana ha ispirato Aristoteles, centravanti della Longobarda nel film “L’allenatore nel pallone”. È di proprietà del Palmeiras, anche se i toscani lo acquistano dal Ponte Preta. L’operazione, apparentemente fuori portata per un piccolo club, si deve a Juan Figer, potentissimo procuratore amico di giornalisti italiani, che sarà decisivo per l’arrivo di Zico all’Udinese. Quando atterra a Fiumicino, il 10 agosto del 1980, l’aeroporto è invaso da tifosi in festa. Non i suoi, però. Sono i romanisti che aspettano l’apparizione di Falcao, che ha viaggiato sul suo stesso volo. La carriera di quel brasiliano così lontano dai canoni del funambolo tutto dribbling prenderà una direzione inattesa: con lui la Roma uscirà dalla prigionia del sogno. Luis Silvio, invece, rimane prigioniero di una traduzione sbagliata. Malavasi, vice-allenatore mandato in Brasile per portare a casa il nuovo attaccante, di fatto non l’ha mai visto giocare. Quando gli spiegano che Luis Silvio è una «punta direita», lui capisce di aver fatto un affare e lo acquista per trecento milioni. Ma quell’espressione denota in portoghese un’ala destra, non una prima punta. Infatti è decisamente troppo leggero per quel ruolo, e a Pistoia se ne accorgono subito.
Il primo straniero ad accordarsi con un club di Serie A nell’estate 1980 è Michel Van de Korput, difensore olandese che giocherà tre stagioni al Torino, arrivando anche in finale di Coppa Italia. È un’estate di grandi colpi e di concessioni al piacere del nome esotico. La Juventus strappa all’Arsenal un regista elegante, raffinato e di grande intelligenza tecnica come l’irlandese Liam Brady che ha contribuito in maniera decisiva a due scudetti. Lascerà la Juve per passare alla Sampdoria e far spazio a Platini. L’Inter, persa l’opzione per il futuro Le Roi, tenta di confermarsi regina del mercato grazie all’accordo con l’austriaco Herbert Prohaska. Ma i suoi ritmi compassati non si accordano con la visione di calcio del tecnico Eugenio Bersellini. L’austriaco coi baffi farà molto meglio alla Roma, con cui vincerà lo scudetto. In quella estate di sogni e di campioni, la Fiorentina si rinforza con un campione del mondo, Daniel Bertoni. L’argentino giocherà quattro stagioni in viola, accompagnate da 31 gol in 122 partite, poi andrà a raggiungere Maradona a Napoli. Gli azzurri hanno scelto, in quel 1980, un nome decisamente particolare: l’olandese Ruud Krol. Particolare non per il valore, era la mente dell’Ajax che ha conquistato tre Coppe dei Campioni di fila e segnato uno spartiacque nella storia della tattica con il calcio totale. Ma era pur sempre considerato in fase calante, tanto da essere andato a svernare nel campionato statunitense ai Vancouver Whitecaps. Il Napoli, però, ci ha visto lungo: resta quattro anni, e lascia un’impressione di classe e qualità in entrambe le fasi impossibile da dimenticare. Un’immagine indimenticabile almeno quanto le esultanze di Juary, acquistato dall’Avellino, che ha ballato intorno alla bandierina del calcio d’angolo dopo ogni gol e dopo due stagioni è passato all’Inter.
Nella prima stagione della Serie A con i calciatori stranieri dal 1966, il Bologna si illude di aver fatto il botto con l’attaccante brasiliano Eneas. Ma la saudade è più forte di tutto. Tre gol in venti partite in campionato convincono i rossoblù a cederlo all’Udinese, che non lo vede nemmeno perché tornerà in Brasile prima dell’inizio della stagione, ma intanto hanno ceduto il centrocampista tedesco Herbert Neumann. In bianconero l’ex Colonia non ha mantenuto lo stesso standard mostrato nel campionato tedesco, nonostante la salvezza conquistata a fine stagione. È un flop anche l’argentino Sergio Fortunato. Il Perugia lo acquista dall’Estudiantes, con la fama di calciatore di grande talento. Ma in Umbria le 16 presenze complessive nella sua unica stagione italiana ne lasciano intravedere davvero poco. I due gol segnati nel finale di campionato non bastano a garantirgli un prolungamento dell’accordo, così si trasferisce in Spagna al Las Palmas.
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