Dan Peterson: «Si possono amare due donne»

Dan Peterson: «Si possono amare due donne»

L’ex coach di Virtus e Olimpia racconta la magia del derby d’Italia: «Le V Nere sono state il primo vero grande amore, Milano invece il matrimonio perfetto. È davvero impossibile spezzare il cuore in due»

Damiano Montanari/Edipress

17.04.2021 12:38

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Un uomo, le due società  più titolate del panorama cestistico italiano, tante storie della sfida che, nel mondo della palla a spicchi, è conosciuta come il derby d’Italia. Olimpia Milano e Virtus Bologna, 43 scudetti complessivi (28 la prima e 15 la seconda) si affronteranno oggi al Mediolanum Forum. Dan Peterson, che sulle panchine di entrambe ha scritto pezzi di storia, rappresenta il filo conduttore di una sfida senza tempo. «È come quando nel calcio si affrontano la Juventus e l’Inter - ricorda il coach entrato nella Hall of Fame, giornalista e commentatore televisivo -: gioca la tradizione». 

Virtus

Dan sbarca sulla sponda bianconera di Bologna nel 1973, un giovane uomo di 37 anni reduce dall’esperienza alla guida della nazionale del Cile, look da hippy con camicia fiorata e pantaloni a zampa di elefante. Impiega poco a spazzare via quella leggera aria di scetticismo che lo circonda, convincendo tutti sul parquet. Grande motivatore, introduce metodi nuovi per dare la carica ai propri giocatori che negli spogliatoi trovano cartelloni con indicazioni che uniscono consegne tecniche a messaggi di incitamento. Al primo anno in Virtus conquista subito la Coppa Italia, due anni dopo arriva lo scudetto. È quella la Sinudyne di Caglieris, Antonelli, Bertolotti, Serafini e Driscoll, con Bonamico come sesto uomo. Il titolo italiano giunge dopo che a inizio stagione Bologna perde cinque delle prime sei gare. È lungimirante l’avvocato Porelli a resistere alle pretese della piazza che chiede l’esonero di Peterson. La Sinudyne si classifica terza in regular season, a dieci punti dalla capolista Varese. Dan guarda il calendario che attende la squadra nella Poule Scudetto e si sbilancia: «Possiamo arrivare alla sfida con Varese vincendo tutte le gare». Così è. La Virtus conquista il titolo con due lunghezze di vantaggio sui lombardi. Peterson è un vincente, come la mentalità che ha inculcato alla squadra: «Se a due minuti dalla fine siamo pari nel punteggio, la partita la dobbiamo vincere noi».

Milano

Nell’estate del 1978 il trasferimento a Milano, propiziato anche dall’avvocato Porelli che, per il bene del movimento, spinge Peterson verso il club della “grande città". Dan è maturato, veste elegante ed è pronto alla nuova avventura. All’Olimpia lo accoglie un gruppo capitanato da Toio Ferracini. «Giocavamo al PalaLido - racconta - e ci allenavamo in una palestra secondaria. Il Bar Lido era un punto di ritrovo; io stesso avevo il rito del caffè prima della seduta di lavoro. Anche Peterson lo frequentava, chiedendo la sua immancabile spremuta d’arancia. Un giorno la “signora del Bar Lido", come la chiamavamo noi, gli comunica che il costo della spremuta era aumentato di poco. Dan la guardò e senza battere ciglio rispose: “Bene. Allora me ne dia meno al prezzo di prima. È sempre stato molto attento al denaro». Anche nello spogliatoio, dove porta il metodo motivazionale usato alla Virtus e permette a un’Olimpia che era retrocessa due anni prima di arrivare in finale proprio contro le V Nere allenate da Terry Driscoll, alla sua prima stagione da coach. La “Banda Bassotti” di D’Antoni, Boselli, Sylvester, Kupec e Ferracini perde, ma l’appuntamento con lo scudetto è solo rimandato: nei suoi nove anni a Milano Peterson ne conquisterà quattro (1982, 1985, 1986, 1987) oltre a due Coppe Italia (1986, 1987).

Oggi

Aspettando il big match di oggi tra Olimpia e Virtus, Dan Peterson analizza la gara. «La Segafredo deve archiviare l’eliminazione in EuroCup. Anche l’Inter è stata eliminata dalla Champions, ma poi ha trovato le motivazioni per mettere le mani sullo scudetto, che è a un passo. La Virtus deve fare la stessa cosa, anche se Milano rimane la favorita: non vedo una squadra che possa batterla in una serie». Dei campioni di oggi, chi potrebbe giocare nelle grandi Virtus e Olimpia di Peterson? «Teodosic e Rodriguez. Se le porte degli impianti fossero aperte, loro varrebbero il prezzo del biglietto». Tra Bologna e Milano, chi trova più spazio nel cuore di Dan? «La Virtus è stata il primo grande amore, Milano il grande matrimonio. È impossibile spezzare il cuore in due. Stranamente si possono anche amare due donne». 

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