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Red Bull e l’allarme affidabilità© Getty Images

Red Bull e l’allarme affidabilità

Dopo i tre ritiri accusati nelle prime tre gare, proviamo a capire quali possano essere le cause di questo inizio così delicato per il team austriaco

16.04.2022 ( Aggiornata il 16.04.2022 22:12 )

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Tre ritiri nelle prime tre gare. Non poteva esserci un esordio più delicato per la Red Bull nel Mondiale 2022 di Formula 1, il primo con il ritorno delle monoposto ad effetto suolo. Se nei test precampionato la scuderia di Milton Keynes aveva molto ben impressionato, candidandosi alla lotta per il titolo mondiale con Ferrari nonostante lo sforzo profuso nella seconda parte dello scorso campionato per consentire a Verstappen di conquistare il titolo ai danni di Lewis Hamilton, le prime gare di campionato ci hanno mostrato una Red Bull capace di ottenere delle buone prestazioni cronometriche simili a quelle della Ferrari (ad eccezione dell’Australia, dove la scuderia di Maranello è stata nettamente la migliore), ma anche piuttosto fragile sul profilo dell’affidabilità.

Il primo campanello d’allarme era suonato sul finale della gara inaugurale di campionato in Bahrain, quando Max Verstappen e Sergio Perez erano stati costretti a ritirarsi per un problema alla pompa dell’alimentazione del carburante, in uno scenario che aveva visto anche il ritiro dell’AlphaTauri (team satellite Red Bull) di Pierre Gasly per la rottura della power unit.
Se in Arabia Saudita la Red Bull era riuscita a concludere la gara con entrambi i piloti (a differenza di AlphaTauri con Gasly costretto a montare la seconda power unit stagionale, e con Tsunoda costretto al ritiro nel giro di schieramento in griglia dopo aver cambiato ben due volte il motore nell’arco del weekend), in Australia è stato nuovamente Verstappen ad alzare bandiera bianca per un nuovo problema tecnico, completamente differente da quello patito in Bahrain, che il pilota olandese non ha per niente digerito, dichiarando alla stampa nel dopogara con un pizzico di sarcasmo che serviranno ben 45 gare per recuperare la Ferrari.

Dichiarazioni, queste, che in casa Red Bull non sono state per niente apprezzate né dal Team Principal Christian Horner (che ha dichiarato che la strada è ancora lunga, e che Max sa che è la stessa squadra la prima ad essere delusa per il ritiro patito in Australia, auspicando un pronto riscatto magari già la prossima gara a Imola), né da Helmut Marko, che, in un’intervista rilasciata alla ÖRF ha dichiarato che la conquista del titolo mondiale non ha per niente rilassato Verstappen, il quale dopo aver strafatto in Q3 (andando così a perdere la pole position a beneficio della Ferrari guidata da Charles Leclerc), probabilmente ha bisogno di vincere un altro Mondiale per avvertire meno pressione intorno a se.

Indipendentemente dalle varie dichiarazioni, la domanda che molti appassionati in questi giorni si stanno ponendo è: perché in questo avvio di campionato Red Bull in primis ma anche AlphaTauri stanno accusando dei problemi legati all’affidabilità? Riguardano il motore (che da quest’anno non viene più realizzato direttamente dalla Honda (che a fine 2021 ha lasciato il Circus), ma dalla Red Bull Powertrains sotto supervisione Honda) o sono legati a un progetto troppo estremo della monoposto?

Il ritiro di Verstappen in Australia

Una questione complessa. Così il consigliere Red Bull Helmut Marko in un’intervista rilasciata nei giorni scorsi a Speedweek ha definito il ritiro di Max Verstappen in Australia. Secondo quanto emerso, Red Bull avrebbe chiesto aiuto anche a Honda inviando la power unit montata a Melbourne sulla monoposto di Max Verstappen per una verifica dettagliata volta a capire cosa abbia provocato il nuovo stop del pilota olandese. Fin da subito ai tecnici Red Bull era apparso chiaro che il motivo del ritiro di Verstappen (come confermato a caldo da Marko nel post gara) era legato a una perdita di benzina, dovuto presumibilmente a un maggiore consumo da parte della power unit. L’analisi svolta da Honda ha consentito di scoprire la causa della perdita di benzina, che però Red Bull ha voluto tenere per se senza divulgarla all’esterno, affermando che si trattava di un problema diverso da quello del Bahrain (relativo alla pompa dell’alimentazione del carburante). Quel che è certo, però, è che in tre gare lo junior team AlphaTauri ha visto Tsunoda montare ben tre power unit (il numero massimo di motori consentito nell’arco della stagione senza ricevere alcuna penalità) e Gasly due, mentre in casa Red Bull Perez ha usato ben due turbocompressori e due MGU-H (sulle tre a disposizione), con Verstappen fino alla scorsa gara ancora a quota 1.
Con il passare dei giorni in tanti hanno voluto provare a capire quali fossero i motivi di questa improvvisa perdita di affidabilità in casa Red Bull, arrivando a due possibili conclusioni: un progetto troppo estremo per quanto concerne il serbatoio e la nuova tipologia di benzina (che da quest’anno deve contenere tassativamente il 10% di etanolo).

Crisi affidabilità Red Bull: serbatoio troppo estremo o problemi con la nuova tipologia di benzina?

Una cosa che fin da subito ha complicato il lavoro dei tecnici Red Bull è stato il fatto che i problemi di affidabilità che hanno condizionato le prestazioni del team austriaco e del team satellite Alpha Tauri siano tutti indipendenti tra di loro, essendo di diversa tipologia. Il fatto che poco prima di doversi fermare sulla Red Bull di Max Verstappen in Australia fosse stato registrato dalla telemetria un improvviso e repentino aumento del consumo di benzina da parte della power unit Honda (realizzata dalla Red Bull Powertrains sotto supervisione del motorista nipponico) ha spinto i tecnici della scuderia di Milton Keynes a mettere sul banco degli imputati da una parte il progetto del nuovo serbatoio pensato per la RB18, dall’altra la nuova tipologia di benzina adottata dal Regolamento Tecnico 2022 della Formula 1, che richiede tassativamente la presenza dell’etanolo nella misura del 10%, e realizzata per Red Bull dalla compagna petrolifera Exxon Mobil con il marchio Mobil 1.

Per quanto riguarda il serbatoio della RB18, se Adrian Newey nel corso degli anni da una parte si è sempre fatto apprezzare come un tecnico di grandissimo valore oltre ad essere un fine aerodinamico capace di estrarre da ogni monoposto la massima efficienza aerodinamica, dall’altra in passato non ha esitato in alcuni casi a realizzare monoposto anche particolarmente estreme. L’esempio più significativo è senza dubbio quello della McLaren MP4/18, realizzata nel 2003 quando l’allora Team Principal del team di Woking Ron Dennis chiese a Newey di progettare una monoposto capace di sopravanzare i rivali dell’epoca (in primis la Ferrari, che nel 2002 con la F2002 aveva di fatto dominato la stagione). Il risultato fu per l’appunto la MP4/18, che però non vide mai realmente il suo debutto in gara: troppi gli inconvenienti tecnici (a cominciare dal mancato superamento delle prove d’impatto laterale volute dalla Federazione, per non parlare delle difficoltà di raffreddamento del motore per via delle pance piuttosto attillate) che ne sconsigliarono l’adozione nell’arco della stagione, sostituita da un’evoluzione della monoposto 2002, la McLaren MP4/17D.

Tornando alla stretta attualità, per provare a rientrare (senza peraltro riuscirci) nel peso minimo previsto dalla Federazione per le monoposto 2022 (795 Kg) così come per avere maggiore prestazione in pista Newey ha progettato per la RB18 un serbatoio le cui componenti interne sarebbero collocate in uno spazio piuttosto ristretto. Non è quindi da escludere che proprio questo serbatoio dalle dimensioni così estreme possa essere una causa dei problemi di affidabilità accusati nelle prime tre gare e che nel caso comporterebbe una sua riprogettazione (budget cap permettendo).

L’altra possibile causa riguarda, come sopra scritto, la formulazione della nuova tipologia di benzina adottata per la stagione 2022 da tutte le squadre partecipanti al mondiale di Formula 1, che prevede in conformità al Regolamento la presenza del 10% di etanolo. Se fino allo scorso anno la presenza di biocarburante era pari al 5.75% consentendo così ai produttori di benzina una certa libertà nel realizzare la miscela destinata alle monoposto di Formula 1, quest’anno nel Regolamento tecnico viene indicata tassativamente la presenza dell’etanolo, la cui componente in ossigeno tende a togliere al carburante una parte del potere calorico. Se consideriamo anche il fatto che l’etanolo è anche particolarmente volatile, ecco quindi che in teoria il carburante in alcuni frangenti potrebbe far fatica ad essere aspirato dalla pompa di alimentazione (vedi Bahrain) o, come plausibilmente può essere avvenuto in Australia, anticipare il suo innesco, accendendosi nella camera di scoppio prima del previsto, non assicurando così un corretto funzionamento del motore.

Un’altra ipotesi legata alla nuova tipologia di benzina con etanolo al 10% potrebbe essere quella di una composizione del carburante troppo aggressiva con conseguente danneggiamento dei condotti, con Exxon Mobil chiamata in quel caso a un duro e difficile lavoro di ricalibrazione della miscela stessa.

Una cosa, comunque, è certa: nel caso i problemi di affidabilità accusati da Red Bull ed AlphaTauri dovessero dipendere dalla nuova tipologia di benzina, sarà compito di Exxon Mobil trovare il più rapidamente possibile una soluzione. Se invece il problema fosse di matrice strutturale e di conseguenza legato al serbatoio, le cose si complicherebbero non poco, non tanto per la realizzazione quanto per il rispetto del budget cap (fissato a 140 milioni di euro su 21 gare per il 2022), che impone alle squadre il massimo rispetto possibile, per non subire delle sanzioni. Solo la prossima gara in programma il 24 Aprile ad Imola ci permetterà di capire se i problemi di affidabilità accusati da Red Bull (e in rimbalzo da Alpha Tauri) nelle prime tre gare di campionato siano risolvibili in poco tempo (se non sono addirittura già stati risolti), o se siano destinati a diventare per la scuderia di Milton Keynes uno spauracchio con cui convivere nell’arco della stagione, facendo attenzione a Mercedes, pronta ad approfittare di ogni passo falso per provare a rientrare (una volta risolti i problemi di porpoising) nella lotta al titolo mondiale contro Ferrari.

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