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Mauro Forghieri, un genio nel cuore della Ferrari© LAPRESSE

Mauro Forghieri, un genio nel cuore della Ferrari

Il celebre ingegnere modenese che in questi giorni ha compiuto 85 anni con il suo estro ha regalato alla scuderia di Maranello ben quattro titoli piloti e sette titoli costruttori oltre a intuire per primo le funzionalità del cambio semi-automatico (portato però in pista dalla Rossa sul finire degli anni 80).

18.01.2020 ( Aggiornata il 18.01.2020 14:00 )

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Un autentico punto di riferimento non solo per la Ferrari, ma anche all'interno della stessa Formula 1. Mauro Forghieri (che in questi giorni ha compiuto 85 anni, e al quale, anche se in ritardo, desideriamo porgere i più sinceri auguri) è stata una vera e propria figura iconica all'interno del Circus, capace grazie al suo estro di inventare delle soluzioni che hanno fatto la storia della massima categoria motoristica. Se negli ultimi anni della sua carriera in Formula 1 ha messo la sua immensa esperienza a disposizione della Lamborghini sia progettando un motore aspirato V12 (portato in pista dalla Larousse nel 1989) sia realizzando per la stagione 1991 la monoposto del Modena Team (squadra interna alla Lamborghini che rimase un solo anno in Formula 1 per via dei problemi economici sorti dopo l'improvviso abbandono del committente del progetto, il finanziere messicano Fernando Gonzalez Luna), non c'è dubbio però che quando pensiamo a Mauro Forghieri non possiamo non associare il suo nome a quello della Ferrari, con cui lavorò per quasi un trentennio regalando alla scuderia di Maranello con le sue creature quattro titoli piloti (1964 con John Surtees, 1975 e 1977 con Niki Lauda, 1979 con Jody Scheckter) e ben sette titoli costruttori (1964, 1975, 1976, 1977, 1979, 1982 e 1983).

Un'avventura, quella in Ferrari, che inizia nel Gennaio 1960 quando, dopo essersi laureato in Ingegneria meccanica l'anno prima all'Università di Bologna, Mauro Forghieri viene assunto dalla scuderia di Maranello. Il giovane ingegnere modenese già conosceva a dire il vero l'ambiente Ferrari: non solo suo padre Reclus lavorava come meccanico specializzato all'interno del Reparto Corse, ma lo stesso Mauro aveva effettuato nel 1957 uno stage all'interno della scuderia a metà corso di laurea.
Forghieri (assieme al coetaneo Gian Paolo Dallara) viene così assegnato al Reparto Motori guidato dall'ingegnere Carlo Chiti, con cui il rapporto non sarà dei migliori. Sebbene Forghieri lo stimi molto, manca tra i due un vero e proprio dialogo nonostante sul campo la Ferrari avesse vinto nel 1960 il Mondiale Vetture Sport e nel 1961 fosse tornata a vincere il Mondiale di Formula 1 con l'americano Phil Hill. Forghieri comincia così a valutare seriamente l'ipotesi di lasciare la scuderia di Maranello, ma sul finire della stagione 1961 il licenziamento di Chiti (e di sette uomini del suo staff) e il contemporaneo addio di Dallara (in direzione Maserati) rimescolano le carte, al punto che il 30 Ottobre 1961 Enzo Ferrari decide di promuovere proprio il giovane ingegnere modenese alla guida del Reparto Tecnico, occupandosi sopratutto delle vetture destinate al Mondiale Sport (con cui coglierà diversi successi fino al 1972) e alla Formula 1.

Per quanto riguarda la massima serie motoristica, il lavoro non è affatto facile. Se il 1961, come detto, aveva visto la vittoria del titolo della Rossa con Phil Hill a Monza in una giornata drammatica per la scuderia di Maranello a causa dell' incidente in cui perse la vita Wolfgang Von Trips (in lotta con Hill per il titolo iridato), l'anno successivo si rileverà piuttosto negativo, con una monoposto, la 156 F1, non più competitiva rispetto alla concorrenza, anche perchè orfana del gruppo tecnico che l'aveva ideata. Forghieri decide così di mettere mano in ottica 1963 al progetto della monoposto abbandonando le singole prese d'aria con un'unica di forma ovoidale, modificando il telaio (passo allungato a 2380 mm) e le sospensioni rispetto al progetto iniziale di Chiti, e infine adottando l'alimentazione ad iniezione diretta della Bosch sul motore Ferrari a V di 120°, consentendo così a John Surtees a bordo della 156 F1-63 di vincere il Gp di Germania. Si tratta di un anticipo della stagione successiva, che vedrà il pilota inglese laurearsi campione del mondo nel 1964 a bordo della Ferrari 158 F1 (una monoposto dotata di motore V8 da 1489,23 cm³ che presenta un telaio realizzato con una monoscocca in tubi d'acciaio su cui vengono rivettati dei pannelli d'alluminio ai lati al fine di aumentare la rigidità della vettura senza aumentarne eccessivamente il peso) diventando così il primo e per ora unico pilota a vincere il titolo mondiale sia nel Motomondiale che in Formula 1.

Dopo il Mondiale 1964 vinto da John Surtees passeranno però undici anni prima che la Ferrari riesca nuovamente a vincere il titolo mondiale, eppure, nonostante ciò, grazie all'estro di Forghieri (sostituito momentaneamente nel 1973 con l'Ing. Colombo dal management della Ferrari approfittando dell'assenza per malattia del Presidente Enzo Ferrari, e richiamato in servizio al comando della Direzione Tecnica dal Drake, una volta tornato al lavoro) non solamente la scuderia di Maranello in due occasioni (nel 1970 con Jackie Ickx e nel 1974 con il preziosissimo contributo del neo arrivato pilota austriaco Niki Lauda) riuscirà a lottare per il titolo Mondiale sfiorandolo sopratutto nel secondo caso, ma addirittura presenterà delle soluzioni destinate ad entrare nella storia della Formula 1. Stiamo parlando del primo alettone posteriore con comando idraulico azionabile dal pilota per regolare l'incidenza del flap in base al tratto di pista da percorrere (esordio nel Gp del Belgio 1968) e sulla Ferrari 312B del 1970 del primo motore V12 di 180° con 3000 cc con baricentro basso, che si rivelerà essere molto potente (450 cavalli a 12mila giri al minuto contro i 10mila giri al minuto del motore Cosworth).

Proprio l'elevata potenza del motore associato all'introduzione del cambio trasversale (che consentiva di avere una vettura più equilibrata, oltre a una migliore concentrazione delle masse) e al ritorno all'utilizzo del telaio in tubi pannellato sarà alla base della riscossa della scuderia di Maranello, che tra il 1975 e il 1979 conquisterà tre titoli piloti (nel 1975 e nel 1977 con Lauda, e nel 1979 con il pilota australiano Jody Scheckter, sopra raffigurato al volante della Ferrari 312 T4 (la prima Rossa ad utilizzare le minigonne) in occasione dell'esibizione celebrativa per i 40 anni dal titolo, avvenuta lo scorso settembre a Monza) e ben quattro titoli Costruttori (1975,1976, 1977 e 1979).

Non solo: a Mauro Forghieri dobbiamo anche il merito di aver intuito prima di tutti le potenzialità del cambio semi-automatico, sebbene, come vedremo, il suo reale debutto in gara avverrà solamente sul finire degli anni 80.
Bisogna infatti sapere che l'ingegnere modenese mise a punto a livello sperimentale sulla Ferrari 312 T3 del 1978 in vista di una possibile introduzione sulla T4 dell'anno successivo un primo prototipo di questa innovativa tipologia di cambio che prevedeva l'abbandono della leva, a favore di due pulsanti montati sulle razze del volante: uno serviva per inserire le marce, l'altro per scalare. A Gilles Villeneuve il compito di collaudare questa nuova soluzione. Il pilota canadese effettuò circa un centinaio di giri con questa inedita soluzione, riuscendo a girare anche più veloce rispetto al cambio tradizionale, ma alla fine bocciò la soluzione, non tanto perchè il cambio non funzionasse, ma per la presenza dei fili elettrici che sporgevano dal volante (solo a livello sperimentale per il test di collaudo).
Come raccontò lo stesso Forghieri a Motorsport.com, Villeneuve protestò con Enzo Ferrari in merito a questo aspetto sottolineando che non si poteva guidare con la paura di poter prendere una scossa mentre si usava il volante, e il Drake gli assicurò che non avrebbe più guidato con quel dispositivo attaccato al volante. La storia poi c'insegna che con una tecnologia più ottimizzata l'idea del cambio semi-automatico messa a punto da Mauro Forghieri sarebbe stata poi ripresa nel 1989 dal progettista inglese John Barnard, il quale la introdusse sulla Ferrari 640 F1, con Nigel Mansell (all'esordio sulla Rossa) che avrebbe vinto il Gp inaugurale della stagione in Brasile sul circuito di Jacaparegua.

Dopo la delusione della stagione 1980 (con la Ferrari 312 T5 che si rivelerà essere la monoposto meno competitiva rispetto alle precedenti sia per la decisione di concentrarsi sullo sviluppo del motore turbo (che tra il 1979 e il 1980 stava prepotentemente assumendo la ribalta in Formula 1), sia per lo scarso effetto suolo generato dalla vettura, sia per il mancato aggiornamento del telaio tubolare, troppo simile a quello reintrodotto nel 1974), la Ferrari presenta nel 1981 la prima monoposto con motore turbo realizzata dalla scuderia di Maranello e progettata da Mauro Forghieri: la 126 CK, caratterizzata da un motore turbo V6 di 120° con un sistema di turbine Kühnle, Kopp e Kausch, e con delle minigonne più voluminose rispetto alle monoposto precedenti (Ferrari 312 T4 e T5).

Se la prima parte della stagione vedrà la scuderia di Maranello in difficoltà nella messa a punto del motore turbo, restano nel cuore dei tifosi le due vittorie conseguite da Villeneuve a Monaco e sopratutto a Jarama, dove conquistò la sua ultima vittoria in carriera resistendo per oltre 50 giri agli attacchi delle cinque vetture che la seguivano.

Nel biennio 1982-1983 Forghieri metterà a punto la Ferrari 126 CK2 e assieme all'inglese Harvey Postlethwaite la 126 C3 (una monoposto che vedrà l'abolizione dell'effetto suolo, e l'introduzione del profilo a freccia. Il telaio, messo a punto da Postlethwaite, prevede per la prima volta l'utilizzo di una monoscocca in composito Kevlar-fibre di carbonio) che consentiranno alla scuderia di Maranello di conquistare due titoli costruttori consecutivi grazie all'ottima competitività delle vetture, ma non il titolo piloti: nel 1982 per i gravi incidenti che portarono alla scomparsa di Gilles Villeneuve in occasione del Gp del Belgio a Zolder, e al grave incidente di Didier Pironi in occasione delle qualifiche del Gp di Germania, e nel 1983 per via dei problemi occorsi nelle ultime due gare (Gp Europa e Sud Africa) che impedirono a Rene Arnoux e a Patrick Tambay di lottare fino alla fine per il titolo, vinto dal pilota brasiliano della Brabham, Nelson Piquet.

L'assalto al titolo viene così rimandato al 1984, con Forghieri e Postlethwaite che mettono a punto la Ferrari 126 C4, una monoposto evoluzione della 126 C3 che si rivelerà purtroppo meno affidabile del modello precedente, al punto da aggiudicarsi solo il Gp del Belgio con Michele Alboreto (che aveva preso il posto di Tambay, passato in Renault al posto di Alain Prost, approdato a sua volta in McLaren, al fianco di Niki Lauda).
Al termine della stagione Forghieri si dimetterà dall'incarico di Direttore Tecnico passando alla Ferrari Engeneering, una struttura del Reparto Corse atta a mettere a punto delle soluzioni prototipali, che l'ingegnere modenese lascerà nel 1987 per approdare come detto all'inizio in Lamborghini.

Non c'è dubbio, però, sul fatto che il nome di Mauro Forghieri sia senza ombra di dubbio legato alla scuderia di Maranello, e non è un caso che Paolo Barilla, una volta ritrovato l'unico esemplare ancora esistente della Ferrari 312 B, abbia voluto proprio lui, il suo creatore, a comando della squadra di restauro della monoposto per darle modo di partecipare al Gp storico di Montecarlo 2016. Un uomo, Mauro Forghieri, che nel suo lungo periodo alla Direzione Tecnica ha regalato tantissime soddisfazioni al Cavallino Rampante, e ancora oggi è amatissimo non solo dai tifosi della Ferrari, ma anche dagli addetti ai lavori per la sua passione, per la sua immensa competenza nel mondo dei motori, ma anche per la sua capacità ingegneristica di saper anticipare i tempi. Un vero e proprio genio, insomma, al servizio e nel cuore della Rossa.

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