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Red Bull e il pit stop a gravità zero© Getty Images

Red Bull e il pit stop a gravità zero

Dopo aver realizzato in Brasile il pit stop più veloce nella storia della Formula 1 (1.82 secondi), i meccanici della Red Bull hanno alzato l'asticella riuscendo ad effettuare un pit stop in totale assenza di gravità.

24.11.2019 ( Aggiornata il 24.11.2019 12:45 )

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Una squadra abituata a mettersi costantemente in discussione. Per i meccanici della Red Bull non esistono sfide impossibili da superare. Dopo aver stabilito nell'arco della corrente stagione ben tre volte il record per il pit stop più veloce portandolo addirittura sotto i due secondi (1”91 con Pierre Gasly in occasione del Gp di Gran Bretagna, 1”88 in Germania e 1”82 in Brasile con Max Verstappen), i meccanici della squadra guidata da Chris Horner hanno compiuto una nuova emozionante impresa riuscendo ad effettuare un pit stop in totale assenza di gravità. Non è la prima volta, a dire il vero, che la squadra austriaca con sede a Milton Keynes realizza dei filmati promozionali piuttosto speciali (come non ricordare, le corse effettuate da Max Verstappen a bordo della sua Red Bull dotata di apposite catene sulla pista innevata di Kitzbuehel), ma mai prima d'ora il mondo della Formula 1 aveva solcato i confini dello spazio.
Per realizzare un pit stop così speciale e indubbiamente diverso da quelli che normalmente vengono effettuati sui circuiti che ospitano le varie tappe del Mondiale di Formula 1 è stata necessaria ovviamente una dura e attenta preparazione. Per questo motivo la squadra di supporto, che normalmente viene usata negli eventi promozionali che la Red Bull organizza un po' in tutto il mondo, è stata inviata presso il centro di addestramento Yuri Gagarin di Star City (Zvyozdni Gorodok), celebre cittadina nei pressi di Mosca dove sono soliti allenarsi gli astronauti russi, per effettuare un corso di una settimana per diventare cosmonauta grazie al prezioso supporto dell'agenzia spaziale russa Roscosmos.

Una volta completato il corso, dalla sede di Milton Keynes è stata inviata una RB1 del 2005 (con la livrea attuale) che è stata montata all'interno di un Ilyushin-II-76, un aereo da trasporto strategico attualmente utilizzato dalle forze aerospaziali russe. La scelta della RB1 a scapito delle macchine più recenti è legata al fatto che la monoposto 2005 è più leggera e più sottile (nonostante il telaio fosse stato indurito per proteggerlo dal tempo e dall'usura) rispetto ai modelli successivi. Elemento non da poco per un esperimento come quello messo a punto dalla scuderia austriaca, la quale ha ovviamente tolto dalla monoposto il motore, i fluidi, e tutte quelle componenti interne che potessero generare una difficoltà o comunque un pericolo una volta l'ambiente fosse in gravità zero.

Una volta montata la monoposto e fatti salire i sedici meccanici della squadra di supporto (assieme a una ulteriore squadra di dieci uomini per le riprese) sull'Ilyushin II-76, l'esperimento del primo pit stop a gravità zero ha potuto prendere il via all'interno della fusoliera dell'aereo. Non sono mancate le difficoltà, in quanto per creare l'effetto di gravità l'Ilyushin doveva compiere un movimento parabolico in un tempo stimato di 65 secondi inclinando il muso verso l'alto di 45° e poi successivamente verso il basso sempre di 45° con un tempo stimato di non gravità pari a 22 secondi prima della successiva risalita, di cui in realtà ne sono stati usati solo 15, in quanto nei rimanenti sette non solamente la macchina ma anche i meccanici dovevano mettersi in una adeguata posizione di sicurezza.

Alla fine però dopo i primi 2-3 tentativi che hanno permesso ai meccanici Red Bull di rendersi conto della situazione le difficoltà sono state man mano superate, e così (come dimostrano le immagini) nell'arco dei 10 tentativi (e dei 90 minuti di volo previsti) è stato possibile effettuare quello che ad oggi può essere senza ombra di dubbio definito come il più complicato “show run” di tutti i tempi.

Un'esperienza sicuramente atipica, quella svolta dai meccanici della scuderia austriaca, che però ci consente ancora una volta di apprezzare in un modo leggermente differente dal consueto quello splendido spettacolo di sincronia e di unione di squadra chiamato pit stop.

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