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Mancini dietro a Pozzo e Bearzot© Getty Images

Mancini dietro a Pozzo e Bearzot

Il prolungamento fino al 2026 del contratto dell'allenatore con la Nazionale si inserisce in una tendenza che vede le federazioni concedere tempi più lunghi rispetto ai club. Anche se in teoria dovrebbe essere il contrario...

Stefano Olivari

19.05.2021 ( Aggiornata il 19.05.2021 23:08 )

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Roberto Mancini ha prolungato fino al 2026 il suo contratto con la Nazionale, che quindi dovrebbe allenare fino al Mondiale del 2026 in Nord-America, quando avrà 62 anni (fa impressione dirlo, per chi ha visto Mancini esordire in Serie A nel Bologna). Considerando che la sua avventura da tecnico azzurro è iniziata nel 2018, se tutto andasse bene con 8 anni su questa panchina Mancini sarebbe dietro come durata soltanto ai 19 di Vittorio Pozzo, dal 1929 al 1948 (più una breve parentesi nel 1912 per le Olimpiadi di Stoccolma) e ai 9 di Enzo Bearzot, dal 1977 al 1986, che sarebbero 11 calcolando anche il periodo con Fulvio Bernardini supervisore. 

Nel caso sarebbe una grande impresa, considerando le pressioni a cui l’allenatore della nazionale è sottoposto, soprattutto nei paesi che sulla carta dovrebbero sempre lottare per vincere. La tendenza è comunque quella di dare fiducia ad un allenatore per un tempo lungo, contrariamente a ciò che avviene nei club. Löw, ormai ai saluti con Flick in arrivo, guida la Germania dal 2006, Deschamps la Francia dal 2012, Luis Enrique, per il quale c’è un progetto tipo Mancini, la Spagna del 2018, Southgate l’Inghilterra dal 2016. Rimanendo sulle nazionali importanti si possono citare il Belgio di Martinez (dal 2016), il Portogallo di Fernando Santos (dal 2014), la Svizzera di Petkovic (dal 2014), il Brasile di Tite (dal 2016) e soprattutto l’Uruguay di Tabarez (dal 2006, più due anni dal 1988 ai Mondiali di Italia ’90). L’Argentina ha Scaloni dal 2018, mentre ad alto livello l’unica nazionale con un allenatore di nomina recente è l’Olanda di Frank De Boer (2020).

Ogni storia è diversa, ma il confronto con i grandi club degli stessi paesi, anche quelli che vincono quasi sempre (si pensi al Bayern Monaco), parla chiaro: nell’ultimo decennio le nazionali sono quasi tutte state costruite intorno ad un progetto con un allenatore ben preciso e non in base alle sensazioni del momento. Mancini e soprattutto il prolungamento di Mancini rientrano in questa tendenza. Viene da chiedersi perché ragionino così le federazioni, che hanno a disposzione i giocatori solo ogni tanto, e non i club che davvero potrebbero costruire qualcosa. 

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