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Il nuovo Barcellona di Laporta© Getty Images

Il nuovo Barcellona di Laporta

Il club catalano ha eletto per la terza volta presidente l'avvocato che vinse Champions League sia con Rijkaard sia con Guardiola. Nel 2003 aveva trovato una situazione debitoria pesantissima, anche se non come quella di oggi....

Stefano Olivari

08.03.2021 ( Aggiornata il 08.03.2021 16:11 )

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Joan Laporta è di nuovo presidente del Barcellona, 11 anni dopo la fine della sua prima era, nel 2010, proprio a metà del quadriennio di Pep Guardiola come allenatore della prima squadra. Era un Barcellona di livello stellare, che l’anno prima aveva conquistato il cosiddetto Sextete (campionato, coppa e supercoppa di Spagna, Champions League e Supercoppa europea, Mondiale per club) con i vari Iniesta, Xavi, Piqué, Puyol, oltre ovviamente a quel Messi il cui rinnovo del contratto è tutt’altro che certo anche se Laporta ha in chiave elettorale ‘venduto’ la cosa come già fatta, un po’ come l’ingaggio di Beckham nel 2003 quando fu eletto presidente per la prima volta. Solo che Beckham non solo non arrivò al Barcellona, ma andò dal Manchester United al Real Madrid…

Oggi come nel 2003 il Barcellona arriva da anni difficili sul piano sportivo e finanziario, anche se nel 2021 la situazione debitoria è una vera e propria voragine: 1.173 milioni di euro, la maggior parte da rimborsare entro pochi mesi. 18 anni fa il campione da cui ripartire, l’uomo simbolo, fu Ronaldinho, con Frank Rijkaard in panchina: dopo una stagione di trasizione si tornò a vincere la Liga e dopo due la seconda Champions League della storia blaugrana. Sull’onda di quel trionfo Laporta stravinse le elezioni del 2006, era così popolare che nessun altro candidato raccolse le firme necessarie per presentarsi. Due anni dopo Laporta fu messo in discussione nel quadro di una delle mille faide dirigenziali della storia del Barcellona, ma ne uscì brilantemente lanciando l’allora giovane Guardiola, che con la seconda squadra aveva appena conquistato la promozione in terza serie: ogni mille presunti predestinati uno che diventa Guardiola lo si trova.

Cosa sia diventato quel Barcellona lo ricordano tutti, così come tutti ricordano le circostanze in cui nel 2010 Laporta rinunciò a ripresentarsi alle elezioni, lasciando il campo livero a Sandro Rosell. Era il infatti il periodo in cui aveva deciso di dedicarsi a tempo pieno alla politica, fondando il partito Democracia Catalana e presentandosi alle elezioni amministrative catalane in una coalizione chiamata Solidaridat Catalana per la Independencia che nel novembre 2010 prese 4 deputati. Per farla breve: la carriera politica dell’ambizioso avvocato Laporta non è mai decollata, facendogli presto capire che la politica l’avrebbe potuta fare più facilmente attraverso il calcio. Ma intanto il posto l'avevano preso altri. Sarebbe di nuovo sceso in campo nel 2015, contro un Bartomeu fresco di Champions (l'ultima vinta dal Barcellona, quella con Messi, Neymar e Suarez in finale sulla Juventus di Allegri), perdendo di poco. E adesso rieccolo. Ma cosa cambierà al Barcellona con il ritorno di Laporta? Facile pensare ad una squadra più identitaria, conoscendo le sue idee politiche, anche se trovarsi serviti Xavi e Iniesta è diverso dall'avere i pur promettenti Riqui Puig e Pedri. 

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