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Gli ultimi anni di Nobby Stiles e dei Boys of '66© Getty Images

Gli ultimi anni di Nobby Stiles e dei Boys of '66

Il mediano è il settimo titolare dell'Inghilterra campione del mondo a morire. Non è una sorpresa, vista l'età, ma in tanti si stanno facendo domande su una malattia che per quella generazione si può definire professionale...

Stefano Olivari

06.11.2020 ( Aggiornata il 06.11.2020 16:00 )

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Nobby Stiles è morto qualche giorno fa, a 78 anni, e con lui se ne va un altro pezzo dell’Inghilterra campione del mondo 1966, in piena era Beatles, una nazionale ricordata in patria in maniera affettuosa con la denominazione ‘Boys of ‘66’. Come a dire che quello fu sì un trionfo calcistico, anche se in parte condizionato da arbitraggi casalinghi, ma fu soprattutto un trionfo generazionale. Di un’Inghilterra già proiettata nel futuro, un paese che dettava mode e tendenze, ma che ancora conservava qualche ricordo e qualche (buona) maniera dell’era imperiale.

Stiles era un ottimo mediano, più portato a distruggere che a costruire, in quello che oggi definiremmo 4-3-1-2 lui giocava davanti ai quattro difensori (Cohen, Jack Charlton, Moore e Wilson), avendo a fianco Ball e Peters. Una squadra che Alf Ramsey aveva voluto blindata, per lasciare un po’ di libertà a Bobby Charlton, alle spalle di Hurst e Hunt. In porta Gordon Banks… Al di là della lavagna tattica e di partite che abbiamo visto fuori tempo massimo, per le sue doti atletiche Stiles aveva spesso compiti speciali ed il più famoso di tutti fu l’annullamento di Eusebio nella semifinale contro il Portogallo. Di sicuro in quel Mondiale gli lasciarono fare di tutto, soprattutto contro la Francia e contro l’Argentina nei quarti e non è solo una curiosità che il presidente della FIFA fosse l’inglese Stanley Rous.

Ma al di là di Stiles, che è stato anche una leggenda del Manchester United (sempre coprendo Bobby Charlton), squadra della sua città e in cui era cresciuto, cosa che bisogna sempre ricordare a chi si chiede come mai si rimpiangano i calciatori di una volta, cosa ne è stato dei Boys of ’66? Fra i titolari sono morti Banks, nel 2019 a 81 anni, Jack Charlton, lo scorso luglio a 85, il capitano Bobby Moore nel 1993, a 51 anni, di cancro, Ray Wilson nel 2018 a 83, appunto Stiles, Ball, nel 2007 di infarto a 61 anni e Peters nel 2019 a 76 anni. Rimangono vivi Cohen, Bobby Charlton, Hurst e Hunt.

Non abbiamo scritto questo post per aggiornare una contabilità macabra, ma per sottolineare che dei 7 morti, ma sarebbe meglio dire dei 5 morti anziani, ben 4 (Jack Charlton, Wilson, Stiles, Peters) erano malati da anni di Alzheimer o avevano sviluppato forme di demenza. E purtroppo le ultime notizie dicono che anche Bobby Charlton abbia qualche problema di questo tipo. Una percentuale quasi incredibile e che non abbiamo notato soltanto noi, visto che molti calciatori della loro generazione (fra i quali Cohen) hanno spesso raccolto fondi per la lotta a questo tipo di malattie. Secondo una teoria legate in parte anche alle migliaia di colpi di testa dati a palloni più pesanti di quelli attuali (pesantissimi quando si bagnavano), anche se nessuno in questo senso può vendere certezze. Certo ai tempi la lotta al doping nel calcio non esisteva, come del resto oggi, senza contare il fatto che i calciatori avessero una minore coscienza dei rischi che correvano e avessero in ogni caso una minore possibilità di dire di no. 

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