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Il Mondiale di Ramon Diaz© Getty Images

Il Mondiale di Ramon Diaz

L'ex attaccante della nazionale argentina 1982 è diventato l'allenatore del Botafogo, al posto di Lazaroni junior. Nella sua carriera di tecnico l'antipatia di Maradona ha contato meno che in quella di giocatore...

Stefano Olivari

06.11.2020 ( Aggiornata il 06.11.2020 16:02 )

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Ramon Diaz è il nuovo allenatore del Botafogo e che un grande del calcio argentino alleni un club brasiliano di prestigio incuriosisce, anche se non si tratta certo del primo caso e nel solo Brasilerão attuale Diaz va ad aggiungersi ad Eduardo Coudet, dell’Internacional di Porto Alegre, e al più titolato Jorge Sampaoli dell’Atletico Mineiro. Diaz prende il posto di Bruno Lazaroni, figlio di Sebastião, e fa notizia anche perché pur avendo ormai una lunghissima carriera come tecnico, piena di vittorie (soprattutto con il suo River Plate, fra le altre cose anche la Libertadores del 1996) rimarrà nell’immaginario collettivo italiano come un’icona del calcio degli anni Ottanta, che lui ha vissuto da attaccante della nazionale argentina ma anche di Napoli, Avellino, Fiorentina e Inter, con la gemma dello scudetto 1988-89 vinto da protagonista e da uomo assist per Aldo Serena, cosa che però non impedì al club nerazzurro di sostituirlo con Klinsmann.

Ma se la carriera di Diaz a livello di club è notissima, molto meno si è parlato del perché la sua a livello di nazionale sia finita in teoria e in pratica nel 1982, dopo il Mondiale di Spagna, a soli 23 anni. Le ultime sue due partite con l’Albiceleste sono due partite che ogni italiano all’epoca vivente ricorda bene: quella persa contro gli azzurri, in cui Diaz rimase in campo per un’ora prima di essere sostituito da Calderon, e quella strapersa contro il Brasile, in cui Menotti lo fece partire dalla panchina per poi inserirlo nel secondo tempo al posto di uno spentissimo Kempes: nell’occasione Diaz segnò l’amaro gol dell’1-3 a un minuto dalla fine, poco dopo l’espulsione di Maradona.

Già, Maradona. In teoria quasi un fratello, vista l’età simile ed il fatto di essere stati i trascinatori dell’Argentina al Mondiale Under 20 del 1979, in pratica il motivo principale per cui Diaz non avrebbe più giocato in nazionale dopo Spagna ’82. Appena nominato commissario tecnico al posto di Menotti, Carlos Bilardo si mise senza se e senza ma nelle mani di Maradona, costruendogli attorno una squadra di gregari: non i migliori dieci giocatori argentini possibili, ma i dieci migliori possibili compagni di Maradona. Dal punto di vista calcistico ma anche umano: nonostante le tante partite giocate insieme e anche contro, Diaz nel River Plate e Maradona con la maglia di Argentinos e Boca Juniors, fra i due non c’era alcuna affinità fuori dal campo. Ed in campo Maradona mal sopportava la creatività di Diaz, attaccante che secondo lui (lo ha anche detto apertamente in tante interviste) pensava troppo alle sue giocate e poco ai gol.

La vera e propria rottura avvenne durante il Mondiale del 1982, quando Maradona era già una stella ma l’Argentina non era ancora sua. Dopo il brutto esordio contro il Belgio, sconfitta per 1-0 nella partita inaugurale, Diaz lo accusò di avere tradito la squadra, giocando troppo arretrato per toccare più palloni e mettersi in mostra presso il pubblico spagnolo che di lì a poco lo avrebbe visto con continuità nel Barcellona. Fu l'unico ad azzardare una critica. Maradona non la prese bene, e del resto contro il Belgio avevano giocato male in tanti, e così semplicemente chiese a Menotti la sua testa. Risultato: da titolare Diaz venne degradato a panchinaro non giocante nella vittoria contro l’Ungheria, con pochi minuti poi concessigli contro El Salvador. Infine il girone rimastoci nel cuore, con Diaz messo dentro senza convinzione contro l’Italia e di nuovo panchinato con il Brasile. Volarono parole grosse e Diaz dalle convocazioni seguenti non fece, come si direbbe oggi, più parte del progetto.

Gli attaccanti-gregari di Maradona che diventarono campioni del mondo nel 1986 in Messico furono Pasculli, Almiron e Valdano, e possiamo considerare un giocatore offensivo anche Burruchaga. Proprio alla vigilia del Mondiale italiano del 1990 il presidente argentino Menem chiese la convocazione di Diaz, ma nemmeno lui che per lungo tempo con Maradona ebbe un buon rapporto riuscì nell'impresa. Così verso quella insperata finale con la Germania Ovest gli attaccanti che accompagnarono quel Maradona crepuscolare furono Balbo, Calderon, Caniggia e Dezotti, oltre a Burruchaga. Ramon Diaz non era inferiore ad alcuno di loro, ma fra qualche anno chi se lo ricorderà?

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