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Il quadrato magico di Hidalgo

Il quadrato magico di Hidalgo

L'ex allenatore della Francia è stato il creatore di una delle nazionali più spettacolari della storia del calcio, ma anche dell'Olympique Marsiglia dell'era Tapie... 

Stefano Olivari

27.03.2020 ( Aggiornata il 27.03.2020 15:44 )

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Michel Hidalgo è stato l’architetto della Francia più bella di sempre, che il Mondiale lo ha soltanto sfiorato ma che nella memoria dei francesi è stata molto più celebrata di quella di Kopa e Fontaine 1958 e di quella Black blanc beur del 1998, mentre per quella che ha trionfato in Russia aspettiamo che passi qualche anno. La Francia di Michel Platini, il cui centrocampo del 'carré magique' (quadrato magico) era del tutto paragonabile a quello della grande Olanda di Michels e a quello del Brasile di Santana. E come negli altri casi citati, era strettamente legato alla enorme qualità degli interpreti.

Ma è inutile girarci intorno: al di là della qualità di Tigana, Giresse e Genghini (agli Europei 1984 Fernandez), delle tante vittorie e anche dell’ottimo Mondiale 1986 quando però in panchina c’era Henri Michel, il mito di quella squadra è legato a quella che senza il filtro del tifo, per l’Italia o qualsiasi altra squadra, può essere considerata la partita di calcio più bella della storia: Germania Ovest-Francia del Mondiale di Spagna 1982. Nella peggiore delle ipotesi una partita che in una discussione del genere ha cittadinanza.

Spesso ridotta al criminale fallo di Schumacher su Battiston, che anche con le regole del 1982 sarebbe stato rigore ed espulsione (ma si riprese il gioco con la rimessa dal fondo ed il portiere tedesco nemmeno ammonito…), quella partita fu in realtà molto altro. Il punto più alto dell’idea francese di calcio ed uno dei diversi punti più alti dell’idea tedesca, con giocatori iconici come Stielike, Briegel, appunto Schumacher, i fratelli Fõrster, Dremmler, Rummenigge, Hrubesch, un Breitner riveduto e corretto rispetto a quello del 1974: insomma, la Germania dell’immaginario collettivo, anche degli stessi tedeschi, con qualche geniale anomalia come Littbarski. Per la Francia di Hidalgo un’amarissima sconfitta ai rigori dopo essere stata in vantaggio per 3-1 fino al 12’ del primo tempo supplementare, una delusione che però sarebbe stata alla base del trionfo nell’Europeo casalingo del 1984 più o meno con lo stesso gruppo (fra le colonne sarebbe mancato soltanto Tresor).

Ma tornando a Hidalgo, bisogna ricordare la situazione della Francia che lui prese in mano nel 1975: una nazionale che nei precedenti 4 Mondiali 3 volte aveva mancato la qualificazione (si andava in 16, bisogna sempre ricordarlo) e una era stata eliminata al primo turno. Così come quella dei calciatori francesi quando lui nel 1964 succedette a Just Fontaine come loro leader: in pochi anni riuscì a portare a casa modifiche storiche, su tutte l’abolizione del vincolo a vita, che in Italia sarebbe stata introdotta qualche anno più tardi. Calciatore di buon livello nello Stade Reims di Kopa (da ala destra segnò anche un gol in una finale di Coppa Campioni con il Real Madrid), sindacalista, allenatore, infine dirigente per la federazione francese e per l’Olympique Marsiglia, nel 1986 appena passato nelle mani di Bernard Tapie. Con Hidalgo direttore sportivo arrivarono a Marsiglia due degli eroi di Siviglia. Giresse e Karl-Heinz Forster, ma anche Papin, Abedi Pelé, Klaus Allofs, Sauzée, Vercruysse, Cantona prima che diventasse Cantona, Mozer, Waddle, Francescoli…. Quando l’Olympique salì sul tetto d’Europa, nel 1993, Hidalgo non c’era più ma il suo segno lo aveva come al solito lasciato.

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