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Da Zico a Gabigol, le Libertadores del Flamengo© Getty Images,,

Da Zico a Gabigol, le Libertadores del Flamengo

La squadra di club più amata del Brasile è diventata come nel 1981 campione del Sudamerica, con due giocatori simbolo che non potrebbero essere più diversi. Ma il paragone non è comunque blasfemo, ricordando lo Zico di 23 anni...

Stefano Olivari

24.11.2019 ( Aggiornata il 24.11.2019 19:48 )

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Il Flamengo ha conquistato la Coppa Libertadores al termine di una drammatica finale contro il River Plate, ribaltando il risultato nel finale grazie a una doppietta di Gabigol che così ha ufficializza anche per il resto del mondo quello che in Brasile è chiaro da mesi: il giocatore intravisto all’Inter, che tuttora lo controlla, era dal punto di vista fisico un altro rispetto a quello che è diventato l’idolo dei tifosi del Flamengo. 31 gol e 10 assist nelle 38 partite disputate con la maglia di club più amata del Brasile (“O mais querido”) dicono molto ma non tutto del cambio di passo di una ex grande promessa che ha iniziato a mantenere qualcosa.

L’altra Libertadores del Flamengo risaliva al 1981, e anche in quell’anno campione d’Europa era il Liverpool, non è quindi assurdo usare un emergente come Gabigol per ricordare il più grande successo nella carriera di Zico. Una Libertadores che il Galinho conquistò nel pieno della carriera, a 28 anni, quando già da tanto era il calciatore più amato del Brasile, in un Flamengo che oltre lui poteva contare su Junior, altra icona del Mondiale ’82 che in Italia avremmo visto con Torino e Pescara, un altro fedelissimo del Flamengo (oltre che titolare nella sfortinata Selecão di Teleé Santana) come Leandro, Mozer, Marinho, il futuro romanista Andrade e un attaccante non brillante ma amatissimo dai tifosi rossoneri come Adilio.

La doppia finale contro i cileni del Cobreloa diventò una tripla finale, perché dopo il 2-1 di Rio de Janeiro, doppietta di Zico (stupendo il primo gol, nato da uno scambio con Adilio), e la sconfitta 1-0 a Santiago, si disputò una ‘bella’ in campo neutro, a Montevideo, e la vinse il Flamengo 2-0 con due gol ancora di Zico. La squadra allenata da Paulo Cesar Carpegiani, alla sua prima esperienza in panchina dopo una carriera da giocatore conclusasi pochi mesi prima proprio nel Flamengo, riuscì a resistere a provocazioni di ogni tipo. Ma questo potremmo dirlo di quasi ogni squadra arrivi in fondo alla Libertadores, anche in epoca recente.

La storia della Libertadores di Zico si lega anche alla prematura morte di Claudio Coutinho. Proprio l’ex selezionatore del Brasile nel 1978, in grande sintonia con Zico, che l’anno prima aveva portato il Flamengo alla sua prima vittoria nel Brasilerão, cioè il campionato nazionale, incredibilmente nato solo nel 1971. Con Zico ovviamente trascinatore, non solo per i 21 gol. Coutinho è poco ricordato, ma è stato l'uomo al quale il calcio brasiliano deve la sua europeizzazione e la sua entrata nell'era moderna: senza di lui non ci sarebbero stati i Mondiali vinti da Carlos Alberto Parreira e da Scolari, ma una serie infinita di belle sconfitte alla Telé Santana (che peraltro era un vincente, anche se non in nazionale). Dopo quel titolo nazionale Coutinho emigrò negli USA per allenare i Los Angeles Aztecs della NASL (qualche anno prima ci avevano giocato Best e Cruijff), ma tornava di frequente in Brasile e il Flamengo gli era rimasto nel cuore, lo sentiva tatticamente come una sua creatura anche perché lo era. Morì quattro giorni dopo la conquista della Libertadores, a 42 anni, in un incidente mentre faceva pesca subacquea vicino a Ipanema.

Quella Libertadores è ricordata anche per una situazione che ad alto livello è rarissima, cioè l’interruzione di una partita perché una squadra ha più di quattro giocatori espulsi (non si può giocare in meno di sette). Accadde nello spareggio fra l’Atletico Mineiro e il Flamengo, per il passaggio alla seconda fase, quando l’arbitro Wright ne buttò fuori cinque del’Atletico Mineiro. Il Flamengo conquistò la sua prima Libertadores il 23 novembre, stesso giorno del Flamengo 2019, e venti giorni dopo l’Intercontinentale contro il Liverpool di Bob Paisley, dedicando il trionfo mondiale a Coutinho: a Tokyo altra prestazione clamorosa di Zico, che in quel 3-0 ispirò tutti e 3 i gol. Lancio perfetto per il capellone Nunes per il primo, suo destro su punizione non trattenuto da Grobbelaar con tocco di Adilio per il secondo, poi passaggio a Nunes per il 3-0. 

L’anno magico di Zico (che per mesi fu l'obbiettivo di mercato del Milan, Rivera lo aveva convinto ma poi la Coca Cola mise i soldi per farlo rimanere in Brasile almeno fino al Mondiale) e del Flamengo era stato già segnato anche da una leggendaria amichevole al Maracanà, disputata in settembre contro il Boca Juniors del ventunenne Maradona, dove giocavano anche Gatti e Ruggeri: 2-0 con due gol di Zico. Tutte partite che all'epoca in Italia non si vedevano che per pochi frammenti, di qualità infima, e che dopo averle sognate leggendo i giornali avremmo scoperto nell'era di You Tube. Con tutto questo non vogliamo dire che Gabigol sia l’erede di Zico, al di là delle caratteristiche diverse, ma che a 23 anni ha vinto di sicuro più di Zico. In Europa sono arrivati brasiliani con referenze peggiori, trattati come fenomeni. 

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