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La Coppa d'Africa dell'Algeria francese© AFPS

La Coppa d'Africa dell'Algeria francese

Ben 14 giocatori sui 23 della nazionale di Belmadi sono nati e cresciuti in Francia, come calciatori e uomini. La dimostrazione che le nazionali hanno ancora un senso o che non hanno più un senso?

Stefano Olivari

25.07.2019 ( Aggiornata il 25.07.2019 13:35 )

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L’Algeria è davvero la squadra più forte d’Africa? Chiederselo non è banale, dopo la conquista della seconda Coppa d’Africa della sua storia, dopo una finale giocata nettamente peggio del Senegal ma portata a casa grazie al pazzesco autogol nato da un tiro di Bounedjah. La cosa più incredibile di tutte è che una squadra come il Senegal, peraltro in finale senza Koulibaly squalificato, non abbia mai vinto questo trofeo nonostante sia ai vertici del calcio africano almeno dal 1990, quando a vincere fu proprio  l’Algeria, che aveva come leader lo straordinario Rabah Madjer, che tre anni prima aveva anche portato il Porto a vincere la Coppa dei Campioni.

Ma tornando all’Algeria di oggi e alla sua seconda Coppa d’Africa, bisogna dire che il suo percorso è stato lineare: a punteggio pieno nel girone, battendo fra l’altro anche il Senegal, in scioltezza negli ottavi con la Guinea, poi uscita viva dagli scontri con due corazzate come Costa d’Avorio (ai rigori) e Nigeria (gol decisivo di Mahrez nel recupero). Nonostante il rendimento altalenante (e nullo nella finale) di Mahrez, e l’utilizzo limitato di Brahimi e Atal (lui per motivi fisici), per citare due sempre presenti nelle cronache di mercato, questa squadra di buoni comprimari ha trovato un grande personaggio in Mandi, difensore centrale del Betis Siviglia, e una sicurezza in Bennacer, che dall’Empoli dovrebbe passare al Milan.

La cosa che più colpisce dell’Algeria, e l’abbiamo notata soprattutto dopo i disordini scoppiati a Parigi in seguito alle vittorie della nazionale di Belmadi, è la quantità di giocatori della sua rosa che avrebbe (o avrebbe avuto) titolo per giocare nella nazionale francese. Dei 23 convocati si fa prima dire chi è nato e cresciuto in Algeria: il portiere di riserva Doukha, i difensori Benlamri (che invece è stato decisivo), Atal, Halliche e Bensebaini, i centrocampisti Boudaoui e Belaili, gli attaccanti Bounedjah e Slimani. Gli altri, quindi 14 su 23, sono tutti nati e cresciuti, umanamente e calcisticamente, in Francia. Qualcuno ha scelto l’Algeria per convenienza, perché mai avrebbe trovato spazio nella nazionale francese, ma dubitiamo che questa sia stata la motivazione di Mahrez, Ounas, Feghouli, Brahimi e Mandi, gente che potrebbe interessare anche a Deschamps. Evidentemente il sentimento di appartenza nazionale è qualcosa che va al di là di un pezzo di carta e anche della stessa storia personale, con buona pace di chi dice che le nazionali (per non dire le nazioni) sono concetti superati. Tutto è completato dal c.t., francesissimo ma di genitori algerini come 14 dei suoi giocatori. Insomma, gli stessi argomenti possono facilmente essere usati sia da chi dice che la nazionali non hanno più un senso sia da chi dice che sono la base del calcio. 

Va detto che questo giochino dell’anima divisa in due con la Francia potremmo farlo con tante nazionali africane, compreso il Senegal di Koulibaly e Niang, ma è nell’Algeria che il fenomeno aggiunge alla dimensione numerica notevolissima altre situazioni che prescindono dal calcio e che rappresentano da ogni angolazione politica un nervo scoperto, come dimostrano anche le reazioni che genera Zidane (i cui genitori sono di origine algerina) ogni volta che certi argomenti vengono toccati. Di sicuro da giovane promessa del Cannes ebbe una mezza proposta dalla federazione algerina, ma la lasciò cadere ben prima di diventare Zidane perché, pur avendo (li ha tuttora) entrambi i passaporti si considerava più francese che algerino. Stiamo parlando di un fuoriclasse, con niente in comune con i giocatori dell’Algeria attuale, ma anche di un’altra Francia.

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