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L’Eintracht e una partita da romanzo

L’Eintracht e una partita da romanzo

Ha vinto la Coppa di Germania superando in finale il Bayern, grazie alle mosse di Niko Kovac, il tecnico croato che qualche settimana prima aveva già firmato un contratto triennale con il club di Hoeness e Rummenigge. Storia di un'impresa: la formula del 3-4-2-1, Boateng e l'ex viola Rebic, i gol del serbo Jovic e quella singolare protesta dei tifosi dell'Eintracht, pronti a lanciare in campo centinaia di palline da tennis per manifestare contro il calendario in versione spezzatino...

Stefano Chioffi

11.06.2018 17:35

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Il museo dell’Eintracht Francoforte ha un fascino particolare con i suoi quattrocento metri quadrati di ricordi, con i suoi oggetti da antiquariato, con le sue pareti colorate di storia, con gli scarpini del passato chiusi sotto anfore di vetro, con le tute e gli autografi dei vecchi campioni, con le locandine e i poster di quasi un secolo fa, con i biglietti da collezione delle partite più amate, con i guanti dei portieri. Un viaggio nel tempo che parte dai documenti firmati l’8 marzo 1899, giorno della fondazione del club. Si trova all’interno dello stadio Commerzbank Arena, al civico 362 di Mörfelder Landstrasse. E’ aperto dal martedì al sabato. L’ingresso, per gli adulti, costa cinque euro. Palloni, maglie con i numeri cuciti a mano, gagliardetti, trofei, persino il tagliaerba usato dai giardinieri nella finale di ritorno di Coppa Uefa giocata nel 1980, quando l’Eintracht superò in casa il Borussia Mönchengladbach di Lothar Matthäus. L’allenatore era Friedel Rausch, la difesa era governata dall’austriaco Bruno Pezzey, uno dei due stranieri con il sudcoreano Cha Bum-Kun, attaccante completo e moderno per l’epoca, velocissimo in contropiede, elegante, soffiato al Darmstadt per pochi marchi. Ma il primo asso di quella squadra era Bernd Hölzenbein, mezzala di talento: invenzioni, personalità, colpi di fionda da fuori area, uno dei quattro giocatori dell’Eintracht ad aver vinto il Mondiale con la Germania Ovest insieme con Alfred Pfaff, Jürgen Grabowski e Uwe Bein. Personaggi, tradizione, radici, senso di appartenenza. L’Eintracht è uno degli otto club tedeschi ad aver conquistato almeno un trofeo a livello europeo con il Bayern Monaco (cinque Coppe dei Campioni/Champions), il Borussia Dortmund, l’Amburgo, il Borussia Mönchengladbach, il Bayer Leverkusen, lo Schalke 04 e il Magdeburgo. Si porta dietro tante storie, l’Eintracht, che ha appena ritrovato copertine e prime pagine dopo periodi faticosi e complicati con un allenatore, Niko Kovac, ex ct della Croazia, che si è regalato una finale da romanzo in Coppa battendo il Bayern Monaco, la società con la quale aveva già firmato un contratto fino al 2021.


LE PALLINE DA TENNIS - Anche in Germania, dopo le vacanze di Natale, è stato introdotto il calendario in versione spezzatino, con la novità di una partita posticipata al lunedì sera, un passaggio obbligato secondo i ragionamenti dei manager della Deutscher Fussball-Bund per rendere più appetibile l’offerta dei diritti tv all’estero. La Bundesliga è il campionato che fa registrare in Europa la media più alta di presenze negli stadi: 44.657 spettatori a partita, quasi un milione in più rispetto ai dati del report presentato nel 2017 e quasi il doppio della Serie A (24.784). Ma il monday-night, inventato dai maghi del business della Premier League, non piace ai tedeschi. Manifestazioni, proteste, petizioni online, cortei, striscioni, per schierarsi contro le logiche di un calcio da slot-machine. I tifosi dell’Eintracht Francoforte, l’unico club con il Bayern ad aver chiuso la stagione con un trofeo (la Coppa di Germania), hanno guidato questa piccola insurrezione. Il 19 febbraio, in occasione della gara in casa vinta per 2-1 con il Lipsia - al Waldstadion, ribattezzato Commerzbank Arena per motivi commerciali - hanno contestato l’introduzione del calendario spezzatino lanciando in campo centinaia di palline da tennis durante l’intervallo, e obbligando l’arbitro Felix Zwayer, di professione agente immobiliare, a cominciare il secondo tempo con dieci minuti di ritardo.

LO STADIO E I BIGLIETTI - Tifosi che rifiutano l’etichetta, il ruolo, di clienti: ecco la radice di questa opposizione collettiva. Nel caso dell’Eintracht Francoforte, poi, la gente ha davvero recitato un ruolo fondamentale in questi ultimi mesi. Difficile trovare un biglietto al Commerzbank Arena, che può contenere 51.500 persone e ne ha ospitate in media 49.100. Un record, quello legato alle presenze sugli spalti, che appartiene al Borussia Dortmund: 79.496 spettatori a partita, primo posto davanti al Bayern Monaco (75.000 abbonati), che ha vinto il suo sesto titolo consecutivo.

MERCATO DI QUALITA’ - L’Eintracht Francoforte, campione di Germania solo una volta (nel 1959, con l’allenatore Paul Osswald) e finalista nel 1960 in Coppa dei Campioni (sconfitto per 7-3 dal Real Madrid di Alfredo Di Stefano, Ferenc Puskas e Francisco “Paco” Gento), ha rappresentato la grande variante dell’ultimo periodo insieme con lo Schalke 04 di Domenico Tedesco (origini calabresi, ex ingegnere alla Mercedes) e all’Hoffenheim di Julian Nagelsmann (il tecnico più giovane, trent’anni, nel panorama europeo). Ha offerto spettacolo con il 3-4-2-1 di Niko Kovac, ha valorizzato talenti come Mijat Gacinovic, classe 1995, lanciato dal Vojvodina, mezzala oppure esterno sinistro, campione del mondo Under 20 con la Serbia di Sergej Milinkovic-Savic nel 2015 in Nuova Zelanda, e come gli attaccanti Luka Jovic (1997), stessa nazionalità di Gacinovic, otto gol, in prestito biennale dal Benfica, e Sebastien Haller (1994), nove reti, passaporto francese, scoperto dal direttore sportivo Fredi Bobic nell’Utrecht, in Olanda. L’Eintracht, guidato con personalità dall’ex milanista Kevin-Prince Boateng e da Jonathan De Guzman (riserva nel Napoli di Rafa Benitez), ha accarezzato per un po’ addirittura il sogno della qualificazione in Champions. Era quarto alla ventottesima giornata: ha chiuso poi al nono posto ma ha conquistato per la quinta volta nella sua storia la Coppa di Germania (l’ultimo successo risaliva al 1988). Una meraviglia per il club rossonero che nel 2012 giocava nella Zweite Liga (la serie B tedesca) e che due anni fa si era salvato ai play-out, dopo lo spareggio con il Norimberga.

LA RISPOSTA AL BAYERN - L’Eintracht ha battuto in finale per 3-1 il Bayern: doppietta del croato Ante Rebic, classe 1993, ex promessa della Fiorentina, e perla di Mijat Gacinovic nei minuti di recupero. Una prova da applausi davanti a Robert Lewandoswki e Thomas Müller, che si era già portato a casa in estate la Supercoppa superando ai rigori il Borussia Dortmund. Un’opera d’arte, come l’hanno definita i dirigenti, indispettiti qualche settimana prima dal blitz del Bayern, pronto a strappare all’Eintracht l’allenatore della rinascita, Niko Kovac, ex ct della Croazia, scelto dal presidente Uli Hoeness e dall’amministratore delegato Karl-Heinz Rummenigge per sostituire Heynckes. L’annuncio dell’accordo (contratto triennale) era stato twittato il 13 aprile, trentasei giorni prima della finale della Coppa di Germania, provocando la reazione dell’Eintracht, che ha ingaggiato l’austriaco Adolf Hütter (un titolo con il Salisburgo e uno con lo Young Boys): «Il loro comportamento è stato poco professionale e irrispettoso. Con noi non c’è stato alcun contatto. Il Bayern ha pensato a se stesso e neppure per un secondo agli interessi nostri».

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