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Il lungo addio a Osimhen© Getty Images

Il lungo addio a Osimhen

L'affare di Napoli e Galatasaray, il boom dei tesserati, il ritiro di Cristian Totti, le cessioni del Bologna e i rinvii al giorno dopo

10 giorni fa

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L’ufficialità di Osimhen al Galatasaray chiude una trattativa lunghissima, con tutti che sembrano aver vinto: il Napoli che porta a casa 75 milioni, meno di quanto avrebbe potuto-voluto incassare nel 2023 e 2024 ma più di quanto nel 2020 effettivamente lo pagò al Lille, cioè circa 50 milioni al netto degli artifici contabili (traduzione: il valore gonfiato di Karnezis, Manzi, Palmieri e Liguori), il Galatasaray che trattiene un giocatore che a Istanbul si trova benissimo e fa la differenza, Osimhen stesso che di puro orgoglio da due anni rifiuta di andare a fare il baby-pensionato in Arabia, come da piani di De Laurentiis. Al netto dei discorsi da cultori dello scudetto dei bilanci (la plusvalenza del Napoli è in questo caso reale), colpisce il fatto che il quarto scudetto sia arrivato dopo avere accompagnato alla porta due dei più forti attaccanti del mondo. Una cosa davvero mai accaduta, non soltanto in Italia, in un certo senso un altro scudetto. Di sicuro l'opinione di Osimhen fa notizia: ancora nel 2025 meglio un'Europa di seconda fascia, non il Real Madrid anche se la squadra allenata da Okan Buruk farà la Champions, dell'Arabia. Possono comprare tutto tranne l'ambiente, la cultura, la passione.

Nell'interessante Report Calcio 2025 della FIGC, 250 pagine che si leggono abbastanza agilmente (basta saltare le parti autocelebrative), troviamo giusto sottolineare il numero dei tesserati, che già l'anno scorso aveva superato i livelli pre-Covid. I calciatori tesserati FIGC sono all'ultima rilevazione (2023-24, come è possibile che non ci siano i dati 2024-25?) 1.136.906, di cui 889.120 di settore giovanile: si puà quindi dire che fra i ragazzi italiani maschi nella fascia 5-16 anni uno su quattro sia tesserato FIGC, anche se la reale pratica (basata su stime) del calcio è vicina al 50%. Pagato il dazio al politicamente corretto (nel report si sostiene in maniera spericolata che il calcio femminile in Italia interessi potenzialmente 37 milioni di persone) si apprende che le giocatrici tesserate, di qualsiasi età. sono 45.620: il doppio rispetto a una quindicina di anni fa, il decuplo rispetto agli anni di Carolina Morace. Insomma, non si può dire che al calcio italiano manchino la passione e la pratica di base, basta vedere le liste di attesa che ci sono per scuole calcio che costano, se va bene, 800 euro all'anno. Forse sono molto scarsi gli allenatori medi, con buona pace della narrazione corrente che vede maestri di calcio ovunque.  

Il ritiro dal calcio giocato di Cristian Totti, prima dei vent'anni e prima ancora di avere iniziato una carriera, ha fatto scatenare i leoni da tastiera, ovviamente quelli che detestano il più famoso padre, ma è anche un pretesto per riflettere sull’invasione di figli d’arte nel calcio italiano, sul modello di quanto da decenni avviene in Inghilterra, ma per motivi parzialmente diversi. Da Chiesa a Maldini, dai Thuram a Sottil, da Ngonge fino a Christian Comotto del quale in queste ore si sta parlando tantissimo. Se poi andiamo a guardare i settori giovanili più importanti assistiamo a un vero e proprio festival del cognome celebre… Una situazione che non è soltanto frutto di raccomandazioni, perché nel calcio valgono fino a un certo punto, diciamo la Primavera, ma anche del fatto che oggi tutti i percorsi calcistici avengono all’interno di strutture organizzate: Yamal, frettolosamente definito prodotto del mcalcio di strata, ha firmato il primo cartellino con il Barcellona all’età di 7 anni. E non veniva dalla strada, ma da una scuola calcio. Ci sta quindi che chi ha accesso fin da subito a un settore giovanile forte abbia poi più chance degli altri. Certo sono tante anche le pressioni: se non si ha la cilindrata per la Serie A meglio smettere, come ha fatto Totti junior.

I tifosi del Bologna dovrebbero esultare per le supercessioni di Beukema al Napoli e Ndoye al Nottingham Forest, con i bonus circa 80 milioni di incasso: questo suggerisce l’ideologia giornalistica oggi prevalente, secondo cui è bello che  i proprietari, americani o no, guadagnino perché una squadra di calcio in fondo è un’azienda come tutte le altre. Ma non è un’azienda come tutte le altre, visto che il cliente il prodotto lo compra a prescindere dalla sua qualità, e non si può vendere come investimento per il futuro (Quale? Immobile e Bernardeschi?) quelli che sono semplicemente buoni affari, con applausi a Sartori e Di Vaio. La vera marcia in più del Bologna degli ultimi anni, quelli con Sartori, sono stati i risultati, con la qualificazione Champions di Thiago Motta e la Coppa Italia (ma con nono posto in Serie A) di Italiano, ma non si può dire che cedere nel 2024 Calafiori e Zirkzee abbia rinforzato il Bologna, che nella sua fascia è sulla carta diventato inferiore al Como e alla Fiorentina, forse anche al Parma, oltre che ovviamente ai club con ambizioni più alte. In sostanza la rosa è da seconda metà della classifica e mai come in questa stagione si dovrà vedere la mano di un allenatore che da emergente cool sta diventando rapidamente un profeta della classe media, una specie di Mazzone 2.0. 

Da questa stagione le partite sospese o non iniziate si recupereranno il giorno dopo, così ha stabilito giustamente la Lega, per evitare i balletti e le dietrologie del recente passato. In pratica però cambierà pochissimo, perché le 72 ore di distanza con la partita precedente di una qualsiasi delle due squadre e quella seguente, insieme ai lunedì delle settimane per le nazionali, renderà spesso impossibile un recupero immediato. Questo al di là del bar sul maltempo e di una retorica del lutto a cui nessuno osa mai opporsi. L’unica strada sarebbe la A a 18 squadre, per guadagnare un mese, ma non abbiamo ancora sentito un allenatore o nessun calciatore dire ‘Sono disposto a rinunciare a un mese di ingaggio’, perché di questo si tratta. 
 

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