Giornale di critica e di politica sportiva fondato nel 1912
Leggi Guerin Sportivo
su tutti i tuoi dispositivi
La morte di Celeste Pin, a 64 anni, rende tristi non soltanto i tifosi della Fiorentina ma anche chi ha amato alla follia il calcio italiano degli anni Ottanta, quella bolla magica fra il Mondiale 1982 e l’attesa di Italia ’90, popolato da difensori fortissimi che si confrontavano con i più grandi attaccanti e centrocampisti offensivi del pianeta, con i commentatori che trattavano come bidoni Socrates, Rush, Renato, eccetera. Un’Italia irripetibile, anche se la Serie A di oggi al di là del disfattismo nostalgico rimane uno dei campionati nazionali più seguiti del pianeta.
In questo contesto il Pin che nel 1982 fu acquistato dalla Fiorentina degli allora ricchi Pontello era uno dei difensori italiani più promettenti, nel giro della clamorosa nazionale Under 21 di Vicini, dove il ragazzo veneto doveva battere una concorrenza fortissima: nel marzo 1982, nel ritorno dei quarti di finale dell’Europeo contro la Scozia di Andy Roxburgh, l’Italia giocò di fatto con una difesa a cinque, con Tassotti a destra, Nela a sinistra, Franco Baresi libero, Bergomi e appunto Pin marcatori. E quella squadra fu anche eliminata…
Pin arrivò dal Perugia che aveva mancato la promozione in A e trovò una Fiorentina che aveva appena sfiorato lo scudetto e che come colonna della difesa non era riuscita a confermare Vierchowod, di proprietà della Sampdoria che l’avrebbe prestato poi alla Roma. Insomma, Pin arrivò a Firenze con aspettative importanti e anche con la patente di anti-juventino, visto che un anno prima aveva testimoniato, insieme a Dal Fiume, che Bettega in uno Juventus-Perugia gli aveva chiesto di far segnare la Juventus, con un tono fra il supplichevole e il minaccioso. La stagione sarebbe finita con una minisqualifica di Bettega e la retrocessione del Perugia, già schiantato finanziariamente dell’operazione Paolo Rossi.
Il grande colpo di quel mercato 1982 della Fiorentina fu ovviamente Daniel Passarella, libero e capitano dell’Argentina, con il quale Pin si integrò benissimo nonostante avesse meno cattiveria (ma chiunque aveva meno cattiveria di lui) del più famoso compagno. Fu la base per creare la Fiorentina 1983-84, una delle più belle della storia moderna, capolavoro di De Sisti con la difesa a tre davanti a Giovanni Galli, cioè Passarella più Contratto e Pin, a centrocampo Oriali, Pecci, Antognoni e Iachini (Pasquale), in attacco Monelli centravanti supportato da Daniel Bertoni e Massaro. Squadra che arrivò terza, nonostante il secondo gravissimo incidente dalla carriera di Antognoni.
Pin avrebbe continuato a fare bene, ma non più sui livelli raggiunti con De Sisti, anche con altri allenatori (stimava tantissimo Eriksson, lo riteneva quasi un genio) e in una Fiorentina con ambizioni sempre più basse, nonostante l’esplosione di Baggio, con l’enorme delusione della finale di Coppa UEFA 1980-90 persa contro la Juventus di Zoff, con un gol di Casiraghi dopo una spinta a Pin che fu alla base di tante polemiche e di tanta rabbia, che a distanza di decenni in Pin era rimasta. L'arrivo dei Cecchi Gori e soprattutto quello in panchina di Lazaroni segnarono di fatto la fine della carriera viola di Pin, che avrebbe poi chiuso con un Verona minore e in C1 con il Siena.
Nonostante la stima di Vicini (Pin aveva fatto parte anche del ciclo Under 21 1982-1984, con gli altri difensori centrali che si chiamavano Ferri, Righetti, Bonetti, Renica, Filippo Galli, ancora Bergomi…), Pin non sarebbe mai stato convocato nella Nazionale vera. Forte ma nato in un momento storico in cui livello medio dei calciatori italiani era molto più alto di quello di oggi, vera differenza con il 2025 perché i risultati delle prime squadre vanno (situazione attuale) e vengono (Euro 2020) ma il confronto del numero complessivo di giocatori decenti è qualcosa di imbarazzante. Però Pin il suo tempo lo ha lo stesso vissuto bene.
stefano@indiscreto.net
Condividi
Link copiato