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Guardare con passione tutte le partite della Nazionale di Soncin non trasforma in esperti di calcio femminile, ma certo è che la semifinale raggiunta dall'Italia battendo 2-1 la Norvegia a Ginevra è un risultato storico. Non per le grandi emozioni della partita, risolta da una doppietta di Cristiana Girelli, con il gol della vittoria all'ultimo minuto da parte dell'attaccante della Juventus, e comunque ben giocata dalle azzurre, soprattutto nel primo tempo chiuso sullo 0-0, ma perché era dal 1997 che l'Italia non superava i quarti di finale di una qualsiasi competizione ufficiale.
Nell'occasione le azzurre guidate da Guenza bissarono l'argento di quattro anni prima perdendo la finale con Germania: l'era azzurra della Carolina Morace giocatrice si chiuse lì e per la Nazionale iniziò un lungo periodo di mediocrità, a volte con buone giocatrici ma spesso con allenatori secondo piano (anche Soncin onestamente lo è), quasi mai presi in considerazione per guidare una squadra maschile importante.
Questi risultati dell'Italia non hanno però impedito l'esplosione del calcio femminile nel nostro paese, con le tesserate che sono passate dalle circa 5.000 dei tempi della Morace alle 18.854 del 2008-2009, raddoppiate dieci anni dopo per arrivare alle 45.785 del 2023-24 e alle quasi 50.000 stimate oggi. Numeri importanti perché raramente le donne praticano il calcio al di fuori di circfuiti organizzati (discorso che ormai vale anche al maschile, senza per forza citare il mitologico 'calcio di strada') e spesso si trovano in contesti in cui non ci sono i numeri per formare una squadra.Discorsi che c'entrano comunque poco con un certa retorica sul professionismo e con confronti improponibili sotto il profilo finanziario.
Tutto questo per dire che anche senza una nazionale vincente le praticanti del calcio femminile in quasi 30 anni si sono decuplicate, per non dire dell'interesse mediatico, a volte dettato dal politicamente correttto ma comunque reale. Certo è che essere in prima serata in diretta sulla RAI significa intercettare un pubblico nuovo e una richiesta dal basso, con le bambine a sollecitare i genitori e non il contrario. Per il salto di qualità definitivo non manca la vittoria di un trofeo, difficilissima, ma la creazione di un immaginario che prescinda da quello maschile, anche se l'affiliazione più o meno stretta con le squadre maschili ha portato interesse e almeno qualche presenza nelle brevi.
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