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Era l’Italia Under 21 di Nunziata ma per atteggiamento e orgoglio l'Italia della MOL Arena di Dunajska Streda sarebbe potuta essere tranquillamente quella sognata da Gattuso e Buffon, che dalla tribuna hanno visto la sconfitta degli azzurri contro la Germania nel quarto di finale degli Europei Under 21. Una squadra in cui pochissimi giocatori godono di una considerazione internazionale almeno discreta (Gnonto che si è fatto espellere, Kayode che ha giocato solo i supplementari, Ruggeri, Casadei partito dalla panchina, l’infortunato e assente Comuzzo) ma che come valore complessivo è sembrata simile alla mitica Germania del modello tedesco. Con la classe media si può andare lontanissimo, gli stessi (peraltro inutili, anche se sbandierati da Gravina alla presentazione di Gattuso) risultati delle nazionali giovanili azzurre lo dimostrano, senza per forza citare sempre Euro 2020 per i grandi. Fra l’altro quasi tutti gli azzurri dell’Under 21 hanno già carriere decenti, nessuno li sottovaluta perché nessuno sembra nel mirino del Real Madrid. Di questo ciclo la nota più positiva è senza dubbio Koleosho, che è italiano per modo di dire: come cittadino grazie ai genitori della madre, che è canadese (il padre è nigeriano, mentre lui è americanissimo), come calciatore per una proposta della FIGC ma senza che l’Italia calcistica abbia avuto un minimo merito nella sua crescita (come invece è stato, per dire, con Jorginho). Comunque dopo un Europeo così il disfattismo può anche essere rimandato, cullandoci nella retorica: i Leoni della MOL Arena non entreranno nella storia come i Leoni di Highbury (ugualmente sconfitti, ma in 10), ma si sono guadagnati il rispetto di tutti. Più che di eroismo sportivo, come quello che in 9 contro 11 ha fatto arrivare l’Italia a un passo dai rigori, la Nazionale maggiore ha bisogno di ritrovare un minimo di fiducia. Ecco, il messaggio che arriva dalla Slovacchia è questo.
La brutta chiusura all’Arechi dello spareggio salvezza fra Sampdoria e Salernitana, con la partita di ritorno interrotta al 75’ per il lancio di qualsiasi cosa in campo, è figlia del caos dovuto all’esclusione del Brescia per la vicenda dei crediti di imposta taroccati. Questo non giustifica il lancio di seggiolini in campo ma senz’altro lo spiega, insieme a una gestione di questo finale di stagione che è sembrata fin troppo pilotata anche se la Sampdoria ci è arrivata con la testa giusta e la Salernitana invece svuotata, con tanti giocatori in partenza. Tanti? Tutti, visto che fra fine prestiti e contratti in scadenza i giocatori che saluteranno sono la bellezza di 22. In situazioni normali il fallo da rigore di De Paoli su Soriano avrebbe portato a interrogazioni parlamentari invece che a una retrocessione in C che è parente stretta dell’Inferno, ieri quasi non si sono visti i repplay (...). Al netto della dietrologia, ma in questa storiaccia è davvero difficile non farla, rimane assurda la strategia di Iervolino che in 3 anni ha preso una squadra in Serie A e l’ha portata a due salvezze ma anche a due retrocessioni, senza un progetto tecnico (10 allenatori) e nemmeno dirigenziale, con il vai e vieni di Sabatini in mezzo a De Sanctis, Petrachi e Valentini. Male prima di tutto lui.
Cosa cambia con la lunghezza massima dei contratti portata da 5 a 8 anni? Non è una domanda per cultori del fantomatico scudetto dei bilanci ma una domanda per capire quanto il provvedimento spinto da Abodi conterà per le strategie sportive delle squadre italiane. Risposta: pochissimo, perché un eventuale Yamal cresciuto nel vivaio di un club italiano e messo sotto contratto a cifre modeste per 8 anni potrebbe comunque dopo 3, per la normativa FIFA, andarsene con decisione unilaterale, con la società acquirente che dovrebbe pagare un indennizzo deciso dalla FIFA caso per caso, senza una formula fissa: ma è chiaro che minore è l’ingaggio di partenza e minore sarà l’indennizzo, un po' come accadeva per i parametri di una volta. In altre parole, gli 8 anni sembrano più un escamotage contabile per dare respiro ai bilanci dei club, con il gigantesco asterisco che per i parametri UEFA gli ammortamenti devono avere una durata massima di 5 anni. Conclusione: nella sostanza si parla del nulla, tranne che per una classe di giocatori medio-bassa e che potrebbe trovare interessante legarsi a lungo ad un club dove gli stipendi vengono pagati con regolarità.
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