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L’autobiografia di Luciano Spalletti, scritta con Giancarlo Dotto e appena uscita, merita di essere letta ma onestamente aggiunge poco alla conoscenza del commissario tecnico della Nazionale che visto il suo ruolo non può esagerare con la sincerità e i giudizi. Se su Totti è già stato detto tutto e Spalletti non infierisce, riservaldo una stilettata a Ilary Blasi e per il resto lasciando alla realtà il compito di ridicolizzare libri, film, fiction e omertà giornalistica, rimane un mistero la fine del suo rapporto con il Napoli subito dopo uno scudetto vinto dominando (e arrivando nei quarti di finale di Champions) e cioè il momento esatto in cui Spalletti decise di lasciare e il perché De Laurentiis rinunciò a far valere l'opzione unilaterale per il prolungamento di un anno, finendo poi nel girone dei Garcia, dei Mazzarri e dei Calzona. A questo capitolo di Il paradiso esiste... ma quanta fatica avrebbero potuto contribuire anche Gravina e Mancini, che mentre sta provando a salvare la Sampdoria per interposto Evani sta ancora maledicendo il suo colpo di sole estivo. Certo nessuna persona sana di mente può credere che Spalletti abbia scoperto il carattere di De Laurentiis nel maggio 2023. Autobiografia interessante ma prematura, insomma, anche perché Spalletti è ancora vivissimo e con un Mondiale da giocare. Forse.
Addio a Luis Galvan, iconico difensore centrale campione del mondo 1978, miglior giocatore della finale contro l'Olanda insieme a Mario Kempes, oltre che simbolo amatissimo di un’Argentina lontana dai soliti giri di Buenos Aires e Rosario. Come al solito nel mondo di Wikipedia e YouTube diamo per scontate le conoscenze di base e andiamo direttamente alla considerazione e cioè che Galvan era assolutamente un figlio della sua epoca: con gli arbitraggi e il VAR di oggi non avrebbe mai finito nemmeno il primo tempo, ma la stessa cosa si può dire di quasi qualunque difensore degli ani Settanta e Ottanta, a partire dal partner Passarella. In realtà Galvan puntava soprattutto sul senso della posizione e aveva piedi accettabili anche per un difensore del 2025, in ogni caso nel suo ruolo troppe cose sono cambiate. In questo senso nel grande bar della storia c’è una sola certezza: i migliori attaccanti di ieri, i Bettega e i Rep marcati da Galvan, nel calcio di oggi sarebbero tutti fenomeni.
Il calcio femminile sta vivendo in Italia un boom a livello di pratica, solo in parte sintetizzato dal numero di tesserate FIGC: circa 40.000, cioè 15.000 più di quanto fossero non nella preistoria, ma 10 anni fa. E al di là delle statistiche basta vedere quante bambine anche non tesserate giochino a calcio o genericamente a pallone conj i piedi, senza limitarsi a fare le tifose per le solite squadre maschili seguendo genitori e fratelli. Tutto questo purtroppo non porta automaticamente a un interesse per il calcio femminile come spettacolo, che quindi ha sempre lo sgradevole sapore di un’imposizione dall’alto e che vive della luce riflessa di quello maschile, un po’ come le seconde squadre che annaspano in Serie C e nessun tifoso delle 'originali' segue. Certo i nomi, dalla Juventus all’Inter alla Roma, sono un asset importante, ma continuano a mancare una narrazione e un immaginario che vadano al di là di operazioni di facciata come la prossima trasformazione della serie A femminile in Serie A Women, senza un vero perché visto che fino a prova contraria siamo in Italia. Come la pallavolo ha capito da tempo, la chiave del successo è essere un modello alternativo al maschile e non la sua versione più lenta.
stefano@indiscreto.net
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