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Roma vs Parma - Serie A TIM 2018/2019

Foto Luciano Rossi/AS Roma/ LaPresse
26/05/2019 Roma ( Italia)
Sport Calcio
AS Roma - Parma
Campionato di Calcio Serie A Tim 2018 2019
Stadio Olimpico di Roma
Nella foto:  Claudio Ranieri

Photo Luciano Rossi/ AS Roma/ LaPresse
26/05/2019 Roma (Italy)
Sport Soccer
AS Roma - Parma 
football Championship League A Tim 2018 2019 
Olimpic Stadium of Rome
In the pic: Claudio Ranieri© LAPRESSE

L'ultima Roma di Claudio Ranieri

Per sostituire Juric i Friedkin hanno scelto l'esperienza di un allenatore e di un uomo difficile da discutere, sotto ogni punto di vista. Se non basta nemmeno lui...

13 novembre

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Claudio Ranieri è il nuovo-vecchio allenatore della Roma, il terzo e forse ultimo di questa disgraziata stagione giallorossa. Con il senno del prima, senza aspettare quell’antipatico dettaglio che sono i risultati, si può dire che i Friedkin dopo l'incontro avvenuto a Londra abbiano fatto la scelta più logica mettendo insieme esperienza e romanità, status internazionale e capacità di comunicare, oltre alla cosa che in Ranieri è evidente anche a 73 anni compiuti da poco: il fuoco che ancora gli arde dentro. Quello di un allenatore che ha vinto abbastanza e ha ricevuto miliardi di complimenti, ma che sente mancargli qualcosa per la perfezione: una grande chiusura con la sua squadra del cuore e nella sua città, mettendo le fondamenta per uno scudetto che magari fra qualche anno festeggeranno altri. Certo non è lo scudetto il problema della Roma 2024-25 che Ranieri prende in carico, 4 punti sopra la Serie B dopo 12 giornate, ma il livello della rosa è tale che con nemmeno un terzo delle partite giocate una rimonta che porti ai confini dell’Europa League (per ora fantacalcio, la Juventus sesta è 11 punti sopra, ma domani chissà) è teoricamente possibile. Un obbligo sportivo e morale invece una chiusura di stagione dignitosa, al di là dei piani che i Friedkin hanno per la Roma adesso che hanno in pancia anche l'Everton: lasciare, raddoppiare, vivacchiare.

Non è offensivo ricordare che una delle caratteristiche principali di Ranieri sia quella di piacere ai media, e di essere anche amico di alcuni giornalisti. Di sicuro si lavora meglio con una persona educata, anche nei momenti difficili, che con chi ti vomita addosso insulti vedendo complotti dietro a un cinque e mezzo in pagella. Questo suo piacere ai media è importante ovunque, ma a Roma, e in questa Roma, è addirittura fondamentale. Ambiente che lui conosce perfettamente, avendoci giocato (soprattutto nella Primavera) e avendolo vissuto come allenatore ben due volte, sempre da subentrante. Nel settembre 2009 prese il posto del dimissionario Spalletti: era ancora la Roma dei Sensi, ma soprattutto di Totti e De Rossi giocatori, che Ranieri condusse a una straordinaria rimonta sull’Inter che avrebbe conquistato il Triplete, vanificata dalla sconfitta all’Olimpico con la Sampdoria che come amarezza giallorossa vale quanto il Roma-Lecce di Eriksson e Barbas. L’anno dopo sarebbe stato esonerato, dando il via alla carriera di quel Montella che fino all’ultimo è stato in corsa con lui, a questo giro, per la panchina della Roma e che non ha (giustamente) lasciato la nazionale turca per fare il traghettatore verso non si sa cosa. La sua terza vita romanista, la seconda da allenatore, è invece del 2019 ed è durata nemmeno tre mesi. La squadra che rilevò dall’esonerato Di Francesco (c’erano fra gli altri Cristante, El Shaarawy e Pellegrini, che ritroverà adesso) sfiorò la Champions e a fine stagione lui salutò Pallotta e soci e non certo per mancanza di risultati. I Friedkin sarebbero arrivati qualche mese dopo. 

Le tante ore di volo gonfiano le statistiche: questa è infatti la dodicesima volta in carriera che Ranieri entra in scena a stagione in corso: a volte gli ha detto bene (l’ultima con il Cagliari, per dire, con tanto di promozione in A e lezione di stile) e altre no perché le squadre costruite male giocano male con chiunque, ma sempre ha fatto il suo lanciando messaggi immediati a chi lo considerava morbido: l’iconica sostituzione di Totti e De Rossi nell’intervallo di un derby poi vinto vale come tante scelte con meno riscontri mediatici ma sempre cercando di tirare fuori il meglio da un gruppo senza fare progetti di lungo periodo. Anche perché nessuno sa realmente quali siano i progetti di quelli che da anni chiamiamo per comodità ‘I Friedkin’, come se fossero un reality show o un'entità unica, ma che in realtà sulla scelta dell’allenatore avevano idee diverse: il padre Dan, fino a prova contraria il Friedkin vero, quello che ha costruito tutto, è affascinato da algoritmi, headhunter e in generale dall’immagine internazionale delle sue scelte, mentre il figlio Ryan, in teoria il più addentro ai meccanismi dello showbusiness (la parte cinema del gruppo è gestita da lui), spingeva per la concretezza. Rimane da capire chi abbia scelto Juric, al di là della narrazione che ha trasformato l’ormai passata Lina Souloukou in direttore sportivo e il vero direttore sportivo. Ghisolfi, nell'emblema della precarietà. Certo Claudio Ranieri ha messo d’accordo tutti. 

stefano@indiscreto.net

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