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Il calcio del 2024 ha davvero bisogno di ex campioni come dirigenti, senza aver studiato, senza esperienza e senza un percorso di crescita? La Serie A attuale risponde di no...
La Roma può fare a meno di Francesco Totti? No, secondo lo stesso Totti, che in un’intervista concessa a Sky ha raccontato che i Friedkin non l’hanno mai chiamato e che in ogni caso lui tornerebbe soltanto con un incarico vero, non come personaggio di rappresentanza. L’ex stella giallorossa si è spinta oltre, sostenendo che gli ex campioni come lui, Del Piero e Maldini sono scomodi e che è per questo che i padroni della società li tengono lontani. Insomma, volendo sintetizzare si può ricorrere ad uno dei luoghi comuni più amati: nel calcio non ci sono più le bandiere. Ma è davvero cosi? E soprattutto: a cosa servono le bandiere una volta uscite dal campo?
Per quanto riguarda Totti la risposta è abbastanza chiara. Subito dopo il ritiro dal calcio giocato, nel 2017, Pallotta lo chiamò a fare il dirigente della Roma, con una carica molto vaga, affiancandolo a Monchi, ed un ingaggio invece più chiaro: contratto da 600.000 euro netti a stagione, una cifra notevolissima già per un dirigente di grande valore ed esperienza in Serie A, che diventava incredibile per uno che fino a un mese prima giocava. Certo era una mezza promessa fatta dai Sensi, che però non c'erano più da anni. Alla fine il ruolo di Totti, senza alcuna preparazione specifica, fu e rimase marginale, anche se il Capitano tentò di incidere in vari modi, ad esempio tentando di portare alla Roma Antonio Conte una volta esauritosi Di Francesco. Così dopo due anni salutò Pallotta, fra interviste al veleno (accusò alcuni dirigenti di gioire quando la Roma perdeva) e la speranza di tornare con una nuova proprietà.
Ma i Friedkin non l’hanno voluto vedere nemmeno dipinto e lui nel frattempo si è dedicato a mille attività, di cui poche nel calcio: di fatto soltanto un poco convinto tentativo di fare il procuratore. A dirla tutta il suo vero progetto sarebbe stato quello di diventare allenatore della Roma. Così, direttamente, quasi di diritto, come qualche tempo dopo la vendita della Roma ha spiegato lo stesso Pallotta. Totti iniziò a frequentare il corso per diventare allenatore UEFA B, cioè per poter allenare fino ai Dilettanti, oltre a tutte le squadre giovanili fino a quelle di Serie A, ma lo mollò quasi subito e così Pallotta riuscì a limitare le ambizioni del Capitano, forse supportate dalla competenza (ma il calcio dimostra che raramente chi sa guidare i giocatori da compagno e leader poi la sa fare anche da allenatore) ma certamente non dall’impegno e dallo studio. Qui non si sta parlando di Harvard, ma di normali nozioni calcistiche di base.
Stesso discorso per il passaggio a dirigente, come proprio il Maldini citato da Totti dimostra. Un Maldini che dopo 9 anni di inattività si era creato anche attraverso errori un’esperienza dirigenziale con il Milan, prima di crescere, fare bene ed essere messo alla porta di fatto per una intervista. Ma perché Elkann dovrebbe puntare su Del Piero, al di là di un ruolo appunto da bandiera come ad esempio Zanetti nell’Inter attuale? Il calcio di oggi chiede ai dirigenti competenze troppo diverse rispetto a quello degli anni Settanta e Ottanta, e non a caso per citare bandiere diventate dirigenti con responsabilità bisogna tornare a Boniperti, Mazzola e Rivera, con risultati evidentemente diversi.
Ma è inutile ripercorrere la storia del calcio italiano, meglio guardare al presente della Serie A. Pensando agli uomini forti della parte sportiva o comunque tecnica, senza sottilizzare sulle cariche, abbiamo Marotta all’Inter, Giuntoli alla Juventus, Zamagna all’Atalanta, Sartori al Bologna, Manna al Napoli, Ghisolfi alla Roma, Fabiani alla Lazio, Pradé alla Fiorentina, e non andiamo oltre. Non ci sembra di notare in questo elenco la presenza di Palloni d’Oro, anzi in certi casi si tratta di persone che a malapena hanno giocato a pallone con gli amici. Unica eccezione attuale a un certo livello è Ibrahimovic, che per il momento si è distinto in negativo: in ogni caso, pur fuoriclasse in campo, è difficile considerarlo una bandiera del Milan come Maldini. Il discorso più antipatico di tutti è però un altro, e cioè che al tifoso medio non importa se a fare il dirigente è un ex campione o anche soltanto un tifoso della propria squadra. Sono più fissazioni giornalistiche, perché il grande personaggio attizza di più dello sconosciuto, fissazioni che scompaiono di fronte ai risultati.
stefano@indiscreto.net
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