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Il Manchester City ha conquistato la sesta Premier League con l'allenatore catalano: un grande ciclo che consolida la sua fama e che per la credibilità del calcio inglese sta diventando un problema...
Il Manchester City ha vinto il suo decimo massimo campionato inglese, l’ottavo dell’era Premier League, il sesto dell’era Pep Guardiola ma soprattutto, qui volevamo arrivare, il sesto degli ultimi sette oltre che il quarto consecutivo. A questo giro la certezza è arrivata all’ultima giornata, con la vittoria sul West Ham e l’Arsenal rimasto quindi 2 punti dietro ma con poco da rimproverarsi, visto che l’unica sconfitta in campionato del 2024 è arrivata contro l’ottimo Aston Villa di stagione, e che ha disputato una Champions di alto livello, chiusa ai quarti con il Bayern Monaco. Un finale di Premier League tirato come quello di due e cinque anni fa, quando il City all’ultima giornata in entrambi i casi mantenne il punto di vantaggio sul Liverpool di Klopp, suo vero rivale in questo ciclo ma capace di vincere il titolo soltanto nell’anno del Covid.
E quindi? Miliardi di discorsi e di articoli sulla Premier League come NBA del calcio, ma i risultati non sono molto diversi dalla Bundesliga, dove il Bayer Leverkusen ha interrotto a 11 la striscia di vittoria consecutive del Bayern Monaco, dalla Ligue 1 dove il PSG ha vinto 10 degli ultimi 12 titoli, dalla Serie A del decennio scorso con i 9 scudetti consecutivi della Juventus di Andrea Agnelli, con soltanto diversi problemi societari a rimescolarte le carte. Fra i mille dati che possono spiegare il fenomeno City prendiamo quello degli acquisti sul mercato nelle ultime 7 stagioni: il City ha speso 1,3 miliardi: tanti soldi ma il Chelsea ne ha spesi quasi 2, mentre Manchester United e Arsenal sono staccati di pochi milioni, con il Tottenham a 929 ed il Liverpool a 854. Non è distante la classe media dei West Ham e dei Newcastle, quindi in teoria al di là degli errori (con Chelsea e Manchester Unite siamo ai confini dello sperpero) la Premier League un certo ricambio dovrebbe averlo.
Interessante è notare con il City sia soltanto quarto nel saldo acquisti-cessioni di questi 7 anni, dominato dal Chelsea con un passivo di quasi un mliardo di euro e dal Manchester United con 900 milioni, con l’Arsenal in zona 700 e il City a meno 627. In altre parole, i giocatori dati in mano a Guardiola hanno perso valore meno rispetto a quelli della concorrenza. Non è abbastanza perché Guardiola possa giocarsi la carta dell’outsider, come a volte fa in mezzo ai complimenti all'allenatore avversario, visto che il monte ingaggi del City è il secondo della Premier League, con 200 milioni di sterline, dietro ai 205 dello United ma davanti ai 166 dell’Arsenal, ai 155 del Chelsea, ai 134 del Liverpool e ai 117 del Tottenham. Il Brighton da cui si è appena separato Roberto De Zerbi viaggia sui 62 milioni, per fare un confronto.
Conclusione: gli Haaland e i Rodri glieli hanno presi gli arabi, altri come Foden (MVP del campionato) se li è trovati in casa, ma Guardiola non si è soltanto limitato a vincere e soprattutto non è rimasto uguale a se stesso: dal possesso palla del Barcellona all'enfasi sulla riconquista del pallone del City, in mezzo a trovate (dallo spazio-centravanti del Barcellona ai quattro centrali difensivi del City, passando per i terzini accentrati del Bayern) e citazioni (la salida lavolpiana) per conquistare i giornalisti, Guardiola è stato anche un abile costruttore del proprio mito. E non si è fatto scavalcare nemmeno dai nuovi profeti del calcio relazionale, visto che il suo Barcellona era anche questo.
stefano@indiscreto.net
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