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Il terzo miracolo di Sartori, i rinforzi per Allegri, una Lazio da 1974 e il clima del Maradona
Con l’ufficialità della sua partecipazione alla Champions League, sessant’anni dopo lo scudetto di Bernardini, il Bologna ha di fatto chiuso la sua pazzesca stagione e si prepara alla festa di lunedì prossimo, quando al Dall’Ara arriverà la Juventus. Nessun dubbio che la squadra di Thiago Motta sia l’italiana che in questa stagione ha fatto meglio in proporzione alle aspettative ed ai costi della rosa. I cui ingaggi sono in aggregato uguali a quelli della Salernitana ed inferiori a quelli del Sassuolo, comunque simili a quelli di tutte le squadre in zona retrocessione. Ed anche raddoppiando sarebbero a livello Atalanta, quasi Bayer Leverkusen, insomma i modelli per il Bologna sostenibili, posto che ai tifosi importi qualcosa (ovviamente no) degli utili di Saputo. Per Giovanni Sartori un’altra impresa, dopo le tante messe a segno con Chievo e Atalanta. In mezzo ad una ingiustizia di fondo, perché nel sistema attuale chi lavora bene deve sempre ripartire da zero, o comunque senza i pezzi migliori, a partire da Zirkzee e forse Thiago Motta. Nel paese di “La squadra X ha nel DNA quello di lottare per scudetto e Champions”, visto che al 70% il pubblico è quello, tutti vogliono copiare gli americani, tranne che nelle cose serie.
Champions sicura anche per la Juventus, con tutt’altro stato d’animo. Perché sul piano dei numeri per trovare una Juventus peggiore, con meno di 67 punti, a due giornate dalla fine del campionato bisogna risalire alla stagione 2010-11, quella di Delneri. Il dibattito su Allegri, con ancora la finale di Coppa Italia da giocare, sta nascondendo l’incredibile sopravvalutazione della rosa, che la prima stagione dell'era Giuntoli non ha certo rinforzato: cosa dire del rendimento di Weah, delle condizioni fisiche di Djalo, del mistero Alcaraz, che peraltro tornerà al mittente? Ricordando che anche la prima stagione juventina di Marotta fu tragica, non si può linciare un Allegri che a dispetto della contabilità recente (15 punti nelle ultime 15 partite, roba da retrocessione) è stato l'unico a contendere lo scudetto all'Inter.
I cinquant’anni dello storico scudetto della Lazio di Maestrelli e Chinaglia sono stati giustamente ricordati da tutti, a partire dalla Lazio attuale. Che come potenzialità finanziarie rispetto alla concorrenza è, nel suo tempo e cioè nel calcio globalizzato di oggi, del tutto paragonabile a quella autarchica di Lenzini: una realtà che ha bisogno di buone idee e di uomini giusti per ambire al vertice. Lo scudetto di Cragnotti, invece, viaggiava su altri binari visto che per qualche anno la Lazio spese soldi da Real Madrid. Ed infatti Lotito, pur non avendo nelle sue corde le parole giuste per esaltare i tifosi, ha sempre citato più la Lazio 1974 di quella 2000. E dopo il sottovalutatissimo secondo posto di Sarri potrebbe anche arrivare in extremis un’altra partecipazione alla Champions, incastri atalantini permettendo (cioè se i posti rimarranno sei, cosa che non sarà se la squadra di Gasperini entrerà nelle prime quattro).
Difficile ricordare una squadra che abbia fatto peggio del Napoli attuale la stagione dopo aver vinto lo scudetto. Nella storia moderna bisogna risalire al Milan di Tabarez e del ritorno di Sacchi, 1996-97, che arrivò undicesimo, e andando più indietro al Verona di Bagnoli che però aveva la giustificazione di aver perso alcuni giocatori decisivi, da Garella a Fanna a Marangon. Ma il caso del Napoli ha la particolarità di essere dipeso unicamente dai dirigenti, con tutto il rispetto per Kim che non è che al Bayern abbia spiegato calcio, anzi. Via Spalletti che aveva annusato, anche se lui continua a negare, l’aria di Coverciano, via Giuntoli promessosi alla Juventus, De Laurentiis trasformatosi a 74 anni da abile politico-manager e motivatore in apprendista direttore sportivo. Poi ci sta che giocatori di medio livello, i Lobotka e gli Anguissa della situazione, dopo la stagione della vita si siedano un po’, ma il clima del Maradona durante la partita con il Bologna (peraltro nemmeno la peggiore della stagione) vale più di mille analisi. Il problema adesso non è il valore di Manna, e nemmeno il passo indietro del presidente, ma avere la rosa piena di giocatori non venduti al momento giusto, mezze figure per che nemmeno con Guardiola diventerebbero intere.
stefano@indiscreto.net
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