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L'ultima coppa di Allegri© LAPRESSE

L'ultima coppa di Allegri

La Juventus di fine stagione, il Mondiale di Apple, i danni con e senza scommesse, la Milano di Monza e Alcione

Stefano Olivari

24.04.2024 ( Aggiornata il 24.04.2024 17:17 )

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Il 15 maggio Massimiliano Allegri forse alzerà la Coppa Italia, ma di sicuro saluterà la Juventus dopo 8 anni divisi in due epoche strutturalmente diverse: la società blindata degli anni Dieci, nel periodo peggiore della storia recente di Inter e Milan ma anche con una eccellente dimensione europea raggiunta proprio con Allegri (due finali di Champions e tante prestazioni memorabili), e quella attuale che ha bisogno di un allenatore con l’immagine ‘da progetto’ per giustificare un ridimensionamento di acquisti e ingaggi. Thiago Motta questa immagine ce l’ha, Conte (il secondo candidato, a molta distanza dal primo) l’ha mantenuta, ma Allegri no, non l’aveva nemmeno quando era più giovane. I cicli finiscono, di sicuro risolto il contratto Allegri farà bene altrove, osservando i suoi cavalli senza l’ansia di infilarsi in una situazione disperata. Ma è vile questo scaricamento mediatico, a poche settimane da quando lo stesso Allegri veniva descritto come (improbabile) valorizzatore di giovani. La stessa faticosa, ma non immeritata, qualificazione contro una bella Lazio in altri tempi sarebbe stata la vittoria del carattere, del crederci fino alla fine. La colpa 2023/24 di Allegri è quella di avere non avere gestito bene il clamoroso calo di tensione da febbraio in avanti, di una squadra che fino al gol di Baldanzi era a due punti dall’Inter. E così tanti giocatori, da Locatelli a Kostic, da McKennie al Chiesa attuale, in una squadra che non corre più hanno mostrato i loro limiti. Giusto chiudere qui.

La Juventus di Thiago Motta, o di chi sarà, giocherà fra un anno il primo vero Mondiale per Club, nel senso del primo Mondiale con l’ambizione di avvicinarsi per importanza a quello per nazionali. Ci sarà gloria ma forse non ci saranno tanti soldi da spartire, stando alle cifre rivelate dal New York Times, base della trattativa fra la FIFA e Apple Tv+, che vuole entrare pesantemente nel calcio. 1,2 miliardi di dollari che tolta la quota da redistribuire e divisi per 32 fanno non più di 20 milioni a testa. Per Juventus, Inter e molte delle altre 30 partecipanti il costo di un acquisto sbagliato, e nemmeno di primo piano. Interessante in ogni caso questo scenario di Apple, anche perché il Mondiale per club allo stato attuale non è inserito fra le manifestazioni da trasmettere obbligatoriamente in chiaro in Italia. Per Il Mondiale vero, ad esempio, c’è l’obbligo di trasmissione in chiaro soltanto per la finale e per le partite dell’Italia. Il Mondiale per club non è ancora nell’immaginario collettivo e legislativo.

Quanto è costato alla Serie A il divieto di pubblicità, anche indiretta, alle scommesse, in vigore dal 2018? Più di 100 milioni di euro l’anno, sostiene la Lega di Casini nella memoria presentata in Senato. Questo in un mondo in cui gran parte degli addetti ai lavori scommette, anche se soltanto qualcuno è doppiamente stupido: a scommettere sul calcio quando è espressamente vietato e a farlo con il proprio nome. Di certo i bookmaker, paradossalmente anche quelli clandestini, sono quelli che più di tutti hanno interesse nel vedere un campionato regolare, non per onestà ma per non essere sbancati.

A che punto è la cessione del Monza? Eravamo rimasti all’interesse di Orienta Capital Partners e soprattutto alla volontà degli eredi di Silvio Berlusconi di vendere, senza svenderlo, un club di cui gli importa zero ma che ha rappresentato l’ultima sfida calcistica del Cavaliere. E che in 6 anni è costato alla Fininvest, fra aumenti di capitale e altri finanziamenti, circa 200 milioni di euro, con l’equilibrio dei conti strutturalmente lontanissimo. Sarebbe la situazione ideale per l’americano, l’arabo o comunque lo straniero (Orienta è di proprietà italiana) della situazione, ai cui occhi il Monza può sembrare la terza squadra di Milano con tutto quel che ne consegue commercialmente. E poi basta lasciar fare a Galliani. Intanto la terza squadra di Milano nel calcio professionistico adesso c’è sul serio, visto che l’Alcione, neopromosso in Serie C, è purissima periferia Ovest di San Siro: fra l’altro gioca al campo Kennedy, vicino allo stadio di Inter e Milan, anche se c’è l’idea di portarlo all’Arena che è più in centro. Stiamo comunque parlando di Serie C, anche se l’Alcione ha una storia importante, soprattutto a livello giovanile: ci sono cresciuti Beppe Dossena e Andrea Caracciolo, fino ad arrivare a Nicolò Rovella. Serie C, ribadiamo, ma per l'Alcione grande traguardo. In generale è curioso come quasi mai nella storia della Serie A, ormai arrivata a 95 anni, una città abbia avuto tre squadre: è accaduto solo una volta a Genova con la Sampierdarenese e l’Andrea Doria che poi avrebbero dato vita alla Sampdoria, oltre che con il Genoa. Londra è lontana ed in questo senso è meglio così.

stefano@indiscreto.net

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