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Euro Retegui

Euro Retegui

Spalletti dopo il Venezuela, la fine di Zhang, il vento contro Acerbi, il Mondiale di Maldini e il messaggio di Totti

Stefano Olivari

22.03.2024 ( Aggiornata il 22.03.2024 16:05 )

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Incommentabile Italia-Venezuela, anche se in tanti ovviamente l’abbiamo guardata. Inutile anche come sperimentazione, visto che già a partita in corso Spalletti si è pentito della difesa a tre, stroncata anche da errori individuali nella costruzione dal basso. Però qualche indicazione c’è stata visto che Retegui è stato apprezzato dal c.t. non soltanto per i gol ma anche per il lavoro sporco. Come prima punta in Germania il favorito è diventato lui, ottima intuizione di Mancini al di là di come la si pensi sugli oriundi, davanti a Raspadori e al declinante Immobile, per non dire di giocatori in costruzione come Scamacca e da costruire come Lucca. Senza dimenticare Kean che paradossalmente sa fare troppe cose, ma come carattere non esalta Spalletti, saranno in ogni caso convocazioni discutibili. Comunque Retegui, che visto lo stop per infortunio non si è troppo spremuto, in Germania potrebbe davvero avere un mese schillaciano: è una speranza da bar, ma con un suo fondamento. Poi a centrocampo uno Jorginho in grado almeno di stare in piedi sarà imprescindibile, è evidente. E nel 4-3-3 a cui si tornerà la difesa sembra morbida anche se Bastoni era in panchina ed il clima di provvisorietà non ha aiutato Buongiorno e Scalvini. Trasferta inutile, se non per le casse della FIGC.

Che fine ha fatto Steven Zhang? Certo il prestito di Oaktree da rimborsare il 20 maggio si può gestire in smart working dalla Cina, avendo (o non avendo) i soldi o al limite la credibilità per spostare la scadenza di due o tre anni in attesa di un bilancio in attivo, che non ci sarà nemmeno quest’anno, o più concretamente di un’entrata straordinaria come sarebbe stato il bonus di ingresso in Superlega o sarebbero alcune operazioni allo studio (come lo sconto di diritti futuri, sul modello del Barcellona). Dell’assenza di Zhang junior colpisce il fatto che venga fatto passare per normale, al punto di ritenere offensive le semplici domande, che un proprietario di club non abbia contatti diretti con la sua squadra da quasi un anno, e che non esca o non possa uscire dalla Cina nemmeno per affari pesantissimi: fra l’altro per altri suoi debiti, non legati all’Inter, non sarebbe al sicuro (e non lo sarebbero i beni a lui riconducibili, quindi anche l’Inter) nemmeno in Italia. Certo Thuram o Barella non hanno bisogno di essere motivati da Zhang, anzi l’annata straordinaria dell’Inter dimostrerebbe il contrario. Ma quello che c’è sopra di loro è avvolto dal mistero.

Il caso Acerbi-Juan Jesus è destinato a fare giurisprudenza, perché la settimana prossima il giudice sportivo deciderà la squalifica dell’interista in base alla relazione del procuratore federale Chiné che di fatto, stando a quanto filtrato da entrambe le parti (asterisco: la verità non è la media fra due bugie), mette la parola del difensore dell’Inter contro la parola di quello del Napoli. Compito difficile, quello del giudice, perché se uno dei mille microfoni avesse intercettato le frasi razziste di Acerbi, o ci fossero stati testimoni diretti (possibile che nessuno dell’Inter o del Napoli abbia sentito le frasi di Acerbi, ‘buone’ o cattive che fossero?), non ci sarebbe stata discussione: dieci giornate di squalifica, ad essere clementi. Così si entra in una specie di terra di nessuno, con le critiche di noi giuristi di Google già pronte: una squalifica ‘intermedia’ sarebbe senza senso, bisogna credere alla versione dell’uno o dell’altro. La logica (visto che a caldo Acerbi si era scusato con Juan Jesus), il vento mediatico e la freddezza, per non dire il gelo, dell’Inter dopo averlo ascoltato sono contro Acerbi.

Daniel Maldini si è ritagliato un ruolo in Serie A e non era facile, vista la pressione del cognome: il Monza è di sicuro la realtà giusta per emergere, per un giovane italiano. Ecco, italiano. Perché la sola ipotesi circolante, per il momento siamo a questo stadio e non oltre, che Maldini possa giocare per il Venezuela in futuro ha in ogni caso cittadinanza, visto che sua madre Adriana Fossa, cioè la moglie di Paolo, è venezuelana. Lui ha solo qualche presenza con le nazionali giovanili, dove gli hanno dato un po’ di spazio Bollini e Franceschini, quindi può decidere liberamente. Ma non lo farà prima di aver capito dove può arrivare in azzurro, con tutto il rispetto per il Venezuela che comunque per come sono strutturate le qualificazioni (addirittura nel gruppo sudamericano è davanti al Brasile) ha più o meno le stesse probabilità dell’Italia di andare al Mondiale. 

A proposito di Maldini, però Paolo, bisogna dire che Totti è entrato in modalità Maldini. Cioè quella del grande ex tenuto fuori dai giochi dalla proprietà e che fa di tutto per smarcarsene ulteriormente in attesa dell’arrivo di nuovi padroni: in pratica i 9 anni di Maldini prima dell'arrivo di Elliott al Milan. Solo così si spiegano le considerazioni su Dybala e su altro, davvero poco in linea con il carattere di Totti che è uno portato a farsi gli affari suoi, senza esporsi nemmeno per cause in cui crede e quindi figuriamoci per (contro) Dybala. La differenza fra Tutti e altri grandi ex è evidente: Milan, Inter e Juventus di grandi ex ne hanno diversi, la Roma come Totti non ha nessuno. Ma per gestire un club oltre pseudo-ruoli da ambasciatore questo può bastare? Ingombrante lui per la Roma, anche da giocatore di padel, ma ingombrante anche la Roma nella sua vita. Non è che Totti possa andare a lavorare, a prescindere dal ruolo, all'Atletico Madrid o all'Arsenal.

stefano@indiscreto.net

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