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Gianpaolo Calvarese: l’obiettivo del VAR deve essere prendere decisioni uguali in casi simili.© Getty Images

Gianpaolo Calvarese: l’obiettivo del VAR deve essere prendere decisioni uguali in casi simili.

Gol Line Technology e Fuorigioco Semiautomatico hanno dato sicurezza al calcio. Il problema nasce perchè dietro alla macchina c’è un uomo. L’arbitro è dotato di soggettività.

Annibale Gagliani

28.11.2023 14:10

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Nelle ultime settimane si è avuta la sensazione che il VAR a volte possa uccidere la poesia del calcio. Certo, non può debellare l’emozione di un tifoso, capace di entrare in circolo autonomamente fino a travolgere la più ingessata razionalità. Ormai l’appassionato se ne guarda bene dall’esultare subito dopo un gol: attende che il gioco riprenda a centrocampo, per agguantare la sicurezza della storia. Un coito interrotto, scatenato pochi minuti dopo. Tra qualche anno capiremo se il godimento perderà la sua essenza peculiare, oppure se il ritardo possa essere un semplice compromesso assorbibile – in questo sport ultramoderno e colonizzato dai fiumi di petroldollari alla fine è una sottigliezza, ci si è già spinti molto oltre. A Roberto Piccoli, autore dell’eurogol annullato da Abisso che poteva valere l’epica rimonta per 3-2 dei salentini sul Milan, e a quelli che come lui verranno privati di un gesto tecnico così poderoso è bene ricordare, come carezza di consolazione, un nome, un cognome, un soprannome: Michel Platini, le roi. 8 dicembre 1985, Tokyo, finale di Coppa Intercontinentale tra la Juventus dell’Avvocato e del Trap e l’Argentinos Juniors. Il dieci transalpino mette a segno uno dei gol più belli di sempre, decisivo per il risultato: da fuori aria sombrero di destro alla feroce linea difensiva argentina e sublime sinistro al volo che sfonda le teche della bellezza sportiva. Dopo qualche secondo di esitazione, l’arbitro tedesco Volker Roth si rivolge al guardalinee, dicendogli incomprensibili nefandezze in tedesco: annulla la rete per un fuorigioco di posizione inesistente. L’ingiustizia del secolo, pensa nel suo cuore guascone Platini. Il fuoriclasse protesta pacificamente: si distende sul manto verde con la testa appoggiata sul gomito, stile balneare, osservando il fischietto e la bandierina, che hanno capito sotto i baffi di averla fatta grossa: la più elegante e significativa reazione dopo un furto arbitrale. A fine gara, con la Coppa comunque tra le braccia, il dieci elegge quel colpo da maestro il gol più bello della sua carriera. Una diapositiva dal passato che può essere il consiglio creativo per il futuro: quando il VAR la combinerà grossa, cari calciatori, annullandovi una prodezza balistica, siate come Michel. È l’unico modo per averla vinta.  

Intervista all’ex arbitro Gianpaolo Calvarese

La tecnologia ha donato la spietata oggettività sul fuorigioco e il gol no-gol, ma sui falli denota un problema di soggettività. Ad esempio: Abisso si prende la responsabilità di annullare il gol di Piccoli in Lecce-Milan; Marinelli - nonostante il Var chiedesse di cambiare il provvedimento con un giallo - conferma il rosso a Baschirotto in Monza-Lecce; Di Bello non riesce a valutare il rigore di Juve-Bologna per i felsinei sul contatto da ultimo uomo Iling-Ndoye. Come valuta questi episodi e qual è stato secondo lei cortocircuito?

Più che cortocircuito la risposta è nella domanda. Dividiamo tutto quello che è tecnologia dal resto. Sulla tecnologia dici bene, oramai Gol Line Technology e Fuorigioco Semiautomatico hanno restituito al calcio una certezza quasi granitica, seppur a volte per un centimetro – prendiamo il caso Kean contro il Verona, ma dura lex sed lex come dicevano i latini. Di certo un algoritmo quasi perfetto stabilisce il gol-no gol e il fuorigioco e qui sono state eliminate le polemiche. Per le situazioni che mi hai citato, i contatti di Piccoli e Baschirotto e il mancato rigore al Bologna, il problema è molto semplice: dietro alla macchina c’è un uomo. L’arbitro è dotato di soggettività. Il regolamento dice proprio questo che sui contatti c’è il giudizio del direttore di gara e un margine soggettivo. L’obiettivo del VAR deve essere uniformare i contatti, provando a prendere decisioni uguali in casi simili. Ma fino a quando ci sarà un uomo a decidere, ci sarà una discrepanza.  

Un’altra criticità è talvolta la mancanza di immagini adeguate su alcuni episodi, come il tocco di mano sul gol di Pulisic in Genoa-Milan o addirittura il gol annullato a Milik in Juve-Salernitana dello scorso campionato con Candreva che teneva in gioco tutti fuori dallo schermo. Come si può ovviare a queste difficoltà tecniche?

In Juve-Salernitana non avevano le immagini adeguate da quello che ci è stato detto, mentre su Pulisic non avevano immagini abbastanza chiare. Lì bastava capire un po’ le dinamiche del calcio senza scomodare le leggi della fisica e da una super slow motion camera si vedeva come il pallone cadesse a terra morto e fosse fallo. Ma detto questo, il VAR è stato inventato non per prendere sempre la decisione più giusta, non per fare moviola, ma per eliminare gli errori evidenti. Se ogni tanto un’immagine non restituisce a pieno quello che accade, è giusto che comandi il campo e l’occhio dell’arbitro in presa diretta, perché sul terreno di gioco vi sono sensazioni diverse rispetto al monitor. In campo abbiamo rumori, le tre dimensioni, mentre al VAR è tutto asettico e bidimensionale. 

Crede che il VAR abbia migliorato il gioco del calcio e abbia reso davvero più semplice il compito agli arbitri?

Non ho dubbi: il VAR restituisce credibilità al calcio. È vero che ha reso il compito degli arbitri più facile, ma serve soprattutto per cercare di uniformare le decisioni. Un altro obiettivo è rendere comprensibile il regolamento a tutti e questo sta avvenendo con l’apertura all’ascolto dei dialoghi tra arbitro e sala VAR.

Quando arbitrava quale chiamata al monitor si ricorda con più palpitazione?

Più che una chiamata al VAR, ti cito un episodio di una decina di anni fa, senza tecnologia. In un Fiorentina-Napoli al cardiopalma con un rigore fischiato, un’espulsione, il risultato sempre in bilico e una direzione di gara perfetta. Allo scadere ho invertito un calcio di rigore per i viola, causando un secondo giallo per simulazione a Cuadrado. Lì ho buttato alle ortiche una partita fatta bene, avessi avuto il VAR di certo avrei salvato una prestazione eccellente. Quando Roberto Rosetti è venuto a Coverciano e ci ha detto che avrebbero introdotto il VAR, il mio pensiero è andato a quell’episodio, secco. Prima dell’arrivo della tecnologia poteva accaderti questo: fare una grande partita ma poi compromettere per un solo errore, magari all’ultimo, una stagione, se non addirittura una carriera.

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